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QS Edizioni - domenica 28 aprile 2024

Lettere al Direttore

I pregi, volutamente dimenticati, della libera professione

di Giuseppe Imbalzano
15 aprile - Gentile direttore,
negli anni 90, in attesa dei DRG, molti convegni erano dedicati al rapporto pubblico privato in sanità ed in uno di questi le strutture private convenzionate manifestavano forte preoccupazione se il pubblico si fosse affacciato in modo organico ai servizi "in intramoenia, anche di gruppo" nella sanità in generale perché sarebbe stato assolutamente competitivo e prevalente rispetto al privato.

Molto tempo è passato e molte scelte sono andate in senso assolutamente contrario a questa indicazione di buonsenso (maggiore utilizzo degli impianti tecnologici e strutturali, presenza di personale medico e infermieristico altamente qualificato in più per molte ore al giorno in ambito ospedaliero, continuità delle cure e fidelizzazione per i pazienti, forte radicamento aziendale dei lavoratori che, in condizioni adeguate e molto soddisfacenti del lavoro, non cercherebbero soluzioni di carriera o di maggiori soddisfazioni altrove, etc.).

Non crediamo che una lettura tanto significativa quanto qualificante sia stato il leitmotiv di questi anni su questa utile, importante e significativa attività che potrebbe diventare “normalità” nella organizzazione sanitaria.

Con le risorse aggiuntive che verrebbero garantite al SSN potrebbero essere acquisite tecnologie e risorse umane per la gestione ordinaria delle attività sanitarie, creando un circolo virtuoso per il sistema pubblico.

Basterebbero piccole e importanti modifiche normative per creare una organizzazione interna al SSN e non avulsa dal sistema.

Ma altri elementi giocano nell’incremento dei tempi di attesa per le visite specialistiche, che hanno trasferito le prestazioni dal pubblico al privato, come lo sciagurato blocco delle assunzioni e la fortunata e necessaria condizione di invecchiamento della popolazione in generale, la maggiore attenzione ai bisogni dei singoli e, non ultimo, il sistema di retribuzione “a prestazione” che ha indotto qualche eccesso al mondo della prescrizione.

Una programmazione adeguata e congruente del sistema sanitario pubblico avrebbe condotto a scelte meno casuali e prive di logica come la riduzione degli organici delle singole UU.OO. ma avrebbe razionalizzato la rete delle strutture e dei servizi, mantenendo alto il livello di produttività delle singole unità organizzative.

La riduzione del 10% dell’organico non comporta una riduzione del 10% della produttività poiché le attività d’obbligo (guardie e servizi) precedono quelle che possono determinare una produttività aggiuntiva come interventi chirurgici e prestazioni specialistiche, oltre a non consentire un ambiente vivibile e sereno nei diversi reparti. Soffocare lentamente il sistema significa renderlo ingestibile e fonte di gravi perversioni organizzative e relazionali. E i costi sono incrementati per la sempre minore efficienza generale che ne deriva e l’improduttivo utilizzo delle strutture pubbliche.

Qualche numero, che ci sta sempre bene, di confronto tra il 1997 e il 2013 in Lombardia, considerato che comunque il SSR ha ridotto gli organici del personale medico pubblico in modo significativo (con una riduzione del 40% di letti nel pubblico a fronte di un incremento del 15% nel privato).
I dati sono della Regione Lombardia e riaggregati secondo le indicazioni 1997 e 2013 le prime due colonne, la differenza assoluta per la terza e la percentuale per la quarta colonna.
 
 

 
 
La differenza quantitativa è del tutto evidente e lo shift verso le strutture accreditate significativo. Non sono inserite le attività strettamente private che, da semplici valutazioni soggettive, sono anch’esse incrementate significativamente, in particolare nelle strutture accreditate che offrono questo servizio.
Il pagamento a prestazione genera un incremento delle prestazioni, e quindi dei costi, senza certezza (e limite definito) di spesa (e di risultato).

Ed è anche fonte di induzione di domanda, propria od impropria, comunque collegata all’età dei pazienti, alla cronicità e, forse, a qualche cattiva abitudine non valorizzata nel modello di analisi della appropriatezza e della qualità dei servizi. Oltre a determinare una carenza di programmazione, di prevenzione, di organizzazione e di valutazione di efficacia economica e del costo di convenienza nel rapporto tra prestazione e bisogni effettivi del Cittadino che deriva da una lettura distorta delle funzioni di un sistema sanitario moderno, non solo produttore di prestazioni, ma che deve diventare promotore di benessere.

Le prestazioni per singolo Cittadino sono diventate circa 15 per anno nel 2013 dalle poco più di 8 del 1997. L’incremento appare significativo seppure derivato da un trasferimento di prestazioni dal settore del ricovero (con numeri comunque limitati ma ad alto valore per singola selezione) a quello ambulatoriale (che ha incrementato la compartecipazione alla spesa dei Cittadini) mentre una frazione importante si è sviluppata indipendentemente da questa scelta.

La selezione di attività, interventi, modelli, criticità, non possono essere “intuite” secondo schemi ideologici e poco funzionali a risolvere i problemi ma vanno valutati e resi razionali ed utili per la soluzione dei problemi reali dei Cittadini.

Intristisce trovare colpevoli guardando eventuali pagliuzze.

Nel 1994 organizzai un Convegno sui modelli organizzativi sanitari internazionali a Milano i cui relatori furono l’intera dirigenza sanitaria di Israele (Direttore del Ministero della sanità, direttori dei più importanti ospedali Israeliani etc.) e molti altri esperti internazionali. 

Le loro scelte, per nulla ideologiche, tra i tanti argomenti trattati, creavano un sistema integrativo di servizio che garantiva molto i Cittadini e riduceva tempi di attesa e servizi, migliorava la qualità delle strutture sanitarie e utilizzava al meglio le risorse disponibili.

Negli Ospedali di Tel Ashomer, Rambam e negli altri il servizio proseguiva oltre l’orario di servizio ad alti livelli e per interessi della Comunità.
La libera professione nelle strutture pubbliche rappresenta oggi pochi punti percentuali di attività e se riuscissimo ad incrementarla, con tariffe concordate, molte prestazioni non verrebbero indotte impropriamente, i Pazienti avrebbero buone sponde a cui riferirsi e gli Ospedali, più personale, qualche tecnologia più recente e moderna da utilizzare e maggiori risorse libere da vincoli.

Non ho mai compreso il ruolo dello Stato Imprenditore che taglia le braccia a sé stesso.
 
Something is rotten in the state of Denmark (Shakespeare- Amleto I, IV, 90).
 
Giuseppe Imbalzano
Medico in pensione, ex direttore sanitario in aziende sanitarie della Lombardia
15 aprile 2017
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