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QS Edizioni - lunedì 29 aprile 2024

Lettere al Direttore

I disturbi dell'infanzia non vanno affrontati con superficialità

di Mauro Camuffo e Bruno Sales
15 novembre - Gentile Direttore,
sul quotidiano La Nazione di venerdì 10 novembre 2017 sono comparsi alcuni titoli a mio avviso fuorvianti in occasione dell’uscita del libro di un noto pedagogista, ‘I bambini hanno sempre ragione’. Vi si sostiene che molti disturbi del neurosviluppo, quali “dislessia, disgrafia, autismo, sindromi oppositivo-provocatorie etc.” fanno parte “dell’essere bambini” e non dovrebbero né essere considerati “come una neuropatologia” né essere inviati ai neuropsichiatri infantili, perché “la lobby dei neuropsichiatri infantili è molto potente e il passo verso la somministrazione di psicofarmaci anche ai più piccoli sarà brevissimo”.
Negli articoli ce n’è per tutti: per i genitori che avrebbero “perso del tutto un modo di educare ben organizzato”; per la scuola che “sembra andare proprio nella direzione peggiore, venendo incontro ai desideri più immediati dei ragazzi e rendendoli sempre meno autonomi”; per la società in generale con la sua tendenza iperprotettiva, che “si deve anche ad un eccesso di personale femminile nella scuola che ha creato uno squilibrio” e con il calo demografico, “anche da porsi, probabilmente, in relazione con l’insostenibilità per i genitori di educare secondo i modelli sbagliati”.
Il risultato è un guazzabuglio di espressioni forti e scorrette, indifferenti alle evidenze scientifiche più attuali e condivise, indifferenti all’attività delle migliaia di persone che in questo paese lavorano seriamente con i bambini ed i ragazzi.

Come Sinpia (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) ci preme ricordare che:
1. L’Adhd (il disturbo da deficit dell’attenzione con iperattività, più volte evocato negli articoli) è un disturbo reale e fortemente invalidante per i bambini e le loro famiglie, quando è presente; in Italia la sua incidenza e la sua prevalenza sono molto inferiori rispetto alle stime internazionali, come una recente indagine coordinata dall’Istituto Mario Negri di Milano ha chiaramente dimostrato (Italia 1,6%, Europa 4%, Mondo 5%, USA 8%); il ricorso ai farmaci interessa una porzione infinitesima di questa popolazione già ridotta (Italia 0,2 per 1.000; Francia 2 per 1.000, Canada 20 per 1.000, USA 70 per 1.000), perché gli interventi terapeutici fondamentali, con buona pace del noto pedagogista, sono psico-educativi.

2. I disturbi dello spettro autistico (Italia 3,8 per 1.000, Australia 4,6 per 1.000, USA 11 per 1.000) comprendono un insieme eterogeneo di disturbi, alcuni più gravi, altri meno, ma tutti con un grave impatto sulle capacità di socializzazione, relazione e autonomia dei pazienti; insorgono su base neurobiologica (sarebbero dovuti ad un’atipica connettività neuronale) con una forte componente genetica; gli stili educativi dei genitori non hanno alcuna influenza sulla loro insorgenza, a differenza di quanto si sosteneva, sbagliando, fino a trenta-quaranta anni orsono; andrebbero per quanto possibile diagnosticati e affrontati prestissimo, anche prima dei due anni di età, da operatori competenti e aggiornati, in un’ottica preventiva che vede come interventi principali quelli di tipo psicologico ed educativo.

3. La dislessia, la disgrafia e la discalculia, i disturbi specifici dell’apprendimento, sono anch’essi disturbi del neurosviluppo; riconosciuti come tali solo in epoca recente, oggi sono diagnosticati in base a criteri largamente condivisi in tutto il mondo, utilizzando test e strumenti validati su larghissime popolazioni di alunni e studenti; la loro incidenza e la loro prevalenza nel nostro paese (2,1% degli alunni secondo il MIUR, contro una prevalenza attesa fissata dall’unico studio di popolazione italiano al 3,2% per la sola dislessia) sono molto inferiori rispetto a quelle dei paesi di lingua inglese (>5%), a causa della natura più trasparente della nostra lingua; e solo se li si tratta nel modo giusto è possibile ridurre le loro conseguenze non solo sul benessere attuale ma anche sul destino futuro (in termini di possibilità di realizzazione personale) di chi ne è colpito.
Allora di cosa parliamo? E’ possibile affrontare problemi così importanti e gravi, e fonti di sofferenza vera per tanti minori e per le loro famiglie, in modo superficiale? Certamente no, nemmeno a fini pubblicitari. E certamente non illudendo i lettori che sia possibile curarli o risolverli con i soli consigli pedagogici. O, ancora, attaccando i servizi pubblici per favorire l’offerta privata.

Persino i dati che vorrebbero sottolineare l’”ossessione cura” sono fuorvianti: si sbandierano gli “11 milioni sotto terapia”, salvo poi precisare che “a tanto ammontano, sempre negli USA (negli USA!!), i minorenni che ogni anno utilizzano psicofarmaci per una qualche patologia”; mentre non si citano i dati veri che vedono nel 2016 la prevalenza di prescrizione per i minori italiani (stabile dal 2009, con una quota rilevante prescritta per gli adolescenti dai medici di base) all’1 per 1.000 per gli antidepressivi (Olanda 2 per 1.000, Canada 15 per 1.000, USA 35 per 1.000) e allo 0,7 per 1.000 per gli antipsicotici (Danimarca 2 per 1.000, Canada 7 per 1.000, USA 20 per 1.000).

Insomma tutto e il contrario di tutto. Certo, i disturbi neuropsichici dell’età evolutiva appaiono in aumento, nel mondo e anche in Italia. Ma questo avviene perché i genitori non sono più in grado di educare, come il pedagogista suggerisce, o perché i genitori di oggi sono più informati e quindi più sensibili nei confronti dei comportamenti dei loro figli che si differenziano da quelli attesi? Perché la scuola ha abdicato ai suoi compiti, o perché è più attenta alle necessità didattiche dei suoi alunni/studenti speciali? Perché i neuropsichiatri infantili costringono le famiglie, le scuole e gli adolescenti ad accedere ai loro servizi o perché questi stessi servizi, in cui operano non solo medici, ma anche psicologi, logopedisti, fisioterapisti, psicomotricisti ed educatori, hanno saputo negli ultimi decenni costruirsi buona fama e solide reputazioni, hanno saputo conquistarsi la fiducia dei genitori e degli insegnanti, hanno in definitiva dimostrato che ci si può rivolgere a loro, senza timori, per risolvere i problemi che possono interferire con uno sviluppo sano ed armonico dei bambini e degli adolescenti? 

Quel che è certo è che i neuropsichiatri infantili italiani e i servizi pubblici in cui operano non meritano di essere trattati come lobby minacciose. A nostro giudizio, è più potente la lobby che riesce ad occupare quattro pagine di un giornale importante come La Nazione con informazioni fuorvianti e lesive della dignità di professionisti seri e preparati.

Mauro Camuffo, Direttivo Nazionale Sinpia

Bruno Sales, Segretario Sezione Toscana Sinpia
15 novembre 2017
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