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QS Edizioni - lunedì 29 aprile 2024

Lettere al Direttore

Medicina. Bioetica e filosofia non bastano

di Maurizio Nazari
30 novembre - Gentile direttore,
Vorrei intervenire sulle metaforiche recenti legnate che il prof. Cavicchi e il giurista Benci si sono scambiate sulle pagine del suo giornale. Ia discussione e il dibattito che ne è seguito mi ha fatto pensare che ne la filosofia ne la bioetica oggi siano strumenti validi per la organizzazione della medicina che viviamo tutti i giorni.

Già sul tema dei diritti in generale e quindi anche del nostro art 32 Cost. ha scritto Norberto Bobbio: "Si ricordi che il più forte argomento addotto dai reazionari di tutti i paesi contro i diritti dell’uomo, in specie contro i diritti sociali, non è già la loro mancanza di fondamento, ma la loro inattuabilità. Quando si tratta di enunciarli, l’accordo è ottenuto con relativa facilità, indipendentemente dalla maggiore o minore convinzione del loro fondamento assoluto: quando si tratta di passare all’azione, fosse pure il fondamento indiscutibile, cominciano le riserve e le opposizioni. Il problema di fondo relativo ai diritti dell’uomo è oggi non tanto quello di giustificarli, quanto quello di proteggerli. E’ un problema non filosofico ma politico”.  L’età dei diritti Einaudi 2014.
 
Mi pare quello della politica lo strumento più utile al nostro caso. Mi spiego facendo ricorso ai dati AGENAS di tre ani fa.

1) Infarto del miocardio: il parametro del Ministero della salute é che almeno il 60% degli infartuati debba essere sottoposto ad angioplastica coronarica percutanea entro 90 minuti dal ingresso in pronto soccorso: cosa che fa la differenza sulla qualità futura del miocardio e nella quasi totalità dei casi salva la vita. In Italia a fronte di un dato medio nazionale del 39,6% di operati entro 90 minuti, si osserva una variabilità per struttura ospedaliera con un minimo dello 0,5% ad un massimo del 95%.

2) Tumore al colon: la mortalità a 30 giorni dopo intervento di tumore al colon è elevata quando la struttura opera meno di 50-70 tumori al colon all’anno. Quando la struttura supera la soglia di 50-70 interventi anno la mortalità a 30 giorni diminuisce progressivamente in modo marcato. In Italia 805 reparti eseguono tumori al colon ma solo 106 (13%) reparti hanno un volume annuo superiore ai 50 interventi.

3) Intervento chirurgico per tumore della mammella: i parametri internazionali e il nostro Ministero della salute dicono che la soglia minima d’interventi necessari ai chirurghi di un reparto per diventare esperti ed avere buoni esiti con questa chirurgia, è di 150 interventi/anno, sotto questa soglia le percentuali di recidiva del tumore sono più alte. In Italia, nel 2013, sono 490 reparti che eseguono più di 10 interventi/anno (ce ne sono alcuni che fanno meno di 10 interventi) ma solo 116 (24%) hanno volumi superiori alla soglia minima di 150 interventi/anno.

Difficile trovare tracce di possibile consenso informato o di medicina eseguita con "scienza e coscienza medicina" in quelle aree di alto rischio di cure non al altezza di una moderna organizzazione medica.

Quantunque, infatti, l'imponente evoluzione delle conoscenze in medicina negli ultimi 40 anni e l'ampia normativa del nostro paese (legge 833/78; 502/92; 229/99; 120/2007 e altre) finalizzata al permettere, quale diritto di cittadinanza, con il modulo-impegnativa firmato dal MMG, la scelta nell'accesso a cure gratuite di qualità e tempi d'attesa eguali a quelli che si avrebbero a pagamento, la situazione è ancora oggi ( anche grazie alla violazione sistematica della normativa citata, a partire da quel art 54 Cost.), come scrisse nel 1992 Richard Smith, sul Journal of Medical Ethics, in un articolo intitolato “The Ethics of Ignorance”: "il rapporto medico-paziente è, spesso, una follia a due ove il paziente pensa: io sono incerto, ma lui, il medico, è certo, mentre il medico penserà: io sono incerto ma lui non lo sa".
 
Il diritto di scelta del professioniste e del luogo di cura come bene d'uso non sottoposto all'acquisto con denaro nacque non solo come un tassello nella evoluzione democratica nel nostro paese come ricorda la prof.ssa Lorenza Carlassare: “La svolta principale che determina il passaggio dall’Ancien régime all’era contemporanea sarebbe proprio la proclamazione del principio di eguaglianza in un documento solenne. Nella frase con cui la Déclaration si apre – “Gli uomini nascono liberi ed eguali nei diritti” – non c’è soltanto l’affermazione che gli uomini sono eguali, ma, insieme, la prescrizione che essi sono eguali nei diritti: un comando giuridico che impone di riconoscere a tutti gli uomini un’eguale titolarità di diritti.” (Nel segno della Costituzione) ma come strumento di evoluzione organizzativa della medicina moderna.
 
Scriveva, infatti, Giovanni Berlinguer: "La proposta, scrive Giovanni Berlinguer, di estendere a tutta la popolazione, con opportuni miglioramenti, quella protezione sanitaria che il proletariato si è da tempo conquistato non è che una pratica applicazione di quella legge generale per cui tale classe, liberando se stessa, tende a liberare l’intera società civile: non può, anzi, liberare compiutamente se stessa se non proiettando la sua azione in un orizzonte più vasto. … la riforma sanitaria si è affermata, all’interno del movimento operaio italiano, come uno dei 'passaggi obbligati' del suo progredire. Se questa molla politica fosse la sola a premere verso la trasformazione della medicina in un servizio sociale, non assisteremmo probabilmente a un travaglio così drammatico nella professione medica, … il contrasto si manterrebbe sul terreno politico, lì si avrebbero gli scontri, le temporanee pause e l’inarrestabile evoluzione della medicina sociale. Invece la molla è duplice: da un lato il moto di emancipazione dei lavoratori, dall’altro una forza che nasce dal seno stesso della medicina, dalle leggi oggettive del suo progresso tecnico e scientifico: senza profonde trasformazioni organizzative, non è possibile, infatti, che la scienza medica possa oggi dispiegare le sue immense possibilità, in buona parte imbrigliate, frenate, ostacolate.” G.Berlinguer 1963 Classe operaia e professione medica nella Rivista Italiana di sicurezza sociale”.

Se aggiungiamo quello che oggi scrive il direttore della rivista Lancet Richard Horton l'11 aprile 2015 c'è bisogno di una forte presa di coscienza democratica oltre che tecnica. Scrive Horton: "Qualcosa è andato fondamentalmente male in una fra le più grandi creazione umane" al punto che "più della dei saggi scientifici di argomento medico potrebbe essere semplicemente falsa".
 
Parole simili aveva scritto nel 2009 la dott.sa Marcia Angell direttrice del New England Journal of Medicine "Non è più possibile credere alla gran parte della ricerca clinica che viene pubblicata, o fare affidamento sul giudizio dei medici di fiducia o su linee guida autorevoli. Non gioisco di questa conclusione, che ho raggiunto lentamente e con riluttanza dopo i miei due decenni come direttore della rivista". (riportate dalla prefazione del libro del prof. U Curi Le parole della cura).

Alla luce dei fatti concreti i dibattiti sull'etica suonano a dir poco strani. Oggi ci viene proposta come possibile grande conquista politica l'abolizione del super ticket cioè della tassa di accesso alle strutture pubbliche (cavallo di Troia a favore del privato che appunto non la applica sottraendo risorse al servizio pubblico) e non l'abolizione dei ticket che sono iniqui, inutili e dannosi come ha ben argomentato in passato il dott. Polillo nel suo giornale.
 
Non si accenna minimamente al rispetto della legalità richiedendo l'applicazione delle leggi che permetterebbero al MMG di scegliere con la sua impegnativa il super-specialista (con incarico professionale conferitogli dal D.G.) appropriato per la cura della patologia del suo assistito. Ma ci si lamenta che stiamo tornando alle mutue sostitutive del Ssn senza cogliere che se non regnasse l'anarchia politica e venissero applicate nella organizzazione del lavoro delle Ulss, Aziende e case di cura private convenzionate le leggi che garantiscono la scelta del luogo di cura e dello specialista e tempi d'attesa eguali a quelli a pagamento, dovrebbe essere ben strano quel sindacalisti e/o operaio che accettasse nella contrattazione aziendale la riduzione del salario in cambio di un bonus per prestazioni sanitarie già garantite per qualità e tempi d'attesa dal Ssn.

Dott. Maurizio Nazari  
30 novembre 2017
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