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QS Edizioni - sabato 4 maggio 2024

Lettere al Direttore

I Tsrm servono ancora, ma rinnovati

di Calogero Spada
27 gennaio - Gentile direttore,
pure apprezzando il pezzo degli stimati colleghi Alemanno e Sciacca, resto perplesso sulla loro riflessione conclusiva, dall’ambiguo tono tra il provocatorio e l’arrendevole. Anzitutto non comprendo lo stupore destato dalla «possibilità che il medico radiologo assommi a sé le competenze professionali del tecnico di radiologia», eventualità emersa da un assai controverso bando di una sanità addirittura non accreditata con il Sistema Sanitario Regionale …
 
Lo «sminuire i professionisti Tsrm» – ma non soltanto loro – è una consuetudine tanto radicata quanto incontrastata: l’abbiamo già incontrata tra queste pagine con una recente sintesi retorica di Alessandro Beux: «che le professioni sanitarie siano come le matrioska …», ma posso addirittura rinvenirla rispolverando i miei personali ricordi di studente, con un tanto consumato quanto preteso adagio dei medici radiologi: «ricordati sempre che un medico radiologo può fare anche il tecnico, ma un tecnico radiologo non potrà mai fare il medico radiologo» …
 
Le ragioni storiche e pratiche di tale posizione sono parte integrante del noto tema “dominanza medica” già più volte qui discusso; è una multiforme manifestazione di potere che addirittura affonda le proprie radici contestualmente alla nascita stessa delle professioni.
 
Similmente andrebbe risolta la tanto diffusa quanto sommersa mera ignoranza su ruoli e funzioni nell’area radiologica; situazione che se da un lato ha sempre giovato ai medici radiologi – come nel caso analizzato – dall’altro ha sempre leso i Tsrm: la dimostrazione più plateale l’abbiamo avuta con il d. lgs. 187/00; l’attuale situazione di effettivo declino di questa, come di alcune altre professioni, ne è la drammatica conseguenza.
 
Risultato che comunque sarebbe stato ampiamente evitabile; non a caso la norma di legge dispone quel «rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali» precisamente al comma 2 dell’art. 1 della legge 26 febbraio 1999, n. 42 ; assunto noto anche come “criterio limite”, concepito apposta per configurare uno scenario della sanità in cui tutte le professioni debbano opportunamente collocarsi, in assenza di qualsivoglia libera interpretazione su reciproci campi d’azione e responsabilità (teorie di folklore dei medici radiologi comprese).
 
Personalmente quindi penso che, malinconie a parte, non possiamo nemmeno illuderci che certo passato della storia del Tsrm possa essere identificato come «migliore del presente»: oggi come allora la sensazione è che professionisti ormai “regolamentati ed ordinati” (compresi tutti gli eletti in Federazione e Maxi-ordini) non soltanto attendano ancora che qualcosa venga loro «consentito», in perfetta assonanza con quella invocata norma del lontano 1965, ma non siano capaci nemmeno di esigere quanto la norma vigente già consenta loro: proprio quei (chiedo venia) misconosciuti “criteri guida” e “criteri limite” della suddetta legge …
 
Anche prendendo in considerazione l'assai confuso passaggio del medesimo bando, citato da Alemanno e Sciacca, sulle responsabilità: «il Professionista sarà, altresì, esclusivo responsabile: previa giustificazione clinica da parte dello specialista, di controllare e registrare i dati anagrafici della persona; di verificare gli aspetti generali necessari a stabilire l’idoneità generale ad essere sottoposta alla procedura in base agli aspetti tecnici della stessa, di adottare le tecniche più appropriate della registrazione e della archiviazione degli esami»; giungiamo alle medesime conclusioni: i Tsrm non soltanto non hanno mai saputo evidenziare l’ipocrisia dei medici radiologi, che si sono impadroniti di competenze non proprie, di fatto mai esercitate (giustificazione e soprattutto ottimizzazione degli esami); ma in concreto, anche accondiscendendo alla esecuzione di tutti gli esami in assenza di una tutela che il legislatore aveva loro messo a disposizione, si sono autonomamente procurati la beffa dopo il danno … ed anche qui la storia è tristemente nota a queste stesse pagine.
 
Risulta quanto mai chiaro, pertanto, senza ulteriormente tergiversare in altri esempi, che certamente siamo in presenza di un reiterato abuso, ma che, altrettanto certamente, questa situazione è il risultato della assenza di una qualsivoglia seria “governance” della professione, senza la quale non soltanto non si realizzerà alcuna sociologica percezione della professione Tsrm, ma si potrebbe effettivamente giungere alla paventata – ma ancora prematura, per fortuna – scomparsa definitiva del ruolo.
 
«Definire limiti all’attività del medico radiologo rispetto a quella del TSRM» è primario interesse degli stessi professionisti non medici: la necessità di sviluppare una “competenza di contraddittorio” con i medici e di imporsi come figura chiave nell’area radiologica è una loro precisa responsabilità; ma al momento, oltre l’indolenza della rappresentanza istituzionale, non vedo nemmeno alcuna concreta iniziativa in merito da parte dei colleghi impegnati in vari nuovi autonomi fronti dagli altisonanti nomi.
 
In una necessaria autocritica, quindi, non penserei che la sanità non ha davvero bisogno del tecnico di radiologia, ma che abbia bisogno di un nuovo tecnico di radiologia – come abbia bisogno di nuovi professionisti della salute.
 
Dr. Calogero Spada
Dottore Magistrale
Abilitato alle Funzioni Direttive
Abilitato Direzione e Management AA SS
Specialista TSRM in Neuroradiologia
27 gennaio 2021
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