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QS Edizioni - mercoledì 1 maggio 2024

Lettere al Direttore

Insinna. Il vero problema sono le regole assurde sulle visite in ospedale 

di Pierpaolo Morosini
11 giugno - Gentile direttore,
ho letto i vari commenti sulla querelle insorta sulle considerazioni personali dell’attore Insinna nel suo libro. Voglio aggiungere solo due brevissime considerazioni. Il 90% degli infermieri è di sesso femminile e quindi lo stereotipo dell’infermiera stronza nasce dal fatto che 90 volte su cento, se esiste un infermiere stronzo, è di genere femminile. Non credo che il fenotipo infermieristico abbia influenza sull’essere più o meno stronzi perché si è più rivendicativi se la natura (intesa in senso Leopardiano) si è accanita contro. Spesso chi fa queste relazione dimostra poca dimestichezza con gli stereotipi della nostra cultura: l’infermiere è stronza così come l’arbitro è cornuto.

Nessuno commenta però se il comportamento tenuto dall’infermiera sia stato corretto, scorretto, esagerato o quant’altro. Quindi stereotipi difensivi di tipo vetero femminista e soprattutto lo stereotipo assurdo: ha fatto il suo dovere applicando le linee guida dettate da altri. Anche i nazisti a Norimberga si difendevano così: “abbiamo obbedito agli ordini”. Ma quegli ordini hanno un senso? Sono giusti? Sono umani o disumani?
Mi sta bene infatti che non più di due persone siano presenti alla visita; ma non capisco perché debbano essere sempre le stesse due persone? Vorrei che qualcuno me lo spiegasse come vorrei che mi spiegassero perché nei reparti di degenza ordinaria debbono essere previsti solo accessi in fasce orarie fisse (guarda caso quelle dei pasti in modo di ridurre il carico lavorativo infermieristico) e poi porte chiuse anzi sbarrate.
Chi ha fatto queste regole inviolabili? Ma soprattutto mi spiegassero quale principio etico le ispira. Io ritengo che siano ispirate da principi sindacali corporativi ed auto protettivi, sia infermieristici che medici.
Vale a dire meno intrusione possibile da parte di altri che non hanno la divisa ma che purtroppo sono quelli più empaticamente vicini a chi soffre in silenzio e solitudine.

Pierpaolo Morosini
Ex primario medico 
11 giugno 2012
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