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QS Edizioni - sabato 4 maggio 2024

Mortalità a 30 giorni Infarto Miocardico Acuto (Ima) 

15 maggio - Di tutte le strutture, gli analisti hanno preso in considerazione solo quelle con un volume annuo di Ima > a 75. La tempestività è il fattore più importante per la sopravvivenza di una persona colpita da infarto miocardico acuto (Ima). Studi di comunità hanno, infatti, dimostrato che la letalità degli attacchi cardiaci acuti nel primo mese è tra il 30% e il 50%, e di queste morti circa la metà si verifica entro due ore. Se la mortalità al momento dell’infarto è rimasta costante negli ultimi 30 anni, è però diminuita notevolmente la mortalità dei pazienti che riescono ad arrivare in ospedale vivi: negli anni Ottanta moriva entro il mese il 18% dei pazienti, oggi muore il 6-7%. Considerata questa percentuale come riferimento per una buona performance, si può dunque considerare che nelle strutture dove si registri una mortalità a 30 giorni dall’infarto vicina al 6-7% vi sia un processo diagnostico-terapeutico più appropriato. (media esiti Italia 10,95%)

È un quadro variegato quello che emerge dall’analisi di questo indicatore: in alcune realtà la forbice tra struttura e struttura è ampia. E così in Emilia Romagna il tasso di mortalità passa dal 5,5% dell’Ospedale Bentivoglio al 16% dell’Ospedale del Delta di Lagosanto. Le migliori performance della regione, tutte con dati in fascia blu quindi statisticamente certi, si registrano all’Ospedale Degli Infermi di Rimini (6%) e al Morgagni Pierantoni di Forlì (6,4%). Chiudono il gruppo le Ao Universitarie di Parma e Bologna con l’8,2%. Le percentuali raddoppiano invece nell’Azienda ospedaliera di Reggio Emilia (15,2% in fascia rossa). Seguono con percentuali superiori alla media italiana, e con un rischio relativo di errore del risultato, l’azienda Ss Annunziata a Cento (13,8%) seguita a strettissimo giro dall’ospedale civile di Guastalla (13,7%) e dal’Ospedale S.M. Bianca di Mirandola (13,3%).
Gli esiti della Toscana descrivono realtà con performance indiscutibilmente buone: solo due strutture presentano un dato “sfavorevole”, di poco superiore alla media delle strutture italiane. Guida il gruppo delle cinque migliori strutture con i più bassi tassi di mortalità, e in fascia blu, gli Ospedali Riuniti Valdichiana a Montepulciano (3,4%), seguito dall’Ospedale Civile di Carrara (5,1%). Ci son poi l’Ospedale S.M. Annunziata di Bagno a Ripoli (6,9%), il Misericordia e Dolce a Prato (7,2). Chiude in gruppo di testa l’Ospedale S. Giovanni di Dio di Firenze (7,6%). I tassi di mortalità più alti in Toscana li troviamo al Careggi di Firenze (11,8%) tallonato dagli Ospedali Riuniti di Siena (11,7%). Seguono, ma con percentuali comunque inferiori alla media italiana, l’Ospedale della Misericordia di Grosseto (10,9%), l’Ospedale Aretina Nord di Arezzo (10,8%) e il SS Giacomo e Cristoforo a Carrara (10,3%).
Più complesso e variegato il quadro della Regione Lazio: la forbice tra la struttura con i tassi di mortalità più bassi e quella dove la situazione è da “allarme rosso”, è amplissima. Se, infatti, alla clinica Aurelia Hospital di Roma la percentuale di mortalità si attesta sul 7,6% (in fascia grigia), all’Ospedale S. Giovanni Evangelista di Tivoli, in fascia decisamente rossa, si quadruplica schizzando al 28,3%).
Le altre quattro strutture con gli esiti più favorevoli (tutte con segno grigio) si attestano su tassi di mortalità intorno all’8%: il S. Andrea e il S. Filippo Neri di Roma sono rispettivamente al 7,8% e al 7,9%, l’Ospedale di Anzio e Nettuno, e il S. Sebastiano di Frascati conquistano il 7,9% e l’8,1%.
Decisamente più sfavorevoli gli esiti al Policlinico Umberto I di Roma con tassi di Mortalità che arrivano al 22,9% (la seconda più alta delle Regioni del centro Italia. Troviamo poi la clinica Città di Aprilia (20,4%) seguita dall’Ospedale Albano-Genzano (17,4%). Chiude il gruppo l’Ospedale S. Pertini di Roma con un 16,9%
15 maggio 2012
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