Un passo in avanti nella comprensione delle patologie autoimmuni, causate dalle cellule del sistema di difesa che invece di attaccare gli agenti patogeni reagiscono in maniera aggressiva contro gli organi dello stesso paziente, è stato fatto dai ricercatori dell’Università di Ballarat: sarebbe l’assenza di due proteine collegate tra loro (Puma e Bim) a causare il problema. La
ricerca è stata pubblicata su
Immunity.
La patologie autoimmuni sono molte e talvolta molto conosciute, dal diabete all’artrite reumatoide, dal morbo di Crohn alla sclerosi multipla; funzionano tutte allo stesso modo, il sistema immunitario lancia un attacco alle cellule dello stesso organismo cui appartengono, distruggendo strutture o organi cruciali per la sopravvivenza. La maggior parte di queste patologie oggi non ha una cura.
Uno dei metodi per proteggere l’organismo dalle malattie autoimmuni è quello di forzare le cellule troppo attive nel sistema immunitario a morire prima del completo sviluppo, secondo il recente studio. “Il corpo ha infatti sviluppato un metodo per evitare che queste arrivino a maturazione, tanto quando qualcuna ci prova si innesca un meccanismo di controllo che le disattiva, prevenendo le patologie”, ha spiegato
Daniel Gray, autore della ricerca.
Le proteine studiate dagli scienziati, Puma e Bin, anche chiamate Bh3-only, sono proprio quelle responsabili della morte cellulare programmata, un processo chiamato apoptosi. Un difetto in queste molecole è stato collegato anche a numerose altre patologie, tra cui cancro e disordini neurodegenerativi. “Fino ad oggi si è sempre dibattuto se la morte delle cellule immunitarie che reagiscono contro lo stesso organismo possa essere una protezione contro le patologie autoimmuni, ma la nostra ricerca, identificando due molecole che sono necessarie al processo, potrà dimostrare se questo è possibile”, ha commentato il ricercatore. “In altre parole – ha concluso – possiamo usare lo studio per osservare se sono difetti nel corretto processo di apoptosi a causare queste patologie di cui ancora spesso sappiamo poco, oppure se ci sono altri fattori da prendere in considerazione”.