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QS Edizioni - sabato 18 maggio 2024

Scienza e Farmaci

Vite Doppie. L’ultimo libro di Mario Caccavale spunto di riflessione sulla “doppiezza”

immagine 14 luglio - Durante una crociera attraverso il Mediterraneo i protagonisti del nuovo romanzo Vite Doppie (Mondadori) sollevano il tema della doppiezza degli individui e dei popoli che abitano i paesi che si affacciano su questo mare. Ma cos’è la “doppiezza”? Lo abbiamo chiesto a Massimo Di Giannantonio, professore di Psichiatria a Chieti.
Un intreccio di storie segrete, narrate coralmente dai protagonisti che, in crociera sul Mediterraneo, vengono sequestrati da un gruppo di criminali: se si potesse riassumere in un’unica frase la trama l’ultimo romanzo di Mario Caccavale, Vite Doppie edito da Mondadori, probabilmente sarebbe questa. Ma il tema alla base del romanzo è molto più profondo e complesso: le storie sollevano la questione della doppiezza degli individui, dell’ambiguo rapporto tra l’essere e l’apparire, e della percezione di sé e degli altri. Tutti argomenti che sono studiati e affrontati dalla psichiatria e che sono ormai ben noti dagli esperti di questa materia. Partendo dallo spunto offerto dal libro, la cui trama è fortemente influenzata dall’ambientazione nella regione mediterranea, abbiamo chiesto a Massimo Di Giannantonio, professore di Psichiatria all'Università 'G. D'Annunzio' di Chieti, di spiegarci cosa vuol dire “doppio” in ambito psichiatrico e come la nostra percezione di noi stessi e degli altri è fortemente influenzata oltre che da caratteristiche genetiche e biologiche, anche da condizioni sociali e ambientali.
 
“In psichiatria il tema della doppiezza e del doppio ha una base da una parte neuroanatomica e dall’altra di dinamica della personalità. La prima risiede nella bilateralità degli emisferi cerebrali – destro e sinistro – che hanno un dialogo nel corpo calloso, infinito e continuo per tutta la vita”, ci ha spiegato. “I due emisferi hanno caratteristiche tutt’affatto differenti: il sinistro controlla la sfera della logica, dell’efficacia, della razionalità; il destro invece è quello emozionale, affettivo, illogico e che riguarda l’inconscio. Per il fatto che i due emisferi sono sempre collegati, vi è sempre un dialogo infinito tra due parti della stessa persona, ovvero tra due doppi, che di uno stesso problema danno interpretazioni diverse”.
Tutto ciò però raggiunge una complessità nella costruzione dell'apparato mentale di ciascuno di noi. “Ognuno di noi non è esattamente quello che è – ci ha detto Di Giannantonio – ma è un misto tra quello
che è e quello che vorrebbe essere. Per questo, all'interno del nostro doppio costruiamo delle fantasie compensatorie, proprio perché la nostra realtà viene letta sempre in due modi potenzialmente antitetici. Il tema del “doppio” è dunque giocato su due piani, quello che si vorrebbe essere, e quello che si potrebbe essere; ma allo stesso tempo si gioca sia sulla dimensione del positivo (essere più forte, più sicuro, più astuto), che del negativo (essere più violento, più malvagio)”.
Infine un terzo aspetto da considerare quando si parla di “doppiezza” in ambito psichiatrico è quello che riguarda il tema dell'introiezione e della proiezione. “La mente funziona con processi di questi due tipi. Facciamo un esempio: se mi identifico con il giocatore Totti, assumo temporaneamente in maniera inconscia tutte le sue potenzialità/caratteristiche (un po’ come succede con la mamma per le bambine o col papà nei bambini) e di solito si tende ad escludere il peggio della personalità e a includere il meglio. Tuttavia, l'identificazione non è automatica e non sempre funziona in questa maniera”.
 
Ma quali sono i disturbi di personalità sono basati o hanno a che fare con questa condizione di doppiezza? “I disturbi vengono classificati nella descrizioni delle psicopatologie, i due principali sono il disturbo borderline di personalità, nel quale il paziente è incapace di distinguere la realtà dalla fantasia, e il disturbo narcisistico, nel quale è incapace di distinguere ciò che è diverso da sé da ciò che si pensa di essere”, ci ha spiegato ancora lo psichiatra. “Il fenomeno tipico alla base di queste manifestazioni è, dal termine tedesco, il cosiddetto fenomeno di 'spaltung', una dissociazione, una separazione, una frattura, per la quale le due personalità vengono giocate sul piano di realtà in maniera autonoma e indipendente l'una dalle altre”.
Curare questi disturbi può essere complicato. “Per capire se i pazienti possono essere aiutati si deve fare una distinzione tra due categorie di pazienti: i pazienti egodistonici, che sentono il disagio e la frattura, sentono l'incapacità di comunicare, e chiedono aiuto; i pazienti egosintonici, che invece pensano di essere nel giusto e che siano gli altri a doversi uniformare alla loro visione della vita. In quest’ultimo caso la possibilità terapeutica è molto più difficile”.
 
Me nel libro grande rilievo ha anche la “doppiezza dei popoli” che abitano i paesi che si affacciano sul mare Mediterraneo. Ma la doppiezza può essere caratteristica antropologica, o comunque dipendente anche dalla geografia? Secondo la psichiatria, in un certo senso sì. “La classificazione internazionale ha una forte caratterizzazione sia genetica che ambientale”, ci ha spiegato Di Giannantonio. “Ad esempio i giapponesi hanno un problema con l'alcolismo perché il loro fegato non metabolizza l'etanolo o lo metabolizza molto peggio di quello di uno scozzese o di un italiano”.
Ma allo stesso tempo sono anche fattori ambientali che “favoriscono” sindromi psichiatriche. “Per esempio – ha continuato l’esperto – basta pensare alle mutilazioni sessuali nel Nord Africa: la psicopatologia nel genere femminile è favorita da quell’abitudine della società, che pone premesse drammatiche per la salute psichiatrica delle donne in quei paesi. La formazione e la diffusione delle patologie, dunque, risente delle diverse configurazioni genetiche che si hanno nel globo, ma anche delle diverse condizioni ambientali e sociali”. Tuttavia, fare l'elenco di quali siano le diverse inclinazioni per le diverse patologie è complicato, poiché ogni disturbo della personalità ha una storia e dei caratteri a sé stanti. Sicuramente però c'è una base in un certo senso antropologica.
14 luglio 2013
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