Uno dei problemi principali della continua battaglia della scienza contro le malattie neurodegenerative, e in particolare contro l’Alzheimer, è che non esiste test che possa diagnosticarle con certezza, e una vera conferma della natura della malattia si ha solo post-mortem. Per questo, scovare questo tipo di patologie ad uno stadio iniziale è quasi impossibile. Ma presto tutto questo potrebbe cambiare: un team di ricercatori tedeschi della Saarland University e dell’Università di Heidelberg ha infatti pubblicato uno studio su
Genome Biology che dimostra come nel sangue dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer sono presenti minuscoli frammenti di materiale genetico che potrebbe essere utilizzato per una diagnosi. In altre parole, secondo gli scienziati, potrebbe presto essere possibile avere una diagnosi con una semplice analisi del sangue.
Il test, di cui esiste già un prototipo che è stato testato su 202 persone, ha dimostrato di essere efficace nel 93% dei casi: rileva infatti 12 microRna particolari, selezionati tra 140 altri minuscoli frammenti di codice genetico, i cui alti livelli sembrano essere fortemente correlati alla presenza dei sintomi della malattia di Alzheimer.
Naturalmente, spiegano però gli autori dello studio, prima di cantare vittoria saranno necessarie ulteriori ricerche, sia per migliorare l’accuratezza, che per dimostrare che il test possa effettivamente essere usato in maniera efficace nella pratica clinica. “La ricerca dimostra l’importanza di comprendere che ruolo abbiano i microRna nello sviluppo della malattia”, ha commentato in un’
intervista alla BBC Eric Karran, membro dell’organizzazione no-profit Alzheimer's Research UK ed esperto dell’argomento, che però non ha partecipato allo studio. “Tuttavia – ha poi specificato – per avere un test clinico per l’Alzheimer tramite analisi del sangue ci sarà da aspettare ancora un po’: bisognerà attendere tutte le validazioni del caso, ad esempio che l’efficacia sia confermata anche su campioni più grandi, o la verifica che il test sappia riconoscere questa da altre malattie neurodegenerative”.