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QS Edizioni - martedì 30 aprile 2024

Scienza e Farmaci

Radiologia “dolce”. Italia all’avanguardia per la cura dei tumori con queste tecniche. Ma i tagli rischiano di negare la terapia

immagine 23 novembre - Si tratta di quell’insieme di tecniche capaci di portare farmaci o microsfere radioattive per trattare tumori inoperabili attraverso sottili cateteri. Sono 4 i centri specializzati italiani. Ma ora i tagli al budget rischiano di penalizzare molti malati in attesa.
L'Italia è ai primi posti in UE per la cosiddetta radiologia dolce, quell'insieme di tecniche che attraverso sottili cateteri introdotti nelle arterie portano farmaci o microsfere radioattive per trattare tumori altrimenti inoperabili. E sono 4 nel nostro Paese i centri leader della radioembolizzazione del fegato, l'innovativa procedura che in pochi anni ha dimostrato di ottenere vantaggi in termini di sopravvivenza, di riduzione del tumore in vista di un trapianto o dell'asportazione chirurgica di una parte dell'organo.
 
Ma ora - scrive l’Ansa - la preoccupazione degli esperti è che i risparmi o i tagli regionali alla sanità possano toccare anche queste cure e penalizzare molti malati che non hanno alternative terapeutiche, privandoli dunque di una procedura salvavita. Un timore che purtroppo si sta facendo strada in molti centri italiani.
 
Un trattamento costa tra i 10.000 e i 12.000 euro e in alcune strutture i trattamenti programmati sono già finiti. I quattro centri italiani a maggiore attività, quelli che superano 20 trattamenti l'anno sono nell'ordine l'Ospedale S.Maria Goretti di Latina, l'Istituto Regina Elena di Roma, l'Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico S. Orsola di Bologna e l'Istituto Nazionale Tumori di Milano.
 
“La radioembolizzazione è una terapia efficace ma ancora riservata ad alcuni casi selezionati” - sottolinea all’Ansa Rita Golfieri, Direttore della Radiologia Diagnostica ed Interventistica del S. Orsola e che insieme al Bologna Liver Oncology Group (BLOG) ha trattato dal 2005 195 malati.
 
Il metodo si applica ai tumori primitivi del fegato inoperabili che non rispondono al altri trattamenti o alle metastasi epatiche come unica sede di malattia. I vantaggi in termini di sopravvivenza emergono da numerosi studi e a seconda della gravità dei casi sono compresi tra i 18 e i 26 mesi.
 
Si tratta dunque di una radioterapia mirata che consiste nell'infondere con un catetere dall'arteria femorale microsfere di resina o vetro caricate con ittrio 90, un elemento radioattivo in grado di emettere potenti radiazioni capaci di colpire solo le lesioni tumorali dal loro interno, risparmiando i tessuti sani circostanti; le sferette non oltrepassano i capillari e rimangono intrappolate nel tumore che riceve così una dose di radiazioni molto elevata.
 
I risultati degli studi nazionali ed europei che si stanno raccogliendo sono molto soddisfacenti e promettenti: i pazienti trattati in Italia sono stati più di 1200. Uno studio pubblicato quest'anno sulla rivista Journal of Hepatology coordinato dalla rete europea e condotto dalla dottoressa Golfieri ha valutato 325 malati dimostrando che la radioembolizzazione è un trattamento efficace e ben tollerato anche per gli anziani sopra i 70 anni, una popolazione di malati con tumore del fegato in forte crescita e che possono non avere altre chance di cura.
23 novembre 2013
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