Rimettere in funzione la valvola aortica malata - in pazienti già sottoposti ad intervento cardiochirurgico perché affetti da stenosi (cardiopatia che ne provoca il restringimento) -, sovrapponendo una valvola biologica di seconda generazione alla valvola biologica applicata in precedenza che non riesce più ad aprirsi e chiudersi in modo corretto. Il tutto senza incisioni al torace; adottando protocolli specialistici a basso trauma per arrivare al cuore attraverso un’arteria periferica, così da evitare complicanze operatorie in soggetti ad alto rischio. L’impianto, eseguito con tecnica valve-in-valve (valvola su valvola), è il primo in assoluto descritto a livello mondiale dalla letteratura medico-scientifica, ed è stato completato dall’équipe di
Cardiologia Interventistica ed Endovascolare del Maria Cecilia Hospital di Cotignola (Ravenna) guidata dal Dottor Fausto Castriota.
“L’aspetto innovativo – spiega Castriota - è dato dall’impiego della valvola Lotus, realizzata in Nitinol, lega di nichel e titanio, che a tutt’oggi rappresenta l’ultima frontiera tecnologica negli impianti endovascolari ad accesso mininvasivo. La peculiarità sta nella versatilità d’inserimento tramite catetere; può essere rilasciata e rimossa dalla sua posizione, è situata tra il ventricolo sinistro e l’aorta, con maggior semplicità operatoria. Il sistema meccanico di cui è dotata le permette di autoespandersi e poi di venire bloccata fino ad aderire perfettamente ai bordi dell’orifizio aortico, sostituendosi in tutto e per tutto alla vecchia protesi andata in tilt. Nei casi di usura delle valvole cardiache di solito dobbiamo procedere ad un nuovo intervento di cardiochirurgia tradizionale, affrontando rischi e possibilità di complicanze molto alti; specie nelle persone anziane che presentano, spesso, altre patologie. In buona sostanza a Maria Cecilia Hospital abbiamo fatto un passo ulteriore: cioè applicato la valvola biologica di seconda generazione su una valvola biologica non più funzionante, arrivando al cuore attraverso l’arteria femorale, dunque senza incisioni sul torace-, sfruttando le straordinarie potenzialità del sistema Lotus nato e concepito per trattare soggetti con valvole native danneggiate ma altresì utilizzabile nella particolare situazione clinica”.
“L’intervento - aggiunge Castriota - può essere effettuato solo nelle strutture in cui è attiva una reale cooperazione tra cardiologi e cardiochirurghi, poiché l’approccio richiede una competenza specifica integrata e una curva (periodo) d’apprendimento piuttosto impegnativa. Al Maria Cecilia Hospital abbiamo affrontato oltre cento casi di sostituzione valvolare aortica per via endovascolare e 8 impianti con la tecnica valve-in-valve, grazie anche agli investimenti economici sostenuti dal Gruppo finalizzati a rendere disponibili le valvole Lotus su un campione selezionato di pazienti”.