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QS Edizioni - venerdì 3 maggio 2024

Scienza e Farmaci

Giornata mondiale Aids. La sfida dell’Onu: “Debellare la malattia entro il 2030”. Ecco come

di Cesare Fassari
immagine 1 dicembre - La strategia si chiama “fast track”, colpire veloce, andare in pole position, scommettere sulle priorità. Si può tradurre così il nuovo slogan di Unaids che ha indicato gli obiettivi da raggiungere: 90% dei malati in trattamento, 90% dei sieropositivi coscienti di esserlo, 90% di soppressione della carica virale tra i pazienti in trattamento, riduzione del 75% delle nuove infezioni e discriminazione “zero” verso le persone affette. TUTTI I NUMERI DELL'AIDS
"L'Africa è vicina a sconfiggere l'epidemia di AIDS", ha detto Direttore Esecutivo UNAIDS Michel Sidibé alla cerimonia di apertura della 18ª Conferenza internazionale sull'AIDS e le malattie sessualmente trasmissibili in Africa (ICASA), in svolgimento dal 29 novembre al 4 dicembre a Harare, nello Zimbabwe. "Non abbiamo tempo da perdere. Abbiamo cinque anni per accelerare la lotta contro l'AIDS - ha detto Sibidé - in modo che l'epidemia non possa più rimbalzare".
 
La battaglia dell’Aids in Africa è la battaglia primaria. Dei 36,9 milioni di persone che vivono con l'HIV nel mondo, 25,8 milioni vivono in Africa e in particolare in quella sub-sahariana. 
 
E la strategia di Unaids non può che partire da qui. Con programmi più ambiziosi che mirano a debellare l’Aids nei prossimi 15 anni.
 
La parola d’ordine è “fast track”, ovvero accelerare e mettersi in avanti, stabilire nuove priorità. Che per la sconfitta dell’Aids prevedono altrettanti ambiziosi, ma secondo Unaids possibili, traguardi: 90% dei malati in trattamento, 90% dei sieropositivi coscienti di esserlo, 90% di soppressione della carica virale tra i pazienti in trattamento, riduzione del 75% delle nuove infezioni e discriminazione “zero” verso le persone affette.
 
Oggi la situazione è c ertamente migliorata rispetto a qualche anno fa: - 35% di casi dal 2000, - 42% di morti dopo il picco registrato nel 2003, - 58% di casi di nuove infezioni tra i bambini dal 2000 e + 84% di accesso ai farmaci antiretrovirali rispetto ai livelli del 2010.
 
Ma certamente per raggiugere i goal della campagna “fast track” di strada ce n’è ancora molta da fare. In termini assoluti vorrebbe dire scongiurare 21 milioni di morti e 28 milioni di nuove infezioni previste da qui al 2030 e dare i farmaci ad almeno altre 22 milioni di persone che oggi non si curano.
 
Dei 36,9 milioni di malati, infatti, solo 15,8 milioni hanno accesso alle terapie e l’anno scorso nel mondo abbiamo avuto ancora 2 milioni di nuovi infetti e 1,2 milioni di morti per Aids. Senza contare che ad oggi più di 17 milioni di persone sono sieropositive senza sapere di esserlo, con tutti i rischi di trasmissione del virus che ciò comporta. Quindi bisogna agire e in fretta. Il successo dell’operazione “fast track” si gioca infatti tutto nei prossimi cinque anni, da qui al 2020, durante i quali bisogna concentrare le iniziative e attaccare frontalmente la malattia.
 
E come sempre il problema sono anche i soldi. Il gap tra le risorse che si spendono attualmente e quelle necessarie per questi primi cinque fondamentali anni di iniziative è di 9 miliardi di dollari e proprio nel 2012 si raggiungerà il picco degli investimenti necessari con un totale 31,1 miliardi di dollari che poi gradualmente dovrebbero iniziare a scendere.
 
E non c’è alternativa a questo programma. O meglio l’alternativa, avvertono gli esperti di Unaids è che se non raggiungeremo i primi target entro il 2020 l’Aids tornerà a esplodere e faremo tutti un passo indietro di almeno dieci anni.
 
Cesare Fassari
1 dicembre 2015
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