La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) è una condizione caratterizzata dall’ostruzione irreversibile del flusso dell’aria in espirazione. Il tratto patognomonico di questa condizione, che si evidenzia con la spirometria, è un rapporto FEV1/FVC (
forced expiratory volume nel primo secondo /
forced vital capacity) inferiore a 0,7 dopo somministrazione di broncodilatatori.
I fumatori presentano spesso sintomi di BPCO, quali tosse, respiro corto, espettorato; tuttavia alcuni fumatori, nonostante la presenza di questa sintomatologia caratteristica, hanno un rapporto FEV1/FVC ≥ 0,7, normale. Ma di quale patologia si tratta?
Per rispondere a questa domanda,
Prescott G. Woodruff e colleghi del gruppo di studio SPIROMICS hanno arruolato una coorte di oltre 2.736 adulti, comprendente sia ‘controlli’ non fumatori in buona salute, che fumatori (o ex fumatori) con un consumo di oltre 20 pacchetti di sigarette l’anno. I fumatori erano ulteriormente suddivisi in un gruppo con spirometria normale e un gruppo con spirometria di tipo ostruttivo. I due gruppi erano ulteriormente suddivisi in ‘sintomatici’ e ‘non sintomatici’ per BPCO. La presenza di sintomi da BPCO è stata valutata mediante il cosiddetto COPD
Assessment Test (CAT) che misura i sintomi (tosse, respiro corto, ecc) su una scala di gravità da 0 a 40. Un CAT ≥ 10 indica la presenza di sintomi da BPCO con un impatto significativo sulla qualità di vita.
I ricercatori americani hanno evidenziato che metà dei fumatori con spirometria conservata presentavano un indice CAT ≥ 10. Dopo un
follow up medio di oltre 2 anni, questo gruppo di fumatori sintomatici si è rivelato più prono a fare riacutizzazioni di BPCO, rispetto sia ai fumatori asintomatici, che al gruppo di controllo.
La conclusione degli autori è che, nonostante l’assenza dei criteri diagnostici per BPCO, c’è un gruppo di fumatori più prono alle esacerbazioni, che presenta sintomi da BPCO ed è costretto ad usare farmaci per BPCO (il 42% broncodilatatori e il 23% cortisonici inalatori) senza un’indicazione
evidence based.
Questo sembrerebbe implicare la necessità di definire una nuova entità nosologica, intermedia tra la normalità e la BPCO franca, e di organizzare dei trial clinici per valutare dei trattamenti dedicati a questa categoria di pazienti, al fine di valutare se l’assunzione di broncodilatatori e di glucocorticoidi inalatori possano alleviarne i sintomi e ridurre la frequenza di riacutizzazioni.
Questo studio – sostengono gli autori – conferma e arricchisce i risultati di studi precedenti, evidenzia che il CAT è uno strumento prezioso per individuare questa categoria di pazienti e fornisce le indicazioni sulla tipologia di patologia polmonare di cui soffrono questi fumatori ‘sintomatici’ : più una patologia delle vie aeree, che un enfisema.
I risultati di questo studio – sostengono gli autori – dimostrano anche che l’impiego della spirometria come unico criterio diagnostico per BPCO potrebbe non essere adeguato per cogliere tutto lo spettro delle malattie polmonari croniche sintomatiche correlate al fumo di sigaretta e sfatano, semmai ce ne fosse bisogno, l’esistenza del cosiddetto fumatore ‘in buona salute’.
“Questo studio – afferma in un
editoriale Leonardo Fabbri, Dipartimento di Medicina Metabolica, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – ha individuato una sindrome clinica complessa, trattata come la BPCO anche quando non è presente una vera e propria limitazione del flusso aereo, una sindrome che assomiglia molto allo scompenso cardiaco senza alterazione della frazione d’eiezione”.
Maria Rita Montebelli