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QS Edizioni - venerdì 3 maggio 2024

Scienza e Farmaci

Psichiatria. Dai “funghi magici” un aiuto per la depressione resistente

di Kate Kelland
immagine 18 maggio - La psilocibina, sostanza psicoattiva contenuta nei “funghi allucinogeni”, se usata come principio per preparazioni farmacologiche, potrebbe aiutare a curare la depressione nei casi resistente al trattamento.È quanto emerge da uno studio pilota di piccola campionatura condotto nel Regno Unito.
(Reuters Health) - Robin Carhart-Harris, che ha condotto lo studio, presso il Dipartimento di Medicina dell’Imperial College di Londra, ha sottolineato che i risultati, pubblicati online da Lancet Psychiatry, sono stati sorprendenti. Di fatto, tutti i 12 pazienti che hanno ricevuto il farmaco hanno mostrato una certa diminuzione dei sintomi di depressione per almeno tre settimane. Sette di questi hanno continuato a mostrare una risposta positiva a tre mesi. E cinque sono rimasti in remissione per oltre tre mesi. Molti dei pazienti hanno descritto il trattamento come un’esperienza profonda e positiva, e hanno mostrato un cambiamento della percezione del mondo esterno.
I funghi allucinogeni (o magici) crescono in tutto il mondo e sono stati utilizzati fin dai tempi antichi, sia a scopo ricreativo che per i riti religiosi.

Lo studio
I ricercatori britannici guidati da David Nutt, docente di psico-neurofarmacologia presso l’Imperial College, hanno voluto sperimentare se la psilocibina, già nota per la sua azione sul sistema serotoninergico, potesse aiutare i pazienti depressi non rispondenti ai trattamenti farmacologici. Dato che, come tutti gli allucinogeni, la psilocibina potrebbe dare effetti collaterali indesiderati anche gravi, gli studiosi hanno inteso verificarne la sicurezza in un ristretto gruppo di pazienti depressi che comprendeva 6 uomini e 6 donne dai 30 ai 64 anni di età. I pazienti hanno ricevuto le capsule di psilocibina nel corso di due sessioni a dosaggi diversi distanziate di 7 giorni l’una dall’altra. Durante ciascuna sessione sono state monitorate la pressione del sangue, la frequenza cardiaca e l’intensità auto-riferita degli effetti della psilocibina, e i pazienti sono stati visitati da uno psichiatra il giorno successivo e uno, due, tre, cinque settimane dopo aver ricevuto la seconda dose.

Nutt ha in conclusione confermato la sicurezza e l’efficacia della psilocibina, per questo piccolo campione di pazienti con depressione, rilevando la necessità di ulteriori studi su campioni più ampi e raccomandando un’estrema cautela nell’interpretazione dei risultati.

Fonte: Lancet Psychiatry 2016

Kate Kelland

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
18 maggio 2016
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