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QS Edizioni - lunedì 29 aprile 2024

Scienza e Farmaci

Carcinoma renale. Dissezione linfonodale non sempre utile

di David Douglas
immagine 28 ottobre - È quanto emerge da uno studio retrospettivo, pubblicato da European Urology, che ha preso in esame i dati relativi a circa 1.800 pazienti, sottoposti a nefrectomia radicale tra il 1990 e il 2010. Di questi, 606 (il 34%) sono stati sottoposti alla dissezione linfonodale. Dopo un follow-up mediano di 10,6 anni, la LND non era significativamente associata a un ridotto rischio di metastasi a distanza, di mortalità cancro-specifica o di tutte le cause di mortalità.
(Reuters Health) – Nei pazienti con carcinoma renale non metastatico, la dissezione linfonodale (LND) al momento della resezione del tumore primario sembra non conferire alcun beneficio, stando a uno studio retrospettivo pubblicato da European Urology.
 
Leibovich e colleghi, della Mayo Clinic di Rochester, hanno esaminato i dati relativi a circa 1.800 pazienti, sottoposti a nefrectomia radicale tra il 1990 e il 2010. Di questi, 606 (il 34%) sono stati sottoposti alla dissezione linfonodale.”Abbiamo valutato i nostri dati per determinare se vi fosse un sottogruppo identificabile di pazienti che ha avuto benefici, ma non siamo stati in grado di dimostrare un miglioramento nell’outcome grazie a questa tecnica”, spiega Leibovich. In particolare, dopo un follow-up mediano di 10,6 anni, la LND non era significativamente associata a un ridotto rischio di metastasi a distanza, di mortalità cancro-specifica o di tutte le cause di mortalità. Non è stata associata nemmeno a un miglioramento dei risultati oncologici tra i pazienti con maggior rischio di pN1.

Inoltre, nei pazienti sottoposti a LND, l’estensione della dissezione non è stata associata con un miglioramento della sopravvivenza. “Nonostante questo – avvertono i ricercatori – la LND può ancora giocare un ruolo nella malattia e, in particolare, non è stata associata con un aumento della morbilità”. Come sottolinea Leibovich, “anche se questo dato implica che i nostri pazienti non ne possono beneficiare da un punto di vista oncologico, in alcune circostanze ci può essere qualche beneficio in chiave prognostica. Dobbiamo anche riconoscere che si tratta di dati retrospettivi e speriamo che altri siano in grado di eseguire studi analoghi per verificare o confutare i nostri risultati”.
 
Fonte: Eur Urol 2016
 
David Douglas
 
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
28 ottobre 2016
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