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QS Edizioni - mercoledì 1 maggio 2024

Scienza e Farmaci

Fibrillazione atriale. Dabigatran abbatte mortalità ed emorragie rispetto a rivaroxaban

immagine 11 gennaio - Il tasso di mortalità sarebbe raddoppiato tra i pazienti che utilizzano rivaroxaban rispetto a dabigatran. Inoltre, rivaroxaban aumenterebbe anche il rischio di emorragie. A dimostrarlo uno studio che confronta rivaroxaban con warfarin e dabigatran.
La somministrazione di rivaroxaban per prevenire l'ictus nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare sarebbe efficace, ma aumenterebbe del doppio il rischio di mortalità rispetto a dabigatran, oltre a incrementare il rischio di emorragie. Lo afferma uno studio condotto su un largo numero di pazienti che ha messo a confronto rivaroxaban con l'anticoagulante tradizionale warfarin e con il primo tra i Nuovi Anticoagulanti Orali (NOA) in commercio, il dabigatran. La ricerca, coordinata da Anders Gorst-Rasmussen, del Dipartimento di Biostatistica e Bioinformatica Clinica dell'Aalborg University Hospital (Danimarca), è stata pubblicata su Pharmacoepidemiology and Drug Safety.

Per lo studio, i ricercatori hanno preso in considerazione i dati provenienti da tre registri nazionali danesi. In particolare, in un periodo compreso tra febbraio 2012 e fine luglio 2014, sono stati valutati tutti i pazienti con una diagnosi di fibrillazione atriale trattati con rivaroxaban, alla dose di 15 mg (gruppo R15) o di 20 mg (gruppo R20), dabigatran, alla dose di 110 mg (gruppo D110) o 150 mg (gruppo D150), o warfarin. Da questi gruppi sono stati quindi esclusi i pazienti che avevano assunto anticoagulanti nei due anni precedenti l'inizio dello studio, quelli che avevano avuto una diagnosi di tromboembolia venosa o di stenosi mitrale e quelli che avevano subito un intervento chirurgico valvolare.

Come endpoint primari, Gorst-Rasmussen e colleghi hanno valutato i casi di ictus ischemico/embolia sistemica/attacco ischemico transitorio (TIA), ogni tipo di emorragia (intracranica, gastrointestinale, maggiore) e qualsiasi causa di morte. Mentre gli endopoint secondari sono stati, invece, emorragia intracranica, emorragia gastrointestinale, infarto del miocardio e tromboembolia venosa.

I pazienti, complessivamente 22.358, erano così distribuiti: 2.405 (10,8%) rientravano nella terapia con rivaroxaban, 8.908 (39,8%) assumevano dabigatran e 11.045 (49,4%) erano trattati con warfarin. I pazienti sono stati tenuti sotto controllo per una media di 1,08 anni. Considerando i dati grezzi, gli episodi di emorragie sono stati maggiori tra i pazienti trattati con rivaroxaban, con un picco del 6% annuo nel gruppo R15, un 5,2% annuo del gruppo R20 rispetto ad un 2,2% annuo di D150. La mortalità tra le persone in terapia con rivaroxaban, infine, sarebbe stata doppia rispetto alle persone che assumevano dabigatran, passando da 25,7% nel gruppo R15 a 12,6% nel D110 e da 8,4% nel gruppo R20 al 2,5% del gruppo D150.

Quando i risultati venivano 'aggiustati' secondo il propensity score, rendendo così il dato paragonabile e solido, il confronto tra rivaroxaban e warfarin mostrava che, per quanto riguarda il rischio di ictus e di emorragie, non ci sarebbero differenze tra i due, confermando i dati del Roket- AF, il profilo di rivaroxaban sarebbe paragonabile a quello del warfarin. Quando, invece, i ricercatori hanno paragonato i risultati di rivaroxaban rispetto a dabigatran, hanno trovato che il numero di morti per tutte le cause era maggiore nel gruppo R15 rispetto a D110 e nel gruppo R20 rispetto a D150. E mentre le quote di ictus erano paragonabili tra i diversi gruppi, le emorragie erano significativamente maggiori nel gruppo R20 rispetto a D150.

I non-antagonisti della vitamina K, o Nuovi Anticoagulanti Orali (NOA), stanno sempre più prendendo piede nel trattamento del paziente con fibrillazione atriale non valvolare, per la prevenzione dell'ictus. Il primo di questi farmaci ad entrare in commercio è stato dabigatran, per il quale altri studi osservazionali e tutti, indipendentemente dalla provenienza, hanno confermato i risultati dei trial clinici, ovvero che questo medicinale sarebbe sicuro e con effetti collaterali di emorragie inferiori al warfarin.  Mentre sono pochi gli studi su rivaroxaban, almeno su grandi popolazioni di pazienti.

Con diverse possibilità terapeutiche in commercio, secondo gli autori è importante fare chiarezza, per aiutare il medico nella scelta di quale tra i NOA disponibili è il più adatto, e più sicuro per i pazienti. Dal momento che i NOA vengono sempre più utilizzati nella pratica clinica, negli ultimi anni ad aumentare ancora di più il profilo di sicurezza ci sono gli antidoti. In particolare, è disponibile, da quest'anno, idarucizumab, che antagonizza l'inibizione diretta della trombina di dabigatran rendendo di fatto sicure anche le situazioni di emergenza urgenza che dovessero incorrere nella vita del paziente.  Mentre è ancora in fase di studio l'antidoto per gli inibitori del fattore X della coagulazione come il rivaroxaban.

Fonte: Pharmacoepidemiology and Drug Safety 2016 Nov.
11 gennaio 2017
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