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QS Edizioni - sabato 4 maggio 2024

Scienza e Farmaci

Un micro-laboratorio portatile per diagnosticare la sepsi su una goccia di sangue

di Maria Rita Montebelli
immagine 4 luglio - Messo a punto dai bioingegneri e dagli intensivisti dell’Università dell’Illinois uno strumento del tipo lab-on-a-chip che consentirà di scoprire la presenza di una sepsi, ben prima del risultato delle emocolture. Il razionale dell’innovativo strumento si basa sul monitoraggio della risposta immunitaria del paziente e può fornire peraltro informazioni non solo diagnostiche ma anche prognostiche. 
Diagnosticare la sepsi da una goccia di sangue, direttamente al letto del paziente. È la nuova proposta, affidata ad un device portatile, messo a punto da un tema di ricercatori dell’Università dell’Illinois e dal Carle Foundation Hospital in Urbana, Illinois che hanno già sottoposto l’apparecchio ad una serie di verifiche cliniche. La ricerca è pubblicata su Nature Communications.

I vantaggi di un device di questa natura sono molteplici: può aiutare ad individuare la presenza di una sepsi dall’inizio, aiuta a monitorare l’andamento dei pazienti e a formulare una prognosi.

La sepsi è una patologia sistemica derivata da un’infezione a carico di un organo e il sistema immunitario dell’organismo reagisce rilasciando mediatori chimici per combattere l’infezione, ma che hanno lo svantaggio di poter determinare un’infiammazione sistemica che può condurre rapidamente a insufficienza d’organo e a morte.
Questa condizione può arrivare ad interessare fino a un paziente su 5 di quelli ricoverati nelle unità di terapia intensiva degli ospedali; “tuttavia – ammette Karen White, intensivista presso il Carle Foundation Hospital e coautrice dello studio sul versante clinico - può risultare ancora difficile prevedere in anticipo l’entità della risposta infiammatoria così da scongiurare in tempo l’insufficienza d’organo. La sepsi è uno dei problemi più seri e potenzialmente fatali in terapia intensiva. Può diventare rapidamente mortale. Per questo, un test point-of-care da effettuare al letto del paziente che ci consenta di monitorare lo stato infiammatorio del paziente in tempo reale sarebbe di enorme aiuto per trattare più tempestivamente questa condizione e con maggior accuratezza”.

Attualmente è il monitoraggio dei segni vitali del paziente che indirizza verso il sospetto clinico della presenza della sepsi; di fronte a questo sospetto, il medico richiede delle emocolture (la cui risposta può richiedere giorni) e altri test. Ma la sepsi spesso non concede tutto questo tempo al paziente. Problemi questi che potrebbero essere superati grazie al nuovo device, che è in ulteriore fase di miglioramento grazie all’incorporazione di altre misure di biomarcatori dell’infiammazione.

“Vogliamo spostare indietro le lancette dell’orologio della diagnosi – ammette Rashid Bashir,  professore di bioingegneria all’Università dell’Illinois e  vice preside ad interim del  Carle Illinois College of Medicine –  con questo strumento, attraverso il quale ci focalizziamo più sulla risposta immunitaria, che sulla ricerca della fonte dell’infezione; il sistema immunitario di una persona può rispondere diversamente da quello di un’altra alla stessa infezione e a volte risponde prima ancora che l’infezione sia riconoscibile. Questo test rappresenta dunque un utile complemento all’indagine colturale. C’è bisogno di entrambi gli approcci: scoprire il patogeno alla base della sepsi ovviamente ma anche monitorare la risposta immunitaria.”

 
Il device messo a punto dai ricercatori americani è un lab-on-chip (laboratorio su un chip) che misura la conta dei globuli bianchi, la percentuale dei neutrofili, i livelli di CD64 (proteina presente sulla superficie dei neutrofili che aumenta quando la risposta immunitaria del paziente monta). I test clinici condotti finora presso la terapia intensiva del Carle Hospital hanno mostrato una buona correlazione con i risultati dei test tradizionali e con i segni vitali del paziente.. La speranza è inoltre che questa nuova tecnologia non fornisca solo informazioni di diagnosi precoce ma anche sulla prognosi del paziente. Ma per questo c’è ancora tempo e lavoro da fare.

“La grande sfida della sepsi – conclude Bashir – è che nessuno sa quando si svilupperà l’infezione. Normalmente le persone arrivano in ospedale quando stanno già male. L’obiettivo è che questo test possa essere fatto un giorno direttamente a casa, per individuare l’infezione al più presto possibile”.

Maria Rita Montebelli
4 luglio 2017
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