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QS Edizioni - giovedì 2 maggio 2024

Scienza e Farmaci

Malattia infiammatoria cronica intestinale. Vedolizumab compatibile con allattamento

di Reuters Staff
immagine 14 settembre - Le donne incinte affette da una malattia infiammatoria cronica intestinale che assumono il farmaco biologico e desiderano allattare i neonati possono stare tranquille. I risultati dello studio pubblicato sul Journal of Crohn's and Colitis
(Reuters Health) – Nel latte materno delle pazienti affette da malattia infiammatoria cronica intestinale (IBD) e trattate con vedolizumab, le concentrazioni di farmaco rilevate sono minime e non tali da indurre problemi al sistema immunitario del lattante. A rivelarlo uno studio realizzato dai ricercatori dell’Università di Tel Aviv e pubblicato sul Journal of Crohn's and Colitis.

La premessa
Ad oggi l'allattamento al seno, nelle donne con Ibd, è tipicamente sostenuto e numerosi studi sulle neomamme in trattamento con infliximab, adalimumab e natalizumab hanno dimostrato che l'assunzione di questi farmaci durante l'allattamento non ha effetti negativi sullo sviluppo dei neonati, spiegano i ricercatori. In questo nuovo studio, “abbiamo visto che le concentrazioni di vedolizumab nel latte materno sono minime e pertanto non sarebbero in grado di indurre la soppressione immunitaria sistemica o gastrointestinale del neonato”, afferma Adi Lahat dell’Università di Tel Aviv.

Lo studio
I ricercatori hanno reclutato 8 pazienti affette da Ibd subito dopo il parto. Di queste, 5 stavano assumendo vedolizumab quando sono rimaste incinte e 3 hanno iniziato ad assumere il farmaco dopo che avevano cominciato ad allattare al seno. Tutte e cinque le donne che stavano già assumendo vedolizumab presentavano tracce del farmaco nel loro latte, con concentrazioni massime di 478 ng/ml, molto più basse di quelli sierici (fino a 18.000 mg/ml). Il momento in cui il farmaco biologico aveva raggiunto il picco di concentrazione nel latte materno era 3-4 giorni dopo l’infusione, per poi diminuire gradualmente. I neonati delle pazienti affette IBD sono stati seguiti fino a 10 mesi, e i ricercatori non hanno rilevato nei bimbi né problemi gastrointestinali, né altre infezioni, né alterazioni dello sviluppo.

“Il livello di farmaco nel latte materno è minimo ed è ancora minore nel siero – hanno scritto Lahat e colleghi – queste minime concentrazioni, inoltre, possono venire ulteriormente degradate dall’attività intestinale proteolitica del neonato e quindi avere un effetto trascurabile sul sistema immunitario infantile. Naturalmente occorrono ulteriori studi per capire a fondo gli eventuali effetti sistemici dell’assunzione orale di vedolizumab sul neonato allattato”.

Fonte: Journal Crohn's and Colitis

Reuters Staff

(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)
14 settembre 2017
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