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QS Edizioni - domenica 19 maggio 2024

Scienza e Farmaci

Depressione. Un'analisi del sangue per capire se il farmaco funzionerà sul paziente

immagine 18 dicembre - Non sempre i medicinali scelti per curare una particolare forma di depressione su un paziente funzionano. Ma secondo alcuni ricercatori statunitensi per capire se un medicinale sarà efficace basta cercare la proteina VEGF nel sangue dei malati.
Circa il 60% delle persone depresse non risponde a pieno al primo farmaco che viene loro prescritto. Per questo, i medici sono spesso costretti a cambiare ai pazienti diversi medicinali prima di trovare quello che funzionerà. Ma alcuni ricercatori del Loyola University Medical Center potrebbero aver trovato il modo di prevedere se un particolare farmaco funzionerà su ogni persona: il metodo, presentato al meeting annuale della Society of Biological Psychiatry, si basa sullo studio di una proteina chiamata vascular endothelial growth factor (VEGF).
 
La ricerca.
Lo studio ha dimostrato che tra le 35 persone affette da gravi forme di depressione coinvolte nello studio, la risposta ad un particolare farmaco poteva differire molto. In particolare, tra quelle che presentavano nel sangue livelli più alti della proteina VEGF, più dell’85% vedevano su di loro funzionare bene il farmaco escitalopram, mentre – al contrario – meno del 10% di pazienti con percentuali basse della molecola rispondevano al medicinale.
Una delle spiegazioni plausibili era che i cosiddetti antidepressivi che fanno parte della classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI - come appunto il farmaco impiegato nello studio), potessero rigenerare parte delle cellule cerebrali che in alcune zone specifiche del cervello dei pazienti depressi risultavano atrofizzate. Questa rigenerazione è però veicolata proprio dalla proteina VEGF, che dunque in un certo senso rende possibile l’azione del farmaco.
 
L’uso clinico.
La molecola, che stimola la crescita dei vasi sanguigni ma è coinvolta anche in altre maniere al mantenimento delle cellule cerebrali sane e attive, sembra dunque essere collegata all’efficacia degli antidepressivi. “Se il risultato si rivelasse corretto, avremmo per la prima volta modo di predire la risposta ai farmaci contro questa terribile malattia psichiatrica”, ha spiegato Angelos Halaris, coordinatore dello studio. “Sarebbe dunque di grande beneficio per la cura dei nostri pazienti, perché potremmo trovare subito il medicinale giusto”, ha continuato. Una volta calcolati i livelli di VEGF nel sangue i medici potrebbero infatti decidere se usare i farmaci SSRI, oppure provarne direttamente altri.
“Al momento analisi del sangue che verifichino la concentrazione della molecola sono abbastanza costosi, perché condotti sul singolo paziente”, spiegano i ricercatori. “Se invece il test VEFG fosse fatto di routine si abbatterebbero anche i costi”.
18 dicembre 2011
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