Il pensiero dello strabismo, evoca in genere una problematica oftalmologica, di grado più o meno accentuato. A voler essere clementi, nel gioco delle associazioni delle idee, l’unica immagine positiva evocata dal nome, è quella dello strabismo di Venere, ma null’altro. Null’altro fino ad oggi perché adesso, un articolo pubblicato su
JAMA Ophtalmology rivela uno scenario inedito sul genio assoluto di Leonardo da Vinci. E a contribuire almeno in parte alla genialità delle sue rappresentazioni artistiche potrebbe essere stato appunto una forma particolare di strabismo, l’exotropia.
Lo studio, condotto da
Christopher W. Tyler e colleghi, della Divisione Optometria e Scienze della Visione, School of Health Sciences, City University di Londra, è stato ispirato dalla visione di due sculture, due dipinti ad olio e due disegni attribuiti a questo immenso artista-scienziato rinascimentale. In queste opere, è perfettamente riconoscibile la direzione dello sguardo di ogni occhio e nella maggior parte dei casi questa è compatibile con uno strabismo divergente (exotropia) con un angolo di -10,3°. Più in dettaglio l’angolo in questione è risultato di −13.2° nel
David, di −8.6° nel
Salvator Mundi, di −9.1° nel
Giovane Giovanni Battista, di −12.5° nel
Giovane Guerriero, di 5.9° nell’
Uomo Vitruviano e di −8.3° in un auto-ritratto dell’artista da anziano.
La presenza di exotropia, soprattutto nella forma intermettente, potrebbe aver contribuito secondo gli autori dello studio all’incredibile abilità mostrata da Leonardo di ‘catturare’ lo spazio sulla tela, cioè di dare l’impressione di una tridimensionalità su una superficie piatta. Questo difetto avrebbe infatti permesso all’artista, secondo gli autori dello studio di passare rapidamente alla visione monoculare e questo spiegherebbe la grande facilità con la quale Leonardo dipingeva volti e oggetti in 3D, oltre alla profondità delle scene di paesaggio sullo sfondo dei suoi quadri.
Leonardo non sarebbe stato l’unico artista a soffrire di strabismo. Studi condotti in passato hanno rintracciato questo ‘difetto’ in artisti del calibro di Rembrandt, Albrecht Dürer, Giovanni Francesco Barbieri (detto tra l’altro il ‘Guercino’) e , in epoca più recente, a Edgar Degas e a Pablo Picasso. La visione monoculare bidimensionale secondo gli autori di questo studio potrebbe insomma dare una mano al genio indiscusso di questi artisti.
Maria Rita Montebelli