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QS Edizioni - venerdì 3 maggio 2024

Scienza e Farmaci

L’Oms contro i videogiochi: “Rischiosi per la salute”. E le lobby dei videogame corrono a Ginevra per cercare un compromesso

di Tom Miles e Robin Pomeroy
immagine 11 gennaio - L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito il gaming disorder, il disturbo compulsivo da gioco, nella lista dei problemi di salute. I produttori di videogiochi vorrebbero attenuare questa definizione, già accolta dai Governi, per evitare conseguenze sul piano sanitario e assicurativo
(Reuters Health) – I videogiochi sono avvincenti, ma usarli troppo può rappresentare una condizione di interesse medico? L’industria sta cercando di evitare che la definizione di “gaming disorder” diventi un disturbo formalmente riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
 
L’Oms infatti ha già inserito nel 2018 il “gaming disorder” nella lista dei problemi di salute; una decisione che i Governi hanno approvato a maggio scorso e che potrebbe avere potenziali impatti, ad esempio, sulle politiche sanitarie e assicurative.

Il mese scorso, la lobby statunitense dell’industria del gioco ha discusso la questione con i funzionari dell’Oms a Ginevra. “La nostra speranza è che attraverso il dialogo continuo possiamo aiutare l’Oms a evitare azioni affrettate ed errori che potrebbero richiedere anni per essere corretti”, ha dichiarato il responsabile della Entertainment Software Association (ESa), Stanley Pierre-Louis.

L’ESA ha chiesto “più dialogo ed educazione” prima che qualsiasi classificazione sia finalizzata. Per l’Oms si parla di disturbo quando il gioco prende il sopravvento sulle vite delle persone per un anno o più a scapito di altre attività e nonostante il verificarsi di conseguenze negative. L’Agenzia delle Nazioni ha programmato un altro incontro con l’industria dei produttori dei giochi per valutare attentamente la situazione. I Governi membri dell’Oms dovrebbero iniziare a riferire sui disordini da gioco dal 2022 per consentire all’Oms di tenerne traccia nelle statistiche sanitarie globali.

Fonte: Reuters Health News
 
Tom Miles e Robin Pomeroy
 
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
11 gennaio 2019
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