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QS Edizioni - domenica 5 maggio 2024

Scienza e Farmaci

Aspirina in prevenzione primaria: un salvavita per molti, un rischio (di emorragia) per molti altri. Prescrizione valuti rischi e benefici

di Maria Rita Montebelli
immagine 24 gennaio - Jama di questa settimana pubblica una metanalisi di 13 trial  su oltre 164 mila partecipanti, senza precedenti patologie cardiovascolari, trattati con aspirina in prevenzione primaria. L’impiego del farmaco è risultato associato ad un minor rischio (- 11%) di eventi cardiovascolari (mortalità cardiovascolare, infarto miocardico non fatale, ictus non fatale), ma anche ad un aumentato rischio (+ 43%) di sanguinamenti maggiori. Gli esperti suggeriscono di utilizzare l’aspirina in prevenzione primaria solo dopo averne attentamente soppesato rischi e benefici nel singolo paziente
Il ruolo dell’aspirina in prevenzione primaria è a tutt’oggi assai controverso, perché i vantaggi potenziali di questo trattamento preventivo si vanno ad infrangere contro il rischio emorragico. Per andare a valutare in dettaglio i pro e i contro di questa strategia di prevenzione cardiovascolare primaria, Sean L. Zheng  dell’Imperial College di Londra e Alistair J. Roddick del King’s College di Londra sono andati ad esaminare quanto pubblicato in letteratura sull’argomento fino al 1° novembre 2018, realizzando una metanalisi su 13 studi, con 164.225 partecipanti e oltre un milione di anni-partecipante di follow-up.
 
La metanalisi su aspirina in prevenzione primaria su Jama
L’endpoint primario composito dello studio  era rappresentato da mortalità cardiovascolare, infarto del miocardio non fatale, ictus non fatale.  L’endpoint primario emorragico era rappresentato da qualsiasi forma di sanguinamento maggiore.
 
L’età media dei soggetti arruolati in questi studi era di 62 anni, il 47% era di maschile, il 19% affetto da diabete e il rischio mediano al basale del’endpoint cardiovascolare primario era del 9,2%.
 
L’assunzione di aspirina ha comportato riduzioni significative dell’endpoint cardiovascolare rispetto a chi non assumeva il farmaco (HR 0,89, riduzione assoluta del rischio 0,38%, NNT 265).
L’impiego di aspirina è tuttavia risultato associato anche ad un aumentato rischio di sanguinamenti maggiori, rispetto ai non trattati (HR 1,43, aumento assoluto del rischio 0,47%, NNH 210).
L’impiego di aspirina in prevenzione primaria è risultato inoltre associato ad una riduzione del 15% un rischio di infarto e del 19% del rischio di ictus.
 
Aspirina in prevenzione primaria: va decisa paziente per paziente
Questa metanalisi ha vari punti deboli, quali la posologia disomogenea dell’aspirina, che, a seconda dello studio considerato andava da 50 a 500 mg (mentre in ambito di prevenzione cardiovascolare la posologia abituale è in genere di 100 mg), ma i suoi risultati rinforzano il concetto che la somministrazione di questo farmaco in prevenzione primaria va attentamente ponderata dal medico e discussa con i pazienti, toccando in maniera esaustiva tutti i suoi benefici, ma anche i possibili rischi.
 
“Questi risultati – commenta Zheng - dimostrano che l’aspirina in prevenzione primaria produce benefici cardiovascolari, ma che questi vanno di pari passo con un aumentato rischio di sanguinamenti. Questo mette in serio dubbio la pratica clinica di somministrare aspirina a soggetti che non abbiano precedenti cardiovascolari, con l’intento di ridurre il loro futuro rischio di infarto o di ictus.”
 
Gli autori concludono dunque che l’uso di aspirina, nei soggetti senza patologie cardiovascolari precedenti, si associa ad un minor rischio di futuri eventi cardiovascolari, ma anche ad un aumentato rischio di sanguinamento.
 
Cosa dicono le linee guida internazionali sull’aspirina in prevenzione primaria
Le linee guida internazionali sull’uso dell’aspirina in prevenzione primaria hanno già ben incorporato la necessità di bilanciare i benefici con i rischi di questa strategia preventiva. Per i soggetti anziani, ad aumentato rischio di sanguinamento, ad esempio, il gioco potrebbe non valere la candela insomma. Viceversa, nei soggetti più giovani, appartenenti alla fascia tra i 50 e i 59 anni, la U.S. Preventive Service Task Force (USPSTF) raccomanda l’assunzione di aspirina solo nei soggetti che abbiano un rischio di presentare un infarto o un ictus nell’arco dei successivi 10 anni, pari ad almeno il 10% e che non siano ad aumentato rischio di sanguinamento.
 
Il parere di un grande esperto
“I medici – afferma Michael J. Gaziano (Division of Aging Brigham and Women’s Hospital, Boston, Usa- in un editoriale d’accompagnamento alla metanalisi, devono prendere in attenta considerazione altri interventi preventivi in aggiunta all’aspirina, quali smettere di fumare, tenere sotto controllo la pressione e i livelli di colesterolo, al fine di ridurre il rischio cardiovascolare. Viceversa, in quelle parti del mondo che stanno vedendo un progressivo aumento del rischio cardiovascolare e dove strategie preventive quali le statine non sono facilmente disponibili, l’impiego dell’aspirina, come strategia di prevenzione low-cost potrebbe giocare un ruolo più importante.
Di certo, l’aspirina resta un farmaco fondamentale per il trattamento acuto degli eventi vascolari o per l’impiego dopo alcune procedure e, naturalmente, in prevenzione secondaria. Dopo un’attenta selezione dei pazienti potrebbe tuttavia avere un suo importante ruolo anche in prevenzione primaria.”
 
Maria Rita Montebelli
24 gennaio 2019
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