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QS Edizioni - giovedì 2 maggio 2024

Scienza e Farmaci

Coronavirus. Test per tutti i malati oncologici polmonari, alla diagnosi e durante il successivo trattamento

immagine 17 aprile - È quanto chiede in una lettera aperta al ministero della Salute l’organizzazione Alcase Italia Odv (Alliance for Lung Cancer Advocacy, Support and Education): “Chi ha un cancro del polmone non ha soltanto il rischio di avere una forma più severa o addirittura letale di COVID-19, ma ha anche quello di subire decisioni terapeutiche incerte. Va quindi protetto”
“Emanazione di disposizioni immediate affinché siano sottoposti a test diagnostici per il Covid-19 tutti i malati oncologici polmonari, alla diagnosi e durante il successivo trattamento - se ritenuto clinicamente opportuno - indipendentemente dalla regione e dalla località in cui essi risiedono. Disposizioni che devono essere diffuse, nel più breve tempo possibile ed in modo capillare, alle Aziende Sanitarie Locali su tutto il territorio nazionale”.
È quanto chiede in una lettera aperta al ministero della Salute Roberto Speranza, l’organizzazione Alcase Italia Odv un’alleanza per la lotta al cancro del polmone, attraverso la difesa dei diritti delle persone ammalate, il loro supporto materiale e morale, e l’informazione a 360° sulla malattia.
 
“Come ben sappiamo, anche grazie alle chiare indicazioni del prof. Locatelli – scrive Alcase – particolare attenzione va posta ai pazienti sottoposti a trattamento chirurgico per tumori a localizzazione polmonare, con trattamento che abbia comportato un sacrificio parziale o totale di parenchima polmonare. Ma non solo le persone sottoposte a un pregresso intervento di resezione polmonare per cancro al polmone sono particolarmente a rischio. Lo sono anche (forse ancora di più) quelle che convivono con un tumore al polmone che non è più operabile (e magari sottoposte a terapie immunodepressive). In questo caso, il tumore, una massa estranea che sostituisce il normale parenchima polmonare, può comportare importanti riduzioni della ventilazione e collassi periferici dello stesso e può determinare un alto rischio di infezione per le frequenti ostruzioni bronchiali associate. Anche in questo caso, dunque, è assai alto il rischio di morte per infezione da Covid 19 che andrebbe a colpire un organo già gravemente minato dal tumore.
 
Un altro, nuovo, rilevante problema nella gestione globale di questi malati è stato recentemente posto all’attenzione della comunità scientifica mondiale da parte di un gruppo di valorosi scienziati italiani e ripreso dalla Fondazione Veronesi. Si tratta della assoluta similarità dei sintomi clinici, e soprattutto radiologici, del cancro del polmone e di molte delle sue terapie (a cominciare dalla immunoterapia) con l’infezione da Covid-19. Ciò rende massimamente incerta la decisione su quale sia il trattamento più opportuno per ogni singolo paziente e spinge i succitati ricercatori a dichiarare, testualmente: “Da un punto di vista pratico, sembra ragionevole suggerire che i pazienti con carcinoma polmonare siano sottoposti a test sistematici per Sars-CoV-2 all'inizio del trattamento e ogni qualvolta sia ritenuto necessario dal medico curante nel corso della terapia”.

“La mia richiesta è motivata dal caso di una paziente di cancro del polmone sottoposta a lobectomia, la quale da 10 giorni evidenziava sintomi riconducibili ad un possibile contagio da Covid-19 – ha spiegato Dea Anna Gatta, Presidente dell’Odv – la signora in questione, che si era subito auto isolata in una stanza di casa, vivendo con il figlio, contattava il medico di base che richiedeva un tampone, con urgenza, presso l’Asl di competenza, la cui esecuzione però veniva per lungo tempo ostacolata, quasi fosse una pretesa irragionevole ed immotivata ogni anno quasi 40mila nostri concittadini si ammalano di cancro del polmone e molti di essi ne moriranno.”

“Sono cifre enormi che fanno poco rumore – ha aggiunto Buccheri, Direttore Medico di Alcase - soprattutto ora, che tanti nostri concittadini muoiono di Coronavirus. Ma il fatto è che chi ha un cancro del polmone non ha soltanto il rischio di avere una forma più severa o addirittura letale di COVID-19, ma ha anche quello di subire decisioni terapeutiche incerte, non potendosi escludere la super-infezione virale. Dare attenzione ai più fragili esprime la civiltà di una comunità... e noi intendiamo stimolare tutti perché la nostra comunità di Italiani lo sia a pieno titolo”.
 
17 aprile 2020
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