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QS Edizioni - lunedì 29 aprile 2024

Intervista a Marina Davoli (Agenas): “Ecco perché il PNE non produce classifiche”

20 ottobre - Il direttore scientifico del PNE di Agenas fa il punto sulla nuova edizione 2014 e spiega perché “se si guardano i dati del PNE come classifiche si possono fare danni, ma soprattutto si sbaglia”. E poi traccia gli obiettivi del futuro: dall’interconnessione dei sistemi informativi, alla integrazione delle informazioni della scheda di dimissione ospedaliera, tra cui i dati dei singoli operatori, ma soprattutto il bisogno di investire sulla qualità dei sistemi informativi sanitari e di intensificare le attività di audit. “Fare una  graduatoria degli ospedali non ha senso perché non tutti fanno le stesse cose e nessun ospedale va male in tutto o bene in tutto”. Parole di  Marina Davoli, direttore scientifico PNE di Agenas e Direttore Dipartimento Epidemiologia del S.S.R. Regione Lazio Centro Operativo P.N.E., che in questa intervista ribadisce che i dati del PNE “sono segnali di allerta, di supporto alle Regioni e alle aziende per avviare i processi di audit”. In ogni caso per Davoli i numeri mostrano ancora una forte “eterogeneità sia tra le diverse Regioni, ma soprattutto all’interno delle stesse”.
 
 
Direttore, perché il PNE non produce classifiche?
Se si guardano i dati del PNE come classifiche si possono fare danni, ma soprattutto si sbaglia. Ogni indicatore ha peso, rilevanza e significato differente. Fare una  graduatoria degli ospedali non ha senso perché non tutti fanno le stesse cose. Lo stesso vale per le regioni perché non è possibile combinare i singoli indicatori in un unico indicatore sintetico, vorrebbe dire dare lo stesso peso ad indicatori diversi, per esempio alla mortalità a 30 giorni dopo ricovero per infarto acuto del miocardio e alla proporzione di interventi di colecistectomia con degenza superiore a 3 giorni. Inoltre una media regionale nasconde la grande variabilità che si osserva all’interno della stessa regione. Anche una classifica basata su un indicatore specifico non ha senso, perché, in primis, bisogna escludere che non ci siano problemi di qualità dei dati, come abbiamo verificato in molti casi nel passato, poi perché ogni indicatore ha razionale e significato differente. Le faccio l’esempio dell’infarto. Potremmo avere esiti negativi in una struttura solo perché funziona bene il sistema dell’ emergenza e quindi arrivano in ospedale solo i casi più gravi che hanno a priori un rischio di mortalità più alta. Insomma, le ripeto, il confronto deve essere specifico per ogni indicatore e tenere conto dei possibili errori attribuibili alla qualità dei dati.
 
 
A cosa serve il PNE?
I dati del PNE sono segnali di allerta, di supporto alle Regioni e alle aziende per avviare i processi di audit  sulla qualità dei dati, clinici e organizzativi, finalizzati al miglioramento dell’efficacia e dell’equità del SSN. Gli audit sono utili e necessari, anche per le strutture che hanno esiti favorevoli, sia perché anche in questi casi possono esserci degli errori sia per individuare esempi di buone pratiche.
 
 
Quali sono le novità principali di questa nuova edizione?
La più importante novità è quella degli ‘Strumenti per Audit’. Nel 2013 PNE ha promosso attività di audit sulle strutture con mortalità a 30 giorni dopo ricovero per infarto acuto del miocardio o troppo elevata o troppo bassa rispetto alle evidenze scientifiche disponibili. Questa attività di audit ha messo in evidenza numerosi problemi di qualità dei dati del sistema informativo ospedaliero. Si sono verificati problemi persino nella più banale codifica del nome della struttura, per cui si sono attribuiti casi di infarto ad un ospedale che non esisteva più. Inoltre si sono verificati problemi anche nella codifica delle comorbidità utilizzate per stimare i tassi aggiustati di alcuni indicatori tra cui la proporzione di parti cesarei primari. Gli stessi problemi li abbiamo riscontrati anche quest’anno, ma abbiamo anticipato la segnalazione delle strutture su cui effettuare l’audit già nella fase di preview del sito riservata alle Regioni. Nel 2014 l’attività di audit è prevista per tutti gli indicatori per i quali esistono forti evidenze scientifiche di una relazione con la qualità delle cure erogate, ma la cui interpretazione dipende dalla qualità dei dati utilizzati per l’elaborazione. In questa sezione sono forniti gli elenchi delle strutture da sottoporre al processo di audit sulla qualità dei dati. Un’altra novità è la sezione dedicata alle “Sperimentazioni regionali”, dove saranno inseriti i link ai programmi regionali di valutazione di esito, quando disponibili, e gli indicatori di assistenza territoriale che possono essere calcolati a livello regionale con i sistemi informativi che purtroppo, ancora oggi a distanza di due anni dall’approvazione della norma che ne prevede la disponibilità a livello nazionale, non sono ancora disponibili. La sezione ‘Emergenza-Urgenza’ è ancora una sezione incompleta, perché purtroppo la copertura nazionale del sistema dell’emergenza non è totale. Per le regioni che hanno copertura completa, si potranno calcolare alcuni indicatori a partire non solo dal momento del ricovero, ma già dall’accesso al pronto soccorso. Il sito verrà aggiornato man mano che saranno disponibili nuove informazioni.
 
Dai numeri, che quadro emerge del nostro Ssn?
La fotografia mostra un’estrema eterogeneità sia dal punto di vista della qualità dei dati sia per quanto riguarda i risultati. Ci sono diversità tra le Regioni, ma anche dentro le Regioni stesse, tra le aziende e ospedali stessi. In alcune aree si è visto che i miglioramenti possono essere molto rilevanti e anche rapidi, vedi il caso del femore, in altri casi la strada da fare è ancora lunga, vedi i parti cesarei. Una delle criticità maggiori resta l’estrema frammentazione dei volumi di attività non solo tra strutture ma anche all’interno della struttura, per unità operativa.
 
Per quanto riguarda il futuro state lavorando su altri aspetti?
Da due anni, come previsto dalla normativa nazionale, attendiamo le integrazioni delle SDO per valutare l’attività a livello di unità di cura complesse, di singola specialità e di singoli operatori, poi c’è tutta la questione dell’interconnessione dei sistemi informativi, farmaceutica,specialistica, ecc… che permetterebbe di estendere la valutazione dell’assistenza territoriale. Abbiamo bisogno di un programma nazionale di miglioramento della qualità dei sistemi informativi e che i sistemi informativi sanitari seguano i cambiamenti organizzativi del sistema in corso (case della salute, intensità di cura, ecc..) altrimenti rischiamo di misurare solo parti incomplete dell’offerta sanitaria e produrre misure distorte. L’impegno attuale è nella intensificazione delle attività di audit e in una forte collaborazione con i professionisti e le società scientifiche a cui abbiamo chiesto di contribuire alla produzione di linee guida per la codifica. 
20 ottobre 2014
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