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QS Edizioni - martedì 14 maggio 2024

Invecchiamento. Alleva (Istat): "Rivoluzione grigia pone sfide globali dal punto di vista economico, sociale e culturale"

di Attilia Burke
26 settembre - Anziano, con un elevato rischio di soffrire di malattie croniche e o multicronicità, con un buona pensione che lo posiziona in una fascia di reddito medio-alta rispetto al resto della popolazione.
 
Questo l'identikit dell'italiano “medio” nel 2017: a definirlo sono i dati dell'Istituto nazionale di statistica (Istat) presentati oggi a Roma dal presidente dell'Istituto Giorgio Alleva, durante un incontro promosso da Federsanità, che ha voluto sottolineare come, di fronte all'invecchiamento della popolazione e alle marcate disuguaglianze presenti sul territorio “aumenti lo sforzo da fare a vari livelli per garantire un accesso ai servizi sanitari omogeneo sul territorio”.
 
Oggi 9 persone su 10 arrivano a 65 anni e le previsioni per il 2065 mettono in luce come l'invecchiamento è destinato a rafforzarsi ed è la caratteristica principale nel quadro demografico italiano. La speranza di vita alla nascita è di 80,6 anni per gli uomini e 85 anni per le donne, con una quota di giovani tra 0 e 14 anni che si attesta intorno al 13,5%. Negli ultimi 9 anni la popolazione tra i 18 e i 34 anni è diminuita di circa un milione e senza l'afflusso di stranieri si sarebbe arrivati anche a un mln e mezzo.
 
“Questa 'rivoluzione grigia' pone tante sfide globali dal punto di vista economico sociale e culturale - afferma Alleva - Circa un anziano su 2 soffre di almeno una malattia cronica grave o è multicronico. Oggi, non si parla più solo di speranza di vita, ma di speranza di vita in buona salute e in Italia una persona nasce con una speranza di vita in buona salute che si attesta intorno ai 58,3 anni”.
 
In generale la salute degli italiani migliora, ma la speranza di vita in buona salute non si presenta omogenea lungo tutto lo stivale, con anche 10 punti di differenza, ad esempio, tra i residenti del Trentino Alto Adige e dell'Emilia Romagna e i residenti della Calabria. “Tutte e 10 le regioni con una migliore speranza di vita in buona salute sono concentrate al Centro-Nord”, osserva Alleva.
 
Hanno un impatto sulla salute anche le condizioni materiali di vita delle persone, dalla situazione lavorativa all'istruzione: la lunga crisi ha fatto aumentare le disuguaglianze e non solo dal punto di vista economico.
 
A definire la struttura sociale del Paese oggi, una variabile chiave è giocata dal reddito e dalla condizione professionale: “La prima variabile che determina questi gruppi sociali è la situazione professionale che rappresenta un grande elemento di discriminazione nella società italiana. I pensionati stanno economicamente meglio nella società italiana. Fondamentale nel discriminare quella parte delle famiglie che da un punto di vista professionale stanno in una situazione migliore c'è anche il titolo di studio, mentre la cittadinanza interviene nel determinare il gruppo di famiglie che hanno un maggior svantaggio economico nella società italiana. Questo gruppo raccoglie tre quarti degli stranieri. Gli operai ci sono ancora, Mimì metallurgico c'è ancora ma è in pensione e rientra nella fascia media”.
 
Anche le differenze di genere rimangono marcate: se da un lato in tutta Europa chi appartiene al gentil sesso è più longevo rispetto agli uomini, la salute mentale si conferma più precaria nelle donne.
 
“A fronte di un miglioramento nel tempo delle condizioni di salute abbiamo un aumento delle disuguaglianze – commenta Alleva - Dobbiamo migliorare sulla parte dell'offerta dei servizi e la spesa pubblica, questo è un limite su cui c'è da migliorare e su questo stiamo per firmare un accordo quadro sia con il Ministero della Salute che con l'Istituto superiore di Sanità, sicuramente c'è da lavorare insieme per migliorare”, conclude.
 
A rimarcare quanto detto dal presidente Istat, il direttore generale dell'Iss e oramai dimissionario presidente di Federsanità Anci, Angelo Lino Del Favero, che ha sottolineato che “oggi, uno dei grandi temi che si sta affrontando anche in sede politico-istituzionale è quello delle disuguaglianze in termini dell'accesso al bene salute, che dovrebbe essere universale, ma che sappiamo poi così non essere, poiché nelle diverse aree del Paese i cosiddetti livelli essenziali di assistenza sono diversi – afferma - I dati sono di estrema importanza perché chi deve affrontare il tema della governance del Paese non può prescindere dai dati forniti (dalle indagini), soprattutto in un momento un po' difficile sul piano istituzionale, in quanto siamo combattuti in termini di governance dalle competenze che ci sono in capo alla regione, in capo allo Stato, e la famosa legislazione concorrente che sta creando non pochi problemi in termini di una efficiente gestione del sistema”.
 
Il segretario generale di Federsanità Anci Lucio Alessio D’Ubaldo, inoltre, citando i dati della recente ricerca Oxfam ha ricordato che: "Viviamo in un contesto europeo che consuma il 50% della spesa del welfare di tutto il pianeta e non abbiamo il 50% della popolazione mondiale, un terzo della popolazione mondiale non accede ai farmaci, e la metà della popolazione di Africa e Asia non accede ai farmaci. La grande sfida è la sostenibilità del sistema".
 
Attilia Burke
26 settembre 2017
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