toggle menu
QS Edizioni - martedì 14 maggio 2024

Studi e Analisi

L’inconsistenza di una visione solo finanziaria della sanità

di Ivan Cavicchi
immagine 22 maggio - Rifinanziare la sanità senza un chiarimento politico sulla sostenibilità è pericoloso per tre ragioni: non è detto che rifinanziare la sanità rappresenti automaticamente la soluzione alle sue criticità, il rifinanziamento della sanità se sganciato da un progetto di riforma potrebbe aggravare paradossalmente la questione della sostenibilità e la catastrofe del Ssn per essere evitata ha bisogno non solo di soluzioni finanziarie ma anche di soluzioni di riforma
Quanto e come

Non mi aspettavo che Asiquas (G. Banchieri, L. Franceschetti, A. Vannucci) (QS 18 maggio 2023) scrivesse quel bell’articolo sulla sostenibilità. Grazie.

Un contributo prezioso del quale dovrebbero far tesoro chi ancora non ha capito l’importanza della questione e che purtroppo riguarda la maggioranza dell’opposizione.

Ricordando a scanso di equivoci che sono colui che ha proposto per la sanità uno sciopero e un finanziamento straordinario (QS 7 marzo 2023) ribadisco che rifinanziare la sanità senza un chiarimento politico sulla sostenibilità è pericoloso per tre ragioni :

  • non è detto che rifinanziare la sanità rappresenti automaticamente la soluzione alle sue criticità, anzi nei confronti della catastrofe questa strada è necessaria ma non basta,
  • il rifinanziamento della sanità se sganciato da un progetto di riforma potrebbe aggravare paradossalmente la questione della sostenibilità,
  • la catastrofe per essere evitata ha bisogno non solo di soluzioni finanziarie ma anche di soluzioni di riforma.

Quanto e come
Ciò posto, l’altra questione è “quanto”? Un conto è avere come, propone qualcuno pochi mld, cioè un contentino che non cambia niente, un conto è raggiungere come spesa sanitaria la media europea.

In questo caso il problema più delicato resta “come” spendere eventualmente i soldi, cioè se questi soldi si spendono, riprendendo la riflessione di Asiquas, in modo sostenibile o no.

Se si spende in modo sostenibile ci vuole una riforma perché senza, in pratica, sarebbe come buttare via i soldi e la questione sostenibilità a seguito di ciò, come detto, potrebbe addirittura aggravarsi portandoci davvero alla catastrofe.

Le prestazioni finanziarie
In ogni caso definisco tutte quelle proposte pensate per avere dal governo dei soldi per la sanità, una domanda di “prestazioni finanziarie”, che a seconda delle quantità hanno più o meno probabilità di essere accolte e pongono più o meno importanti problemi di sostenibilità.

Cito dalla Treccani: “L'indennizzo (o indennità) è una prestazione patrimoniale che vale a compensare un soggetto a seguito di un pregiudizio patito, ovvero del sacrificio di un diritto”.

Per me di fronte alla catastrofe:

  • non esiste nessuna prestazione finanziaria pensata per indennizzare in qualche modo il sacrificio del diritto alla salute,
  • se l’opposizione al governo si limitasse a chiedere solo soldi per tirare a campare quindi negando la questione della sostenibilità questa sì che sarebbe la vera causa finale conclusiva della catastrofe.

Maggioranza e opposizione: due esempi
A questo punto, vorrei richiamare due esempi diversi di “prestazioni finanziare” richieste al governo:

  • dell’assessore alla sanità della Sicilia (G. Volo) maggioranza di governo (QS 19 maggio 2023),
  • dell’assessore alla sanità dell’Emilia Romagna (R. Donini) opposizione di governo (QS 15 maggio 2023).

Per il primo si tratta di rilanciare il SSN individuando specificatamente tre “interventi ministeriali”:

  • il problema della carenza di personale,
  • la carenza di specialisti nell’emergenza-urgenza,
  • la riorganizzazione della rete di assistenza territoriale.

Per il secondo che è anche colui che coordina la Commissione Salute delle Regioni, le proposte e le richieste sono finanziariamente alquanto più impegnative, in parte quantificate in parte no, quindi rispetto alle scelte recessive del governo sulla sanità sono praticamente senza copertura.

Le prestazioni finanziarie chieste da Donini

  • Rifinanziamento del FSN per un valore all’incirca di 10 mld quindi revisione al rialzo dell’incidenza della spesa sanitaria sul pil con l’obiettivo ipotetico di tornare almeno al 7,4% del 2020,
  • un piano di ammortamento dei costi non coperti nel 2022 in un congruo numero di anni (proposta finanziariamente non quantificata),
  • coprire i costi dell’erogazione delle prestazioni e nuovi investimenti per alzare il livello di qualità delle stesse” (proposta finanziariamente non quantificata),
  • revisione del tetto di spesa del personale basata su una metodologia in grado di definire il fabbisogno effettivo (proposta finanziariamente non quantificata),
  • incrementare le retribuzioni degli operatori attraverso la defiscalizzazione di quote di salario accessorio (proposta finanziariamente non quantificata),
  • piena equiparazione degli incarichi gestionali e professionali in modo da disegnare percorsi di carriera per la dirigenza e il comparto”, ma anche attraverso “lo sviluppo delle competenze avanzate per le professioni sanitarie” (proposta sicuramente controversa, a costi finanziariamente non quantificati),
  • un confronto serrato con il ministro della Salute.

Differenze e identità
Non serve sprecare parole per mostrare le differenze che esistono tra le due proposte. Esse mi sembrano chiare e evidenti. Ma forse serve capire cosa esse hanno in comune nonostante siano di segno politico opposto.

Per entrambe:

  • non esiste una catastrofe ma solo una congiuntura sfavorevole alla sanità,
  • la sostenibilità è la questione assente,
  • il problema principale sono solo le prestazioni finanziarie,
  • tutto si risolve al tavolo ministeriale anche se appare difficile credere che un ministro senza nessun potere sul piano della finanza pubblica, sia in grado di accogliere gli impegni finanziari che le loro richieste implicano,
  • le richieste finanziarie hanno un costo che confligge con il giudizio implicito di insostenibilità del governo, giudizio però che entrambi questi assessori non contestano.

Dove è finito il proverbiale realismo della sinistra?
A parte la Sicilia che politicamente è come se chiedesse solo pochi spiccioli colpisce la posizione dell’Emilia Romagna cioè l’opposizione al governo che chiede importanti prestazioni finanziarie ma anche importanti modifiche politiche alla linea del governo, infatti Donini chiede, a sostenibilità assente, di modificare la manovra finanziaria approvata dal governo cioè chiede di cambiare il Def.

Alla domanda dove trovare i soldi per finanziare le prestazioni finanziarie richieste Donini risponde: “Prima di incrementare la spesa agli armamenti bisogna investire le risorse in sanità. Basta non spendere 3 mld per gestire un condono fiscale, basta non attuare la flat tax e la diminuzione della pressione fiscale sui ceti più ricchi”. Come dargli torto. Ma quale plausibilità?

Senza le piazze si rischia di fare solo demagogia
Resta da capire come fa Donini senza avere le piazze in rivolta, anzi con una mobilitazione sindacale della quale il governo non sembra preoccupato, senza neanche una ipotesi di sciopero per difendere l’art. 32, a ritenere che non sia il caso di parlare di catastrofe e di chiedere un accordo politico sulla sostenibilità.

Al contrario Donini, ripeto con le piazze vuote e senza sciopero, ma soprattutto senza idee, con una sinistra dissolta, ritiene che al governo sia il caso di chiedere la modifica del Def, di intascare almeno 30 mld e di cambiare radicalmente la politica fiscale.

Chiedo scusa ma credere agli asini volanti mi è proprio difficile

Non sono tanto sciocco da non comprendere le ragioni di Donini cioè dell’opposizione, ma nello stesso tempo i miei capelli bianchi mi impediscono di credere agli asini che volano.

La cosa, con tutta l’affetto che idealmente nutro per Donini e la sua regione è che non capisco come si possa pensare di poter chiedere tanti soldi senza dare nulla in cambio cioè senza né una proposta di riforma e ribadisco, soprattutto, senza fare prima un accordo sulla sostenibilità e senza contestare a priori al governo la sua scelta politica fondamentale che è quella che ci conduce dritti dritti alla privatocrazia sanitaria ma sulla quale il “compagno Donini”, sperando non si offenda, non dice una parola.

Probabilmente a lui la “grande marchetta” non dispiace o comunque è un problema di difficile soluzione. La cosa che conta sono i conti, cioè avere degli indennizzi cioè delle prestazioni finanziarie.

Un disagio profondo
Il disagio che provo è profondo ed è quello di vedere la sinistra che alla fine senza paura del ridicolo è come se considerasse questo governo uno “scemo” o uno sprovveduto al quale chiedere semplicemente di rifinanziare la vecchia politica del passato ignorando che questo presunto “scemo” con questa vecchia politica ci sta portando verso la catastrofe.

Io penso che Donini, le regioni, il sindacato, la sanità tutta in queste condizioni politiche più di qualche spicciolo per tappare qualche buco non avranno, ma se non sarà così e speriamo che non sarà così, mi chiedo: a questo punto di chi è la responsabilità politica della catastrofe, del matematico che ha inventato la teoria o del “compagno” Donini che questa teoria l’ha corroborata fino alle estreme conseguenze?

Ivan Cavicchi

22 maggio 2023
© QS Edizioni - Riproduzione riservata