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QS Edizioni - mercoledì 1 maggio 2024

Studi e Analisi

Abbasso la “soda tax”, anzi evviva

di Fabrizio Gianfrate
immagine 16 novembre - Serve a migliorare gli stili di vita tassare di più la Fanta e la Coca Cola? Mica tanto. Nelle fasce sociali più deboli certi consumi voluttuari paradossalmente prevalgono su quelli primari, con buona pace di Maslow e della sua piramide dei bisogni. E quindi continueranno a essere consumati pur se costano di più, sottraendo risorse ad altri acquisti ritenuti (erroneamente) meno prioritari. Tra pane e companatico, insomma, il rapporto si rovescia
"Le cose più belle della vita o sono immorali, o sono illegali, oppure fanno ingrassare", citava G. B. Shaw. Gli fa eco Oscar Wilde: “toglietemi tutto, ma non i miei vizi”. Il Governo gialloverde in questi giorni gli risponderebbe che nessuno ha mai pensato di toglierglieli, ma solo di farglieli pagare di più.
 
Pure perché lo Stato, tra tasse sui vari giochi d’azzardo, gratta e vinci e Co., tabacchi, alcolici, e ora proponendo pure la tassa sulle bevande gassate, che esiste già in una dozzina di grandi Paesi, incassa svariati miliardi di euro. Economia del vizio, verrebbe da ribattezzarla. Del resto nel più recente metodo di calcolo europeo del PIL entra anche l’economia sommersa, mafia e prostituzione incluse.
 
E poi, a quanto pare, la nostrana soda tax andrebbe a finanziare scuola e università. Insomma più siamo viziosi più diventiamo colti. Singolare principio di beneficio.
 
Certo, legittimare qualcosa che si ritiene “vizio” grazie a un pagamento maggiore avalla il principio che se sei ricco e potente il tuo non è “peccato” così grave. O non lo è più. Come la “Taxa Camarae” di papa Leone X nel 1517, il tariffario di vendita delle indulgenze in terra. O l’“Ego te baptizo piscem” del Card. Mazarino al piccione tartufato del Re Sole il Venerdì Santo, citazione di cui spesso abuso ma che rende bene questo e altri concetti sul potere.
 
Ricorda pure la “bevanda” trasgressiva più celebre nella metà del 1800, il “Vino Mariani”, dall’omonimo chimico francese inventore, un misto di coca (molta) e bordeaux, non a caso sponsorizzata da Papi, Imperatori e Zar (eliminati più avanti cocaina e alcol, ispirerà J. Pemberton per la sua Coca Cola)
 
Ma serve a migliorare gli stili di vita tassare di più la Fanta e la Coca Cola? Mica tanto. Nelle fasce sociali più deboli certi consumi voluttuari paradossalmente prevalgono su quelli primari, con buona pace di Maslow e della sua piramide dei bisogni. E quindi continueranno a essere consumati pur se costano di più, sottraendo risorse ad altri acquisti ritenuti (erroneamente) meno prioritari. Tra pane e companatico, insomma, il rapporto si rovescia.
 
Le code chilometriche di extracomunitari e precari all’apertura del discount di elettronica a Roma, assatanati a caccia dello smartphone più “cool” sono la versione aggiornata delle baracche descritte da Pasolini, derelitte negli arredi e nell’igiene ma munite del televisore più nuovo. In africa, per dire, sono più gli utenti di telefonini di quanti accedono quotidianamente a fonti idriche.
 
Spirito dei tempi, insomma. Altro che Stato etico hegeliano o peccato in rima con reato: siamo tutti peccatori, anzi, come diceva Mark Twain, siamo tutti esseri umani, non è possibile essere qualcosa di peggio.
 
Prima di morire prematuramente dopo una vita dissoluta e due trapianti di fegato, George Best, uno dei più grandi talenti calcistici di sempre, a chi verso la fine gli domandava se e di cosa fosse pentito rispose: “la maggior parte dei milioni che ho guadagnato li ho spesi in liquori, belle donne e auto sportive. Il resto invece l’ho sprecato”
 
Resta il fatto che l’Italia è il Paese europeo con la più alta percentuale d’obesi, specialmente tra i minori. E che per curare golosi, fumatori, avvinazzati e altri assidui frequentatori dei sette peccati capitali si finisce per non avere poi più risorse per curare chi conduce vita proba.
 
Quando la prossima volta che prenotiamo una visita o un’analisi troviamo una lista d’attesa geologica che ci rinvia a un anno o più è perché davanti a noi ci sono quel ciccione che a tavola si strafoga di lasagne e salsicce, quella fumatrice accanita con i denti neri e le dita gialle, quel tipo svagato con l’occhio giallo e l’alitosi con seri problemi al gomito (lo alza troppo)
 
In altri Paesi l’accesso alle cure è anche legato ai comportamenti individuali, come il Medicaid USA, le Mutue Tedesche ed il NHS inglese dove vale non più il “first seated, first served” (traducibile nel nostrano “chi primo arriva meglio alloggia”) ma retrocedendo in coda i pazienti “viziosi” a favore dei “virtuosi” o aumentandone il premio assicurativo.
 
A ben vedere è un ulteriore sviluppo del contrasto tra etica ippocratica, al letto del malato, ed etica dell’ ”utilità collettiva” nell’allocazione delle risorse, tra dovere della cura al singolo malato ed equa distribuzione delle risorse pubbliche, limitandole al singolo se sottratte eccessivamente agli altri.
 
Le suddette misure tedesche, USA o inglesi cambiano la misura di “risk sharing”, la condivisione del rischio assicurativo nei rispettivi sistemi. Ogni assicurazione (tale è anche il SSN, pur se atipico) prevede un rapporto tra “aderenti” basato su un “contratto” tra quanto il singolo paga e quanto potenzialmente può ricevere alla bisogna dal sistema stesso, nella condivisione del rischio anche con tutti gli altri “aderenti”.
 
Ma tant’è. La questione è sociale, forse antropologica. Qualcuno ha detto che le virtù e la saggezza fanno sopravvivere a lungo, mentre le passioni e i vizi fanno vivere. Romanticismo seducente ma socialmente, temo, di difficile accettabilità.
 
Per noi italiani, mediamente di scarso civismo e, nonostante la facciata confessionale, piuttosto pagani nei costumi e nei consumi, pagare in relazione al grado di frequentazione dei sette peccati capitali potrebbe essere, in fondo una forma di più corretta redistribuzione delle risorse e, chissà, magari anche educativa.
 
E se invece che tassare i vizi, non sarebbe meglio detassare le virtù così incentivandole? È evidente che il problema è di carattere educativo, di diffusione capillare nella popolazione della percezione del significato di stili di vita almeno sufficientemente salutari.
 
Oltre che arrivare a condizioni sociali tali da rimuovere le motivazioni e i problemi per i quali il ciccione, la fumatrice e l’alcolista che prima ho, apposta banalmente, sbeffeggiato (ma aggiungo pure il manager, il ragioniere o il garzone del lattaio strafatti di cocaina o la casalinga gonfia di antidepressivi) si avvitano nei loro insani e soprattutto, qui sta il punto, infelici loop.
In fondo, a ben vedere, la virtù spesso trionfa perché certi vizi sono persino più noiosi di essa.
 
Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria
16 novembre 2018
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