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QS Edizioni - giovedì 2 maggio 2024

Lettere al Direttore

Osteopatia. Corsi di studio qualificati e controllati nell’interesse del cittadino

di Roberto Ronchetti
13 maggio - Gentile Direttore,
fare riferimento ad una prima sentenza, niente meno che del Tribunale Di Montreal, per sentenziare la rischiosità della pratica pluriennale dell'osteopatia appare operazione assai ardita sia sul piano della logica che su quello della giurisprudenza. Si potrebbe facilmente rispondere facendo riferimento alla più pertinente giurisprudenza italiana anzichè a un isolato e certamente non definitivo pronunciamento canadese.
 
Si potrebbero anche ribadire i dati delle rilevazioni aggiornate sul gradimento e sull'efficacia europea dell'osteopatia o, soprattutto, riferire nel merito i dati delle compagnie assicurative europee che attestano l'assenza di rischio per la pratica osteopatica. Quest'ultima, peraltro, priva di effetti iatrogeni a differenze delle terapie farmacologiche del dolore che, guarda caso, sono attualmente oggetto di un'indagine giudiziale proprio in casa nostra. E con un po' di sana polemica, si potrebbe anche consigliare ai detrattori dell'osteopatia di quardare prima la trave nel proprio occhio che la pagliuzza altrui.
 

Tuttavia, malgrado siamo osteopati non ancora riconosciuti, preferiamo ricordare che la scientificità si basa su dati di fatto e continue verifiche. Di conseguenza, non ci permetteremo mai di esprimere certezze in base ad eventi isolati e incompleti, il cui dettagliato resoconto attiene più al gossip che alla correttezza plurifattoriale e multidisciplinare di un'analisi. Analogamente, non intendiamo accusare di pericolosità pratiche mediche convenzionali per quanto non sempre dalla comprovata scientificità e spesso non esenti da controindicazioni. La nostra finalità sanitaria e deontologica è infatti la complementarietà a primario beneficio del paziente.


Sostenere che l'esercizio dell'osteopatia e il suo insegnamento, qualora non autorizzato, possano essere soggetti a contestazione, rappresenta una verità lapalissiana. Al proposito, vorrei ricordare che proprio gli osteopati in collaborazione con il Ministero della Salute misero nero su bianco questa condizione durante il loro lavoro sulla norma di standardizzazione europea per la loro professione. La fonte di riferimento è l'allegato per l'Italia alla stessa norma CEN (A deviation).

Quindi, per rispondere alla domanda retorica circa l'opportunità di regolamentare l'insegnamento delle medicine tradizionali, ricordiamoci che gli osteopati condividono i Rapporti OMS in materia, ben più autorevoli dei mille dubbi posti da altrettanti "inquisitori" dell'osteopatia. Ovvero, essi ritengono che nell'interesse del cittadino sia molto meglio identificare e disciplinare corsi di studio qualificati e controllati, anziché lasciare la pratiche di queste utili discipline a chi le considera come accessorio alle proprie differenti competenze assistenziali, magari dopo qualche corso di aggiornamento più o meno partecipato. Tale concetto che si fonda sull'esperienza sanitaria interdisciplinare pare non sfuggire a sempre più numerose competenze mediche, come dimostrato in numerosi convegni, tra i quali quello recentemente reso noto in tema di collaborazione tra osteopati e pediatri.


Roberto Ronchetti
Osteopata
13 maggio 2017
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