A quasi un anno dal congresso annuale dell’
European Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis che ha fatto uscire l’ipotesi Zamboni sulla correlazione tra CCSVI (insufficienza cerebrospinale venosa cronica) e sclerosi multipla dalla ristretta cerchia degli addetti ai lavori, il dibattito non è ancora concluso. L’intuizione del medico ferrarese si è conquistata le pagine dei principali giornali mondiali, ha creato intorno a sé un ampio numero di sostenitori tra i malati, ma ancora fatica a ottenere il bollino di validità scientifica.
Scartata l’ipotesi che il problema vascolare possa essere all’origine della malattia, resta da comprendere quanto sia effettivamente diffusa la CCSVI nei malati di sclerosi multipla e se l’intervento di disostruzione dei vasi del collo - quello che è stata definito intervento di “liberazione” - possa dare benefici ai malati.
Sull’argomento si stanno compiendo studi in tutto il mondo, tra diatribe metodologiche e schermaglie interne alla comunità scientifica. Intanto, ovunque, i pazienti - sempre più organizzati anche grazie ai social network - stanno esercitando pressioni sulle autorità sanitarie per accelerare i percorsi di sperimentazione.
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