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QS Edizioni - venerdì 17 maggio 2024

Studi e Analisi

A rischio povertà o esclusione sociale il 28,3% degli italiani. Al Sud è il 50% della popolazione

immagine 23 novembre - Gli ultimi dati Istat riferiti al 2014 si mostrano sostanzialmente stabili rispetto al 2013. La diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate viene infatti compensata dall'aumento della quota di chi vive in famiglie a bassa intensità lavorativa. Peggio di noi in Europa solo Romania, Bulgaria, Grecia, Lettonia, Ungheria, Spagna e Croazia. IL RAPPORTO.
Nel 2014 si attesta al 28,3% la stima delle persone a rischio di povertà o esclusione sociale residenti in Italia, secondo la definizione adottata nell'ambito della strategia Europa 2020. L'indicatore corrisponde alla quota di popolazione che sperimenta almeno una delle seguenti condizioni: rischio di povertà (calcolato sui redditi 2013), grave deprivazione materiale e bassa intensità di lavoro (calcolata sul numero totale di mesi lavorati dai componenti della famiglia durante il 2013).
 
Nel 2014 le persone a rischio di povertà sono stimate pari al 19,4%, quelle che vivono in famiglie gravemente deprivate l'11,6%, mentre le persone appartenenti a famiglie dove l'intensità lavorativa è bassa rappresentano il 12,1%.
 
L'indicatore del rischio povertà o esclusione sociale rimane stabile rispetto al 2013: la diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate (la stima passa dal 12,3% all'11,6%) viene infatti compensata dall'aumento della quota di chi vive in famiglie a bassa intensità lavorativa (dall'11,3% al 12,1%); la stima del rischio di povertà è invece invariata.
 
Per il secondo anno consecutivo, il calo della grave deprivazione è determinato dal fatto che scendono le quote di individui in famiglie che, se lo volessero, non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 13,9% al 12,6%), una settimana di ferie all'anno lontano da casa (dal 51,0% al 49,5%) o una spesa imprevista pari a 800 euro (dal 40,2% al 38,8%).

Metà dei residenti a rischio di povertà o esclusione sociale nel Mezzogiorno. Quasi la metà dei residenti nel Sud e nelle Isole (45,6%) è a rischio di povertà o esclusione sociale, contro il 22,1% del Centro e il 17,9% di chi vive al Nord. In tutte le regioni del Mezzogiorno i livelli sono superiori alla media nazionale, viceversa i valori più contenuti si riscontrano in Trentino-Alto Adige (11,7%, 9,7% nella provincia autonoma di Bolzano), Friuli-Venezia Giulia (16,3%) e Veneto (16,9%).

 

 

Fonte: Istat

 
La stima della grave deprivazione diminuisce però soprattutto nel Mezzogiorno, tra i single e le coppie (soprattutto se anziani) e tra le coppie con un solo figlio, anche minore. Ancora grave invece la condizione dei genitori soli, delle famiglie con almeno tre minori o di altra tipologia, famiglie, queste ultime, che tra il 2013 e il 2014 hanno mostrato un ulteriore deterioramento della loro condizione (dal 15,9% al 20,2%).
 
L'aumento della bassa intensità lavorativa ha riguardato, in particolare, gli individui in famiglie che vivono nel Mezzogiorno (la stima va dal 18,9% al 20,9%) o in famiglie numerose: coppie con figli (dall'8,3% al 9,7%), soprattutto minori (dal 7,5% all'8,9%), e famiglie con membri aggregati (dal 17,8% al 20,5%).
 
La stima dei redditi delle famiglie si riferisce al 2013 e mostra stabilità rispetto all'anno precedente. Le uniche informazioni disponibili sulla dinamica reddituale tra il 2013 e il 2014 sono quelle diffuse dalla contabilità nazionale e segnalano un leggero aumento in termini di ammontare e una sostanziale stabilità in termini pro-capite.
Nel 2013, si stima che la metà delle famiglie residenti in Italia abbia percepito un reddito netto non superiore a 24.310 euro l'anno (circa 2.026 euro al mese); questo valore scende a 20.188 euro nel Mezzogiorno (circa 1.682 euro mensili).
Le famiglie con tre o più percettori hanno un reddito mediano nel 2013 quasi triplo delle monoreddito (44.900 contro 16.690 euro), mentre quelle con fonte principale da lavoro dipendente dispongono di circa 10 mila euro in più di quelle che vivono prevalentemente di pensione o trasferimenti pubblici (29.527 contro 19.441 euro).
Nel Mezzogiorno, ai più bassi livelli di reddito si associa anche una maggiore disuguaglianza: nel 2013, la stima dell'indice di Gini, pari a 0,296 a livello nazionale, nel Mezzogiorno si attesta a 0,305.
Il 20% più ricco delle famiglie residenti in Italia percepisce il 37,5% del reddito totale, mentre al 20% più povero spetta solo il 7,7%.
 
Il confronto con l’estero. L’indicatore sintetico di rischio di povertà o esclusione sociale è stabile anche a livello europeo da 24,5% a 24,4%. Il valore italiano è inferiore a quelli di Romania (40,2%), Bulgaria (40,1%), Grecia (36,0%), Lettonia (32,7%), Ungheria (31,1%); ad eccezione di Romania e Grecia, tutti questi Paesi mostrano evidenti segnali di miglioramento rispetto all’anno precedente. La Spagna (29,2%), che insieme a Croazia e Portogallo si attesta su valori molto simili a quello italiano, registra invece un ulteriore peggioramento, mentre il livello rimane stabile negli altri due Paesi.

 

 

 

Fonte: Eurostat

 

Nota: il dato dell'Italia in tabella non è aggiornato all'ultima rilevazione Istat di oggi che, come abbiamo visto, porta l'indice per il nostro Paese al 28,3.

23 novembre 2015
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