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19 MAGGIO 2024
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Le cadute in ambito sanitario sono un “indicatore della qualità assistenziale”. Perché dobbiamo occuparcene

di Arnaldo Iodice

Intervista a Patrizia Bellon, infermiere esperto in rischio clinico e infermieristica legale: “È un dovere dell'istituzione del contesto sanitario adottare programmi di gestione del rischio”

23 GIU -

L'invecchiamento progressivo della popolazione rappresenta una sfida importante per la salute pubblica e il Servizio sanitario nazionale. Tra le varie problematiche che possono colpire gli anziani c’è anche quella delle cadute, una questione spesso sottovalutata ma che invece va affrontata con l’attenzione che merita, in quanto rappresentano un serio rischio per la salute delle persone più fragili che è ampiamente prevedibile ed evitabile.

Secondo l'Istituto Superiore di Sanità, il problema delle cadute nell’anziano è “particolarmente rilevante non solo per la frequenza e la gravità degli esiti nel caso di fratture, ma anche per le conseguenze sul benessere psico-fisico della persona, perché anche la sola insicurezza legata alla paura di cadere può limitare notevolmente lo svolgimento delle attività della vita quotidiana”.

Stando all’ultimo rilevamento dell’ISS (che si riferisce al biennio 2020-2021), il 6% degli intervistati ha dichiarato di essere caduto nei 30 giorni precedenti l’intervista ed è stato necessario il ricovero ospedaliero di almeno un giorno nel 13% dei casi. Le cadute sono inoltre più frequenti con l’avanzare dell’età (le riferiscono il 5% dei 65-74enni e il 10% degli ultra 85enni), fra le donne (8% contro il 5% negli uomini) e fra le persone in difficoltà economica (13% contro il 6% di chi non ne ha).

L’ISS riferisce, inoltre che “quasi 4 intervistati su 10 hanno paura di cadere, dato che sale a 6 su 10 fra chi ha già vissuto questo evento. La paura di cadere cresce con l’età, è maggiore fra le donne, fra chi ha molte difficoltà economiche o bassa istruzione e fra chi vive solo. La caduta è anche associata al malessere psicologico: la prevalenza di persone con sintomi depressivi fra le persone che hanno subito una caduta negli ultimi 30 giorni è del 17% (vs 10% del campione totale)”.

Passando poi, nello specifico, alle cadute in ambito sanitario, nel 5° Rapporto di monitoraggio degli eventi sentinella segnalati dalle strutture del Ssn, validati da Regioni e Ministero della Salute e raccolti nel Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (Simes), si pone in evidenza che nel periodo settembre 2005-dicembre 2012 negli ospedali sono state registrate 471 cadute che hanno condotto a morte o a gravi danni per il paziente.

Tutto ciò implica, dunque, che le cadute rappresentano un grave problema di salute pubblica, con un impatto significativo sulla qualità della vita degli anziani e sui sistemi sanitari.

Cadute in ambito sanitario. Cosa sono, cosa comportano e perché sono un problema

Secondo la definizione data dal Ministero della Salute, la caduta è un “improvviso, non intenzionale, inaspettato spostamento verso il basso dalla posizione ortostatica o assisa o clinostatica. La testimonianza delle cadute è basata sul ricordo del paziente e/o la descrizione della caduta da parte dei testimoni. Questa definizione include i pazienti che dormendo sulla sedia cadono per terra, i pazienti trovati sdraiati sul pavimento, le cadute avvenute nonostante il supporto”.

Le cadute in un contesto di ricovero comportano: un allungamento della degenza, la necessità di attività diagnostiche e terapeutiche aggiuntive, eventuali ulteriori ricoveri dopo la dimissione, con un incremento dei costi sanitari e sociali e perdita di fiducia del cittadino nei confronti del sistema sanitario. Di conseguenza, aumentano l’esposizione alle infezioni nosocomiali, i costi per trattamenti altrimenti non necessari e il ricorso al contenzioso.

“Le cadute in ambito sanitario rappresentano un indicatore importante della qualità assistenziale e della sicurezza delle cure – spiega Patrizia Bellon, infermiere esperto in rischio clinico e infermieristica legale –. È fondamentale ricordare che, a livello normativo, la legge 24 Gelli-Bianco, all'articolo 1, attribuisce un'importanza significativa al diritto alla sicurezza delle cure come elemento insito nel valore costituzionale del diritto alla salute. Di conseguenza, è un dovere dell'istituzione del contesto sanitario adottare programmi di gestione del rischio, coinvolgendo attivamente tutte le componenti del sistema sanitario, comprese le cadute”.

“Fondamentale promuovere visione positiva e incoraggiante della responsabilità”

Patrizia Bellon è responsabile scientifica del corso di formazione intitolato “Cadute accidentali: prevenzione e gestione del rischio” (12,6 crediti ECM), presente sulla piattaforma Consulcesi Club. Il corso è volto proprio a formare gli operatori sanitari a 360 gradi su questo problema. “Per quanto riguarda le responsabilità – spiega la dottoressa Bellon –, è importante definire il significato stesso di questo termine. Spesso si dà enfasi all'aspetto negativo e alla paura del giudizio, ma è fondamentale promuovere una visione più positiva e incoraggiante. Essere responsabili significa mettere in atto sistemi e politiche di adeguamento dei piani assistenziali in linea con le più recenti evidenze scientifiche, le raccomandazioni ministeriali e le linee guida delle società scientifiche. I professionisti sanitari possono attingere alle linee guida esistenti e, in mancanza di queste, possono fare riferimento alle buone pratiche clinico-assistenziali”. Quindi, la responsabilità dei professionisti sanitari “consiste nell'aggiornamento continuo, rimanendo al passo con le ultime evidenze scientifiche”. Al contrario, “l'organizzazione sanitaria ha la responsabilità di sostenere una cultura di segnalazione, di non colpevolizzazione e di coinvolgere i professionisti sanitari nelle attività di analisi degli eventi avversi, con l'obiettivo di apprendere dagli errori e attuare azioni di miglioramento per evitare che tali eventi si ripetano, comprese le cadute”.

L’ambiente può rappresentare un fattore di rischio

L'agire del professionista sanitario ha un “impatto significativo sull'evoluzione degli esiti assistenziali. Il professionista agisce sin dall'inizio, durante la presa in carico del paziente, identificando i fattori di rischio specifici delle cadute, considerando sia i fattori individuali che quelli ambientali”. L'ambiente stesso può rappresentare un fattore di rischio, ad esempio, “in termini di idoneità dei letti di degenza o di illuminazione adeguata, sia in ambiente ospedaliero che domiciliare. È fondamentale mappare tutti i rischi, considerare le comorbidità del paziente, coinvolgere la rete familiare, i caregiver e aumentare la consapevolezza del paziente riguardo al proprio rischio personale di caduta. Pertanto, il professionista sanitario svolge un ruolo fondamentale per prevenire tali eventi”, spiega Bellon.

“Essenziale valutare tempestivamente il rischio di cadute e adottare piani assistenziali per mitigare i rischi”

Per scongiurare queste situazioni, la “corretta presa in carico” e “l'identificazione dei fattori di rischio” sono “prioritari. La letteratura scientifica fornisce importanti fonti di informazione, adattate ai diversi contesti assistenziali e ai percorsi di cura dei pazienti. È essenziale valutare tempestivamente il rischio di cadute per ogni singola persona e adottare piani assistenziali mirati a mitigare i rischi specifici. Inoltre – conclude la dottoressa Bellon –, è cruciale intervenire prontamente qualora si verifichi un evento di caduta, al fine di gestire efficacemente la persona coinvolta, minimizzando le possibili complicanze o esiti negativi permanenti”.

Arnaldo Iodice



23 giugno 2023
© Riproduzione riservata

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