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Errori in chirurgia. Vincenti (Acoi): “Sono sempre meno. Il nostro modello è vincente”


Con queste parole il presidente dell’Associazione medici chirurghi ospedalieri italiani, Rodolfo Vincenti analizza la situazione italiana alla luce dei dati divulgati nel rapporto PIT salute 2009 di CittadinanzaAttiva e della ricerca nazionale sulla medicina difensiva realizzata dall’Ordine dei medici della Provincia di Roma.

25 NOV - “La contemporaneità della pubblicazione di due recenti rapporti che descrivono con sufficiente attendibilità lo stato con il quale viene vissuto il Sistema sanitario nazionale sia da parte del cittadino sia da parte del medico, pone la necessità di approfondita riflessione”. Rodolfo Vincenti, presidente dell'Associazione chirurghi ospedalieri italiani (Acoi), alla luce dei dati divulgati nel rapporto PIT salute 2009 di CittadinanzaAttiva e della ricerca nazionale sulla medicina difensiva realizzata dall’Ordine dei medici della Provincia di Roma, torna sull'argomento partendo proprio dall'analisi di questi dati specificando che “rappresentano le due facce della medesima problematica”.
Vincenti spiega come  “CittadinazaAttiva realisticamente precisa che i dati raccolti non essendo espressione di un campione rappresentativo degli utenti del SSN, costituiscono comunque una sorta di 'termometro' delle situazioni di malessere del cittadino”.
“In effetti – precisa il chirurgo - sui grandi numeri di segnalazioni raccolte nei 14 anni considerati, soltanto il 28% riguarda il tema della sicurezza (presunti errori medici diagnostico-terapeutici, le condizioni della struttura ecc), mentre il grosso del campione si lamenta per deficit di informazione (25%), di diritto di accesso (20%), di diritto al tempo (10%), di poca umanizzazioni (8%) e altre cause (9%)”.
Se poi si rivolge l’attenzione alla categoria 'chirurgia generale', quella che maggiormente interessa Acoi, “scopriamo con una certa soddisfazione – segnala Vincenti - che negli anni recenti il trend delle segnalazioni avverse è costantemente in riduzione e, nel 2009, ha rappresentato solo l’8,6% del totale (contro una media di altre specialità del 14,8%), mentre un crollo verticale (dal 8,4 al 2,1%) si è verificato nelle segnalazioni avverse per presunti errori nella diagnostica chirurgica”. Percentuali importanti, secondo il presidente Acoi, “ma a fronte di oltre 4 milioni di procedure chirurgiche eseguite in un anno, e in ogni caso numeri reali invero esigui. Sono dati confortanti per noi chirurghi, ma non devono far abbassare il nostro già alto livello di guardia – aggiunge - in quanto esistono realistici margini di miglioramento”. Non a caso negli ultimi anni Acoi ha messo in piedi numerosi progetti formativi indirizzati non solo verso la formazione “tecnica” del chirurgo (Scuole di chirurgia teorico-pratiche, seminari, congressi, workshop monotematici), ma soprattutto verso la formazione 'non-tecnica': corsi di management sanitario, governo del rischio clinico in collaborazione con la Business School MIP del Politecnico di Milano, e con il “Progetto Qualità e Sicurezza nel Blocco Operatorio”, in collaborazione con Agenas, MIP, Cittadinanzattiva, Johnson & Johnson Medical. Tutto ciò per “creare le giusta attenzione sul problema sicurezza del Sistema e fornire le necessarie relative competenze”.

Proseguendo la sua analisi Rodolfo Vincenti analizza i dati dell'Ordine dei medici della Provincia di Roma “che – dice - ci segnalano che la problematica è terribilmente e potenzialmente pericolosa per tutto il 'Sistema Italia', non solo per i costi relativi, calcolati intorno a 12 miliardi di euro/anno (si pensi come potrebbero essere altrimenti utilizzati!), ma anche per il buon funzionamento del SSN”. E per prima cosa chiarisce che “chirurgia e medicina difensiva sono antinomiche. Se il chirurgo nell’atto operatorio pensa a se stesso e non al malato, non potrà mai esprimere quel che la professione richiede: dare il massimo, per ottenere il miglior risultato possibile, con i minori rischi per il malato. La medicina difensiva, nella sua forma attiva o passiva – prosegue - è da considerarsi come un inevitabile effetto collaterale della pratica medica, che scaturisce da un inesorabile aumento delle denunce nei nostri confronti e, quindi, dei procedimenti giudiziari”. Come può, si chiede il chirurgo, un sistema di rapporti umani, quale in pratica è il rapporto medico-paziente, funzionare se uno degli attori teme di essere denunciato praticamente sempre (78%), prescrive visite specialistiche, esami strumentali o ricoveri ospedalieri (73%, 76%, 50%) in funzione difensiva, e si attiene a questa politica “per il clima che si respira nei confronti dei cittadini” (66%) ? “Noi chirurghi di Acoi – dice ancora Vincenti - abbiamo contezza del problema e ci siamo attivati per limitarlo per quanto possibile e con i pochi strumenti e le ridotte finanze che la politica ci concede, ma credo sia arrivato il momento per il cittadino di prendere coscienza del fatto che è egli stesso a subire le conseguenze in termini di costi, tempo e disagi (incremento delle liste di attesa, spostamenti, esami invasivi ecc). Tutti i componenti la società civile e politica devono domandarsi cosa fare per arginare il fenomeno. Noi crediamo si debba spingere per ottenere una informazione dei media più corretta e meno sensazionalistica, che si debba rivedere l’aspetto penale dell’atto medico senza parlare di depenalizzazione, ma caratterizzando in modo dettagliato i livelli di colpa e contemporaneamente favorire l’arbitrato e le camere di conciliazione. Premiare le scelte di merito nell’individuazione dei dirigenti chirurghi, rivedere le condizioni lavorative del personale sanitario con orari meno stressanti e con ampie aperture temporali per il dialogo con il cittadino. Noi chirurghi – conclude - continueremo a favorire la formazione tecnica e non-tecnica del chirurgo e ci impegnamo ad implementare, attraverso i progetti su ricordati, tutte le procedure di controllo che dimostratamente riducono il rischio di errore. Forse tutti insieme per una sanità meno stressante”.

25 novembre 2010
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