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Cassi (Cimo Asmd): “Testo ancora insufficiente, serve il confronto con i medici”


04 APR - L’opinione del presidente della Cimo Asmd, Riccardo Cassi, raccolta da Quotidiano Sanità

“Nonostante contenga aspetti positivi, questa ultima versione del Ddl sul governo clinico, ancora non soddisfa. Per questo ritengo che sarebbe utile, su questa materia, proseguire il confronto con i medici. In particolare, quello che mi piace di meno è che non è stata messa in luce la centralità del ruolo del medico. Si parla di governo dell’attività clinica, si parla genericamente di professionisti, ma tranne rarissime eccezioni non si fa mai un riferimento esplicito ai medici. Partiamo dall’art 1, è impostato su aspetti organizzativi gestionali, e questo mi sta bene, ma non su quelli professionali. Si parla poco di qualità delle cure intesa come utilizzo degli strumenti diagnostici e delle tecnologie più evolute. Si parla in generale di professionisti, senza tenere conto che il medico ha un aspetto predominante nell’erogazione delle cure. Al comma tre si dice che “Il governo delle attività cliniche garantisce il modello organizzativo idoneo a rispondere efficacemente alle esigenze degli utenti e dei professionisti”. Ma cosa si intenda con esigenze dei professionisti non è dato sapere. Professionisti e utenti (termine peraltro inaccettabile, parliamo invece di pazienti in quanto persone che necessitano di assistenza e cure, o di cittadini portatori di diritti) vendono associati, peccato che le loro esigenze sono diverse.
Al contrario invece, il rafforzamento del Collegio di direzione risponde alla domanda di maggiore coinvolgimento dei medici nella gestione dell’azienda, Unico neo è il riferimento alla “partecipazione di rappresentanze delle figure professionali presenti nell’azienda”: non è chiaro a quali figure professionali ci si riferisca, quante saranno, e che rapporto avranno con la rappresentanza medica. Il rischio è che la figura del medico venga svilita.
Vanno bene i nuovi criteri di nomina dei Direttori generali. Non credo ai manager burocrati autoreferenziali che non rispondono a nessuno, quindi ritengo che la loro nomina debba essere politica, debba essere responsabilità delle Giunte regionali, le quali devono rispondere ai cittadini del proprio operato anche attraverso chi nominano. Globalmente concordo anche con i criteri scelti per la nomina dei Direttori di struttura: vengono esaltati in particolare gli aspetti professionali in quanto non si parla di requisiti gestionali, ma soprattutto di requisiti curriculari e di competenze professionali. Unico neo, avremmo preferito per la scelta dei primari la strada del concorso anziché quella della nomina demandata al Dg. Diverso è il discorso relativo alla nomina dei Direttori di struttura semplice: su questo punto non concordo. Non c’è una valutazione comparativa dei curricula dei candidati, e non si capisce in base a quali criteri debba avvenire la nomina. Soprattutto non si comprende perché per la nomina dei direttori di struttura complessa si introducono norme che puntano alla professionalità, mentre per quelli di struttura semplice ci si affida al Direttore generale sentito il Direttore sanitario. Un criterio ancora più inaccettabile per le strutture semplici a valenza dipartimentale.
Per quanto riguarda la valutazione dei dirigenti medici e sanitari, questa si basa su aspetti puramente gestionali che possono andare bene se applicati ai capo dipartimento, ma ai direttori di struttura semplice e complessa: in questo caso la valutazione deve essere professionale.
L’articolo sui limiti di età, credo sia una norma per pochi. E poi non si possono cambiare le regole ogni sei mesi. Bene invece l’esclusione dalla rottamazione dei dirigenti medici e sanitari.
Sull’attività libero professionale c’è sicuramente un tentativo onesto di mettere ordine e chiarire le regole, ma alcuni aspetti sono tutt’altro che chiari. Il comma due dell’articolo nove è un esempio: non si fa più una distinzione precisa tra le varie forme di libera professione, e sembra quindi che le Regioni possano interferire anche sulla libera professione dei medici a rapporto non esclusivo. Per quanto riguarda l’intramoenia l’allargata, questa non è la soluzione ideale ma nelle Regioni che ancora non consentono lo svolgimento dell’attività istituzionale all’interno delle strutture, l’allargata rimane l’unico sistema atto a garantire l’esercizio di un diritto”.
 
E.M.

04 aprile 2011
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