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I dubbi del PD sull'ipotesi obiezione di coscienza. Miotto: “Potrebbe essere fuorviante, non siamo in presenza di eutanasia”

di G.R.

09 FEB - "Potrebbe essere fonte di interpretazioni fuorvianti la previsione della obiezione di coscienza per i medici, nel testo che detta norme sul consenso informato e sulle dichiarazioni anticipate di trattamento. Anche nei casi riguardanti la possibile scelta da parte dei pazienti di interrompere le proprie terapie, non siamo in presenza di un intervento eutanasico. Deve essere chiaro che questa è una legge sul consenso informato e non sull’eutanasia".
 
Così la deputata dem della Commissione Affari sociali, Margherita Miotto, fa il punto sulla possibile apertura ad un'ipotesi di obiezione di coscienza commentata oggi in un'intervista a Quotidiano Sanità da Silvia Giordano (M5S).
 
Per Miotto, infatti, la nutrizione e l’idratazione artificiale "sono a tutti gli effetti trattamenti sanitari, per altro invasivi, che il paziente può liberamente decidere di voler interrompere". Ma questo, ammonisce la deputata Pd, "non vuol dire far morire la persona di fame e di sete, come talora si afferma nel dibattito aspro di questi giorni in modo totalmente erroneo. Peraltro sono concordi sul punto tutte le più autorevoli societá scientifiche".
 
"Noi abbiamo fatto proprio il documento della Federazione degli Ordini dei Medici approvato a Terni nel 2009 nel quale si afferma che l'autonomia di scelta del paziente e la responsabilità del medico si incontrano nella relazione di cura che 'unica e irripetibile contiene tutte le dimensioni etiche, civili e tecnico professionali per legittimare e garantire la scelta giusta nell'interesse del paziente'. Quale relazione sarebbe se il medico fosse ridotto a 'mero esecutore'? - chiede Miotto -. Ovviamente non ci sarebbe nessuna relazione di cura e tantomeno alcuna alleanza terapeutica". 

Diverso è invece il caso di una richiesta da parte del pazienti di cure non riconosciute. Infatti, spiega Miotto, "come già accade oggi, il medico può liberamente rifiutarsi appellandosi alla sua deontologia professionale. O ancora, possiamo pensare alla possibile scoperta di un farmaco che potrebbe garantire ad un paziente l’allungamento della sua vita in condizioni dignitose. Ecco, anche in questo caso, il medico potrebbe far valere le sue ragioni come già specificato all’interno del testo unificato all’esame della Commissione Affari sociali", conclude. 
 
Giovanni Rodriquez

09 febbraio 2017
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