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Studio Fiaso: Addio vecchi reparti, ora il malato si cura “in Rete”


19 DIC - Sempre più ospedali e Asl prediligono la presa in carico del paziente da parte di team di professionisti sanitari anche di altre Aziende. Mi ricovero in cardiologia nell’ospedale X ma vengo seguito anche dal nefrologo dell’ospedale Y specializzato nelle nefropatie dei malati cardiopatici. Si chiamano “Reti cliniche”, sono oramai oltre 140 in Italia e garantiscono assistenza migliore e risparmi. Soprattutto quando il lavoro in team non è improvvisato ma genera percorsi diagnostici e terapeutici condivisi
 
Vecchi reparti addio.Per migliorare le cure e spendere meglio arrivano le “Reti cliniche”, “Meta-Ospedali e Meta-Asl” dove, come in una “staffetta”, medici, infermieri e servizi prendono in carico il malato al di là dei confini dell’Azienda sanitaria o ospedaliera dov’è materialmente in cura o ricoverato. Una rivoluzione in atto da tempo ma che negli ultimi anni, grazie all’impulso del management sanitario pubblico, ha subito una decisa accelerazione. In primis a favore dei pazienti, che con il sistema di assistenza “in Rete” hanno al proprio fianco team più allargati e competenti di professionisti. Per capire: mi ricovero in cardiologia all’ospedale X ma il mio caso viene seguito anche dal medico nefrologo dell’ospedale Y che si è specializzato nelle nefropatie dei malati cardiopatici. Un esempio che vale anche per chi non ha bisogno di ricovero ma è preso in carico dalla propria Asl, che lavora “in Rete” con i professionisti di altre Aziende sanitarie, per stabilire i percorsi terapeutici o diagnostici migliori.
 
A studiare il fenomeno è lo studio dell’Osservatorio FIASO (la Federazione di Asl e Ospedali) – realizzato in collaborazione con la SDA Bocconi di Milano e sostenuto da Pfizer Italia - sul “Ruolo delle Aziende Sanitarie nelle reti cliniche in Italia”, presentato oggi in occasione dell’Assemblea Nazionale della Federazione.  “Una cassetta degli attrezzi a disposizione di manager e professionisti sanitari per elevare a livello di sistema le esperienze già maturate sul territorio”, puntualizza Valerio Fabio Alberti, coordinatore della ricerca e neo presidente Fiaso, per dare il senso del lavoro.
 
Prima di censire le esperienze sul territorio, valutarne le performance e gli effetti su assistenza e ampliamento delle competenze professionali, la ricerca parte da una definizione di “Reti cliniche” che nel variegato panorama delle 21 sanità regionali serve a mettere un po’ di ordine. Per rete clinica regionale si intende “una forma di collaborazione stabile e formalizzata tra Unità operative (più o meno l’equivalente dei vecchi reparti) e/o professionisti appartenenti a diverse Aziende sanitarie di una medesima Regione, che abbia ad oggetto il processo di cura del paziente, i servizi di supporto o la circolazione dei professionisti e delle conoscenze”.
La diffusione delle reti cliniche, da tempo nel vocabolario della sanità pubblica britannica (e di altri Paesi anglosassoni, come il Canada) parte lentamente in Italia nei primi anni duemila, ma è dal 2008 che il modello inizia ad espandersi, passando nelle Regioni censite da una cinquantina di esperienze alle oltre 140 dello studio al 2012. Alcune ancora solo “sulla carta”, ossia programmate ma non ancora avviate. Altre in fase di start up e molte già pienamente funzionanti. Tra quelle già in attività le aree terapeutiche dove le Reti sono più diffuse sono Cardiologia (14 esperienze avviate), Oncologia (10), Neurologia (9), Malattie Rare (8), seguite poi da Emergenza-Urgenza, Centri trasfusionali e Cure palliative, che contano 7 esperienze ciascuna. In tutto le Reti cliniche effettivamente funzionanti censite da FIASO sono 87, con una netta prevalenza nel Nord Italia.
 
Dalla contaminazione dei saperi nascono nuove specializzazioni mediche
La tendenza a “lavorare in Rete” da parte di Asl e Ospedali nasce del resto dalla sempre maggiore specializzazione dell’attività medica, che alimenta il bisogno di interscambio e connessione tra professionisti, sia per rafforzare il proprio bagaglio di competenze che per mettere al meglio queste ultime a disposizione del malato. Per questo – rileva lo studio di FIASO - le Reti non si limitano a collegare tra loro gli specialisti della stessa branca, ma sempre più frequentemente prevedono interscambi tra medici di discipline diverse per garantire al meglio la continuità delle cure al paziente. Ad esempio tra diabetologi e nefrologi per la gestione dei pazienti con insufficienza renale piuttosto che tra gastroenterologi e oncologi per la diagnosi del tumore al colon o al retto. Una “contaminazione” dei saperi che ha prodotto anche delle vere e proprie nuove sottobranche specialistiche, come ad esempio quella del “cardio-nefrologo”. Una iper-specializzazione che da difetto della moderna medicina diventa invece “amica” del malato proprio perché al sevizio del lavoro in team.
Le Reti cliniche osservate hanno rilevato dimensioni sovra- provinciali, spesso regionali. Ma quel che fa la differenza è la loro capacità di operare in un sistema organizzato e di procedure in qualche modo codificate. E ad oggi non sempre è così. Tant’è che la Ricerca FIASO individua tre tipologie di “Reti cliniche”:



Le performance delle Reti cliniche
Partendo da questa classificazione lo Studio FIASO ha voluto misurare le performance delle Reti cliniche italiane in due aree terapeutiche: cardiologia e oncologia. Una valutazione che ha richiesto la collaborazione delle 12 Aziende che hanno collaborato all’intero Osservatorio: le Asl di Bergamo, Trento, Bassano, Bologna, Parma, Ravenna, Ferrara e Barletta-Trani, le Aziende Ospedaliere di Potenza e del S.Andrea di Roma, i Policlinici universitari di Ancona e Messina.
Per le reti di area cardiologica, data una scala di valutazione da 1 a 4, queste sono state le pagelle in termini di raggiungimento degli obiettivi assegnate dalle Aziende che hanno risposto al questionario:
Efficienza                                    2,3
Precisione Diagnosi                    2,9
Efficacia clinica                           2,9
Appropriatezza delle cure         2,6
Condivisione conoscenze tra
professionisti ospedalieri          2,9
Condivisione conoscenze tra
prof. Osp. e del Territorio          2,1
Soddisfazione dei pazienti         2,9
Razionalizzazione dei costi        2,2

Per le Reti oncologiche le valutazioni sono invece le seguenti:
Efficienza                                      2,6
Precisione Diagnosi                    3,1
Efficacia clinica                            3,1
Appropriatezza delle cure         3,0
Condivisione conoscenze tra
professionisti ospedalieri          3,1
Condivisione conoscenze tra
prof. Osp. e del Territorio          2,0
Soddisfazione dei pazienti         3,0
Razionalizzazione dei costi        2,6
L’analisi delle reti ha comunque fatto emergere l’eterogeneità del loro sviluppo, una appena sufficiente integrazione tra professionisti ospedalieri e del territorio, mentre la promozione a pieni voti viene raggiunta tanto sul fronte dell’efficacia delle cure che della soddisfazione del paziente. Soddisfazione che l’Area Vasta romagnola ha rilevato tra i suoi pazienti oncologici, che in un’ora di intervista non hanno mancato di sottolineare i pregi del lavoro “in rete”, che li fa sentire accompagnati in ogni fase del loro percorso terapeutico, favorendo l’accesso più rapido ai servizi e, non da ultimo, un rapporto più “umano” tra pazienti, medici e infermieri.
 “Le Reti cliniche – commenta Valerio Fabio Alberti – stanno assumendo un ruolo fondamentale in termini di efficienza gestionale del nostro SSN. Questo perché consentono di rispondere ad alcune esigenze ineludibili del sistema sanitario, quali quella di rispondere alla complessità dei processi assistenziali con la condivisione delle competenze, garantire l’equità dell’accesso alle cure, migliorare la qualità dell’assistenza grazie a percorsi diagnostici e terapeutici ben definiti. Senza dimenticare il migliore utilizzo delle risorse disponibili.”
“Enfatizzando si potrebbe dire che l’attivazione delle Reti cliniche fa bene alla salute degli assistiti e alle casse dello Stato. Ma occorre anche dire – prosegue Alberti - che quello delle Reti è un sistema ancora da sviluppare e perfezionare, iniziando dal definire il ruolo al loro interno delle direzioni di Asl e Ospedali, oggi poco rappresentate, con  quel che ne consegue in termini di mancato coordinamento delle iniziative e quindi di efficacia delle stesse Reti”. “Ma la ricerca FIASO – conclude - è un buon dizionario comune che può fornire indicazioni utili a far decollare in via definitiva i sistemi di assistenza in Rete. Con beneficio soprattutto per i pazienti.”

19 dicembre 2012
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