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Naturale, cesareo o con rissa?


31 AGO - Messina e Roma. Due parti cesarei finiti in tragedia. Diverse situazioni, diversi quadri clinici ma un dato comune che sembra unire le due vicende: quello della rissa tra sanitari. “Naturale, cesareo o con rissa?”. Così ha sintetizzato il nostro Vincino nella sua vignetta di oggi centrando l’aspetto paradossale della vicenda. Se fino a ieri malasanità voleva infatti dire malpractice e quindi inesperienza, disorganizzazione, mal funzionamento dei macchinari e così via, dopo Messina e Roma si afferma una nuova fattispecie: quella del tasso di litigiosità in corsia.
Ma le cose stanno realmente così? Quanto accaduto a Messina è clamoroso. Ha avuto testimoni diretti che hanno potuto confermare il litigio tra i due medici in sala parto. Quanto accaduto a Roma, invece, è tuttora avvolto nel dubbio. Il litigio di cui ha parlato il papà del bimbo non ha testimoni e in ogni caso si sarebbe svolto prima dell’intervento e quindi senza alcuna ricaduta diretta sull’andamento del cesareo come, ma anche questo è oggetto di indagini, sembrerebbe sia accaduto a Messina.
Ma ormai la notizia è esplosa: in corsia si litiga, per soldi come sembra nel caso di Messina o per decidere se e quando intervenire come nel presunto caso romano, e chi ci rimette sono i pazienti.
Ho parlato con il primario neonatologo del Policlinico Casilino, Piermichele Paolillo. In questi giorni è in ferie e quindi non era presente in ospedale al momento dei fatti raccontati oggi dalla stampa. Ma ieri, raggiunto telefonicamente da un giornalista, non si è tirato indietro e, dopo aver parlato con i colleghi che lo sostituiscono a Roma, ha messo le sue parole e la sua faccia davanti ai riflettori per spiegare quanto accaduto. La sua versione dei fatti è molto diversa dalle drammatiche ricostruzioni giornalistiche. La rissa non c’è stata, a meno di non chiamare tale un normale confronto tra colleghi sul momento più opportuno per effettuare il cesareo. L’intervento è stato eseguito a regola d’arte, come tutte le procedure post operatorie per monitorare il neonato che presentava fin da subito un quadro clinico preoccupante. E poi un’escalation purtroppo nefasta. “Purtroppo in ospedale si muore - ricorda Paolillo - e noi, che operiamo in neonatologia d’emergenza con centinaia di gravidanze ad altissimo rischio ogni anno, ne vediamo di casi drammatici come questo”.  “Ma di tutto ciò - sottolinea Paolillo -  non si tiene conto, nella forsennata ricerca di uno scoop che agganci la notizia di prima pagina. Poco importa se nel tritacarne mediatico ci finiscono dentro professionisti e strutture che non hanno fatto nulla di cui vergognarsi”.
Parole semplici e chiare che penso riflettano lo stato d’animo di molti medici che da anni sono oggetto del film della malasanità. Intendiamoci, in Italia ci sono aree intere del sistema sanitario con grosse pecche di efficienza e qualità. Ma se è vero che medici e operatori sanitari a volte sbagliano, da noi come in ogni parte del mondo, è altrettanto vero che non è umanamente possibile prevenire “tutti” gli errori e a fronte di alcuni specifici casi di vera malasanità (non solo errori ma anche truffe e raggiri spregiudicati sulla pelle degli ammalati), la stragrande maggioranza degli episodi contestati in tribunale finisce con l’assoluzione di medici e sanitari.
Per questo continuo ad essere convinto che la malasanità in Italia sia un fenomeno più mediatico che reale.
Prima di tutto a dircelo sono i dati. Ogni anno sono più di 13 milioni gli italiani ricoverati in ospedale per patologie più o meno gravi e oltre 23 milioni quelli che si rivolgono al pronto soccorso per prestazioni urgenti.
Ebbene, secondo le ultime stime sarebbero circa 28 mila le denunce dei cittadini per presunti danni sanitari e si valuta che più o meno un terzo di queste arrivi in tribunale. Secondo l’associazione Amami, in ambito penale, le assoluzioni per gli operatori sfiorano il 90% dei casi. Nel civile, la percentuale di condanna è superiore e infatti la quota di risarcimenti ottenuti raggiunge il 31% sul complesso delle richieste. Ma anche sommando le due casistiche (la penale e la civile) non si superano le poche migliaia di casi totali. E questo su un complesso di 36 milioni di interventi sanitari eseguiti ogni anno in ospedale, escludendo dal conto le visite mediche specialistiche e del medico di famiglia, gli esami clinici e diagnostici ambulatoriali e le prescrizioni farmaceutiche.
Fermo restando che anche limitati episodi di errore o comunque di responsabilità accertata del medico o della struttura, destano sconcerto e che esistono margini importanti per ridurre il rischio clinico, parlare della sanità italiana come affetta da una patologia cronica e diffusa di malpractice, sulla base di queste cifre, risse comprese, è francamente ridicolo.

Cesare Fassari
 
 

31 agosto 2010
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