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Responsabilità professionale in sanità. Un anno di sentenze della Cassazione. Ecco i nuovi orientamenti in materia


Pubblicata dall’Ufficio del Massimario la rassegna della giurisprudenza di legittimità in ambito penale nell’anno 2013. Per la sanità, centrale la distinzione tra colpa lieve e colpa grave. Novità anche sul valore delle linee guida e dei protocolli in funzione della responsabilità medica. IL MASSIMARIO.

28 FEB - Il Decreto Balduzzi ha introdotto “novità di non poco rilievo” su cui sono “già intervenute due sentenze, quasi coeve, che hanno tracciato la strada della futura elaborazione giurisprudenziale”. A sostenerlo è la Corte di Cassazione, nel Massimario fresco di pubblicazione che raccoglie i nuovi e principali orientamenti della giurisprudenza di legittimità in ambito penale derivanti dalle sentenze emesse nel corso del 2013.

Tra le materie, non poteva certo mancare la sanità o, più precisamente, l’attività medico chirurgica. La novità maggiore, secondo la Corte di Cassazione, è da individuare nel Decreto Balduzzi (n. 158 del 2012) e in particolare all’art. 3, dove si prevede che l’esercente una professione sanitaria, che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida ed a buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, non possa essere chiamato a rispondere penalmente per colpa lieve. “Si tratta di novità evidentemente di non poco rilievo, atteso che, per un verso, viene introdotta per la prima volta nell’ambito della disciplina penale dell’imputazione soggettiva la distinzione tra colpa lieve e colpa grave e, per altro verso, risultano valorizzate le linee guida e le virtuose pratiche terapeutiche, purché corroborate dal sapere scientifico”, osserva la Cassazione nel Massimario. Ricordando due sentenze, “quasi coeve, che hanno tracciato la strada della futura elaborazione giurisprudenziale”.

La prima è Sez. IV, 29 gennaio 2013, n. 16273, “con cui la Corte affronta ex professo il tema dell’incidenza della citata nuova legge sui processi in corso, fornendo gli elementi ermeneutici per distinguere la colpa lieve dalla colpa grave e chiarendo, altresì, la funzione assolta dalle linee guida e dai protocolli. Evidenzia, in particolare, che le linee guida accreditate operano come direttiva scientifica per l’esercente le professioni sanitarie ma non danno luogo a norme propriamente cautelari, di talché non configurano ipotesi di colpa specifica, in ragione sia della loro varietà e del loro diverso grado di qualificazione sia per la loro natura di strumenti di indirizzo e di orientamento, privi della prescrittività propria di una regola cautelare, per quanto elastica”.

Dopo avere esaminato la posizione della Corte, nel Massimario si sottolinea come, secondo la stessa, il Decreto Balduzzi abbia “determinato la parziale abrogazione delle fattispecie colpose commesse dagli esercenti le professioni sanitarie e, segnatamente degli artt. 589 e 590 cod. pen.; la restrizione della portata delle incriminazioni de quibus ha avuto luogo attraverso due passaggi: l’individuazione di un’area fattuale costituita da condotte aderenti ad accreditate linee guida e l’attribuzione di rilevanza penale, in tale ambito, alle sole condotte connotate da colpa grave, poste in essere nell’attuazione in concreto delle direttive scientifiche. In altri termini, nell’indicata sfera fattuale, la regola d’imputazione soggettiva è ora quella della sola colpa grave mentre la colpa lieve è penalmente irrilevante con conseguente parziale effetto abrogativo ex art. 2 cod. pen”.
 
Quanto alla seconda sentenza, IV Sezione penale, 24 gennaio 2013, n. 11493, si afferma, invece, che la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve, opera soltanto per le condotte professionali conformi alle linee guida contenenti regole di perizia, ma non si estende, quindi, agli errori diagnostici connotati da negligenza o imprudenza. “Interessante – si sottolinea nel Massimario - è anche un passaggio della motivazione con cui si evidenzia che le linee guida, per avere rilevanza nell’accertamento della responsabilità del medico, devono indicare standard diagnostico- terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica a garanzia della salute del paziente e non devono essere ispirate ad esclusive logiche di economicità della gestione, sotto il profilo del contenimento delle spese. Se è vero, infatti, che anche le aziende sanitarie devono ispirare il proprio agire anche al contenimento dei costi ed al miglioramento dei conti - a maggior ragione in un contesto di difficoltà economica - è altresì vero che tali scelte non possono in alcun modo interferire con la cura del paziente. Nella pronuncia è chiaramente affermato che l’efficienza del bilancio può e deve essere perseguita sempre garantendo il miglior livello di cura, al fine di assicurare il quale il sanitario ha il dovere di disattendere indicazioni stringenti dal punto di vista economico che si risolvano in un pregiudizio per il paziente”.

Ma i casi riguardanti l’attività medico chirurgica non si fermano qui. Tra le altre cose, con la sentenza n. 26966 del 19 aprile 2013 la Corte ha affermato che il medico, il quale compie insieme al direttore del reparto attività sanitaria e risulta pienamente al corrente delle condizioni cliniche del paziente, non può pretendere di essere sollevato da responsabilità ove ometta di differenziare la propria posizione, rendendo palesi i motivi che lo inducono a dissentire dalla decisione eventualmente presa dal direttore. Di responsabilità a titolo di cooperazione colposa si è parlato nella sentenza n. 21220 del 24 aprile 2013, che ha riconosciuto in capo al direttore responsabile di un centro sanitario privato la responsabilità, ex art. 113 cod. pen., per il delitto di lesioni colpose realizzato in danno di un paziente curato esclusivamente da un collaboratore dello studio sfornito di titolo abilitante allo svolgimento dell’attività.
 

28 febbraio 2014
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