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Ordine di servizio e infermieri. Solo con conoscenza leggi si può valutare un rifiuto (parte terza)

di Graziano Lebiu

E’ nel ‘proprium’ dell’infermiere verificare l’evolversi di una disposizione di servizio, dall’estensione all’esito finale: solo con tale ri-cognizione si possono porre in essere le condizioni affinché altre entità possano tempestivamente contribuire al superamento di eventuali criticità, anche rispetto agli effetti, tra punti di vista differenti

13 APR - Resto decisamente dell’avviso che in presenza di un conclamato conflitto interprofessionale l’attenzione, la collaborazione e il buonsenso siano l’unico antidoto alla rigidità della legge e dei regolamenti: per il “passaggio dal professionista intellettuale all’intellettuale professionista” (cit. atti evento ECM Illeciti penali e civili, avv. M. Marcellini) “è preferibile la guida del pensiero e dell’intelletto” alla pedissequa adesione a precetti ed istituti contrattuali stringenti, perentori ed insidiosi.

Sul tema, non ho fatto un raffronto tra il potere dell’infermiere e quello degli altri professionisti in sanità, medici in particolare, ma ho riaffermato con continuità il dovere, l’obbligo, l’intima convinzione che per ragionevoli o fondati rilievi debba sempre interpellarsi l’estensore di una disposizione di servizio, senza subirla in toto e/o passivamente, ragionandoci sopra pur nel rispetto della competenza dell’ordinante.

E’ nel ‘proprium’ dell’infermiere verificare l’evolversi di una disposizione di servizio, dall’estensione all’esito finale: solo con tale ri-cognizione si possono porre in essere le condizioni affinché altre entità possano tempestivamente contribuire al superamento di eventuali criticità, anche rispetto agli effetti, tra punti di vista differenti.

Il governo di questa fase deve svilupparsi nell’identico modo in cui si articola il processo di vigilanza dell’assistito: si agisce, si osserva, si valuta, si monitora, si accerta, si riconosce, si acquisisce, si interpreta l’insieme di dati e dei segni non solo clinici, e poi ci si assume la responsabilità delle decisioni conseguenti.

Ho evidenziato che all’interno del contesto di un corretto e autonomo esercizio professionale, (anche chiamati a gestire una disposizione di servizio “irrituale” nella forma e nella sostanza quasi esclusivamente per la vigenza e le applicazioni dell’istituto contrattuale comparto sanità Obblighi del Dipendente), riveste enorme valore lo studio del diritto, della legislazione, della giurisprudenza.

L’infermiere, trovandosi a stretto contatto con il reato, anche per il disposto dell’art. 5 C.P. “nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”, deve:
- conoscere le fattispecie criminose prossime alla sua professione;
- valutare i propri atti e comprenderne le conseguenze
- agire nell’osservanza della legislazione ed in autonomia
- raggiungere una maggiore e adeguata cognizione del ruolo sociale
- essere sempre più consapevole del ruolo professionale

Solo avendo ben presenti i singoli illeciti e l’orientamento dei giudici in materia di lavoro e di diritto alla salute, si eviterà di tenere comportamenti illeciti, di incorrere in responsabilità e si potrà valutare se rifiutarsi di ottemperare ad una disposizione quando essa sia ritenuta errata o illegittima.
Ecco perché insisto nel canalizzare l’attenzione dei lettori in questa direzione piuttosto che in un’altra.

Dal punto di vista dell’organizzazione e dell’istituzione, all’infermiere sono affidate l’assistenza e la cura delle “persone” titolari di diritti garantiti talvolta anche costituzionalmente. Con riguardo alle “persone”, l’infermiere, nell’accezione giuridica, normativa, deontologica e contrattuale è destinatario anche di doveri. Voce fuori campo: un sinallagma tra gli oneri degli uni e dell’altro è possibile?

Preso atto della salvaguardia dell’Articolo 2236 c.c. “se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o di colpa grave”, l’insieme delle conseguenze alle quali ci si espone/si è esposti, in proprio o in rappresentanza di altri, nello svolgimento di azioni professionali, deve essere definito “responsabilità”, da scomporre in penale,  derivando dalla commissione di un reato, e civile, derivante da un atto che abbia prodotto un danno patrimoniale o extrapatrimoniale. Da queste, si innescano tutta una serie di sequenze che non è qui il caso di trattare per non uscire fuori tematica ed invadere campi altrui, salvo considerare che la colpa consiste in un atteggiamento psicologico caratterizzato da leggerezza che poi si concretizza in negligenza, imprudenza, imperizia, mancando la volontà dell’evento. Agisce con colpa anche chi disapplica o non si cura di regolamenti, trascurando l’attuazione delle principi della disciplina praticata. Il dolo invece, comprendendo una fase ideativa ed una esecutiva, consiste nel proposito deliberato di produrre l’evento. È tentato quando l’evento, voluto, non si sia realizzato per ragioni estranee e indipendenti dalla volontà dell’agente (art. 56 c.p.). 

Anche con il fine di confutare l’idea che il “totem” del demansionamento e della dequalificazione “non istituzionalizzati” possa avere un impatto superiore allo zero virgola rispetto ad altri ambiti dell’esercizio professionale  e delle responsabilità ad essi conseguenti, passerei a citare una serie ben più delicata, non esaustiva ed in ordine alfabetico, di delitti contro la persona e contro l’amministrazione prossimi all’infermieristica e che potrebbe  essere conseguenza di disposizioni di servizio.

Questi dovranno essere valutati e correlati sempre e solo alla norma di protezione art. 11/2004 Obblighi del Dipendente ex art. 28/1995 lettera h) Comparto Sanità: “…Eseguire le disposizioni inerenti all’espletamento delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartiti dai superiori. Se ritiene che la disposizione sia palesemente illegittima, il dipendente è tenuto a farne immediata e motivata contestazione a chi l’ha impartita, dichiarandone le ragioni. Se la disposizione è rinnovata per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione, salvo che la disposizione stessa sia vietata dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo…”. Voce fuori campo: questa previsione è tanto più importante a seguito della rivisitazione di cui alla Legge 190/2012 dagli artt. 64 al 75.

In tema di delitti contro la persona, trovo anche utile richiamare il “principio di affidamento” apprezzabile nella sentenza della Suprema Corte di Cassazione Penale Sez. IV n. 8006/99: “ogni consociato può confidare che ciascuno si comporti adottando regole precauzionali normalmente riferibili al modello di agente proprio dell’attività di riferimento, ed ognuno deve evitare unicamente i pericoli scaturenti dalla propria condotta. Questo significa che di regola non si ha obbligo di impedire che realizzino comportamenti pericolosi terze persone altrettanto capaci di scelte responsabili””. Diligenza, perizia, prudenza sono un unicum della capacità di fare quanto ad ogni operatore compete, e non si dovrebbe, quindi, presupporre alcuna verifica. Voce fuori campo: ma spesso la realtà supera la fantasia…
 
Abbandono di persone minori o incapaci, art. 591 del c.p.: È reato di pericolo e sussiste anche se l’abbandono è di breve durata. – Leggasi Sentenza Corte diCassazione, sez. V  21 febbraio 2013 n. 17976e Sentenza Corte di Cassazione, sez. II,  06 dicembre 2012 n. 10994:   

Abuso d’ufficio, art. 323 del c.p.: Potrebbe essere il caso della responsabilità in concorso di un medico specialista che, coadiuvato da un infermiere, invia pazienti presso un ambulatorio privato di cui il medico sia socio e l’infermiere in libera professione, in quanto la struttura ospedaliera pubblica non dotata dell’attrezzatura necessaria per compiere attività successive alla visita dei pazienti, prestazioni “ritenute” fondamentali dal medico.

Circonvenzione d’incapace, art. 643 c.p.: Nell’impianto codicistico è sotto la voce “dei delitti contro il patrimonio”. E’ un reato gravemente offensivo dell’essere umano.

Concorso di persone nel reato,  artt. 110 C.p.:  Il reato deve di fatto realizzarsi attraverso la collaborazione di almeno due persone, contribuendovi anche in misura minima. Leggasi Sentenza Cassazione Penale, sez. V, 22 ottobre 2008, n. 46454 e Sentenza Cassazione Penale, sez. IV, 2 Aprile 2010, n. 19637

Esercizio abusivo di professione (sanitaria) art. 348 c.p.: Potrebbe riguardare un operatore di supporto “comandato” a somministrare un farmaco stupefacente e che falsifica la firma di un’infermiera sul relativo registro di carico e scarico. E’ il caso dell’infermiere che somministra farmaci senza prescrizione del medicoLa prescrizione di alcune tipologie di farmaci può essere impartita oralmente e anche per telefono, ma tale disposizione deve essere tracciata nella documentazione clinica o infermieristica.

Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, art. 476 c.p.

Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, art. 479 c.p.

Falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un pubblico servizio, art. 493 c.p.

Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità, art. 331 c.p.:  Può essere il caso di uninfermiere reperibile di un reparto ospedaliero che si sottragga alla chiamata deducendo, secondo un proprio personale giudizio tecnico, che non sussisterebbero i presupposti di un’invocata urgenza; Può essere il caso di un’infermiera reperibile che, con l’obbligo di raggiungere la struttura sanitaria nel più breve tempo possibile, lo faccia con grave ritardo, tale da rischiare di compromettere procedure diagnostico-terapeutiche.  L’interruzione di un pubblico servizio è reato che nell’impianto codicistico è pubblicato sotto il titolo “dei delitti contro la pubblica amministrazione”. Voce fuori campo: le ricadute di questo reato sono però, soprattutto, sulle persone.

Lesioni personali colpose, art. 590 c.p.  In caso di lesioni gravi o gravissime la pena è aumentata se i fatti sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ed in tal caso si procede d’ufficio. Potrebbero, a titolo di esempio, raffigurarsi lesioni personali colpose in caso di: a) reazioni allergiche a seguito di somministrazione di un antibiotico prescritto verbalmente senza alcuna verifica della corrispondenza di corrette annotazioni in cartella clinica rispetto alle schede paziente da parte del personale medico ed infermieristico; b) frattura di femore a seguito di negligente omissione delle spondine di contenimento al letto di un paziente disorientato ed in delirio di agitazione. Essendo titolari di una posizione di garanzia verso gli assistiti, abbiamo infatti l’obbligo dell’accudimento e della protezione; c) affido da parte di un infermiere di metadone cloridrato ad un pzt che ne ingerisce un quantitativo superiore alla prescrizione ed entra in overdose, cade e si frattura un arto, affido concesso in assenza di un valido piano terapeutico e senza un riscontro clinico da parte del medico in turno quel giorno.

Omicidio colposo, previsto e punito dall’art. 589 del c.p.: È delitto contro la vita e l’incolumità individuale e deriva da negligenza, imprudenza, imperizia. E’ il caso, ad esempio, di infermieri responsabili di “culpa in vigilando” quando, in un reparto psichiatrico, non prestano negligentemente tutta l’attenzione necessaria per monitorare le condizioni di un paziente con importanti sintomi di irrequietezza, tanto da aggredire durante la notte un altro ricoverato, uccidendolo, senza che nessuno si accorga di nulla tra le 2,30 della notte e le 7,00 del mattino quando il turno entrante rinviene il cadavere.

Omicidio praeterintenzionale, art. 584 c.p.; rientra nello svolgimento della professione sanitaria, sulla base del paradigma della garanzia costituzionale del diritto alla salute: l’atto chirurgico corrisponde (solo formalmente) alla lesione, è scriminato dal riconoscimento del diritto alla salute, dal titolo abilitativo e dal consenso informato. Esiste, ad esempio, la configurabilità del delitto preterintenzionale nei casi di morte verificatesi in trattamenti sanitari effettuati in violazione delle regole sul consenso informato. Laddove non si sia ottenuto il consenso informato l’atto chirurgico si traduce in una lesione personale volontaria (art. 582). Voce fuori campo 1: se l’intervento chirurgico ha successo, chi mai potrebbe sporgere denuncia o querela? Voce fuori campo 2: se l’atto chirurgico non ha successo per responsabilità dei sanitari (ipotesi di colpa – negligenza – imprudenza – imperizia)  e il paziente muore, se manca il consenso informato si configura il reato di omicidio preterintenzionale o di omicidio colposo?  Voce fuori campo 3: Alla magistratura giudicante l’arduo responso, agli infermieri l’auspicio di evitare di porre la domanda…

Rifiuto di atti d’ufficio, art. 328, 1° co. c.p.: E’ un delitto contro la pubblica amministrazione, vuole assicurare il regolare funzionamento della pubblica amministrazione. È reato di pericolo. È reato di dolo generico. L’atto che deve essere compiuto deve attenere, tra le altre, a ragioni di giustizia – di sicurezza pubblica - di ordine pubblico - di igiene - di sanità. Potrebbe essere il caso dell’infermiera in servizio attivo, tenuta ad effettuare gli interventi richiesti direttamente dall’utente; e se è pur vero che non può negarsi all’infermiera il compito di valutare la necessità di quale assistenza erogare sulla base del quadro e del contesto clinico prospettatole, considerando che il rifiuto deve riguardare un atto indifferibile dal cui mancato compimento può derivare un pregiudizio, è anche vero che una tale discrezionalità può ben essere sindacata dal giudice di merito sulla base degli elementi di prova sottoposti al suo esame.

Rivelazione di segreto professionale, art. 622 c.p.:  È punibile a querela della persona offesa (art. 622 2° co.). E’ solo l’assistito il depositario del diritto a divulgare o meno  informazioni o condizioni che ritenga di tenere riservate e che potrebbero causargli danno. A tal fine richiamo anche l’art. 28 del Codice Deontologico 2009, perché prima ancora dei precetti giuridici, è l’intima convinzione del rispetto del segreto professionale-rispetto della persona che indirizzo il ns. agire in un senso piuttosto che in un altro. Potrebbe essere il caso di comunicazioni trasmesse alla redazione di un giornale da un Pronto Soccorso nel merito di un accadimento con dovizia di particolari su luoghi orari nomi e cognomi, diagnosi e prognosi.
 
Sequestro di persona, previsto e punito all’art. 605 del c.p.:  È delitto contro la libertà individuale, consistendo nella privazione della libertà di agire.Non occorre una lunga durata, non importa il fine, non occorre che la libertà di movimento sia totale. Si realizza in ipotesi di contenzione ingiustificata. Per tutte: Cassazione Penale sez. I n.18186/2009.

Violenza privata, previsto all’art. 610 c.p.: È un delitto contro la libertà morale, e intende tutelare la libertà psichica.
 
Pur nella brevità espositiva, i pochi esempi citati attestano la complessità e la criticità di situazioni nelle quali, loro malgrado, gli infermieri possano ritrovarsi. Degli illeciti amministrativi e delle conclusioni, tratterò nella IV ed ultima parte.
 
Graziano Lebiu, infermiere forense
Presidente Collegio Ipasvi Carbonia Iglesias
 
Leggi la prima e la seconda parte
 


13 aprile 2016
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