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Le nuove tariffe per i test genetici rischiano di mettere in crisi la pratica medico-diagnsotica

di Pietro Cavalli

04 MAR - Gentile Direttore,
la proposta di revisione delle tariffe relative all’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, attualmente all’attenzione della Conferenza Stato Regioni, oltre ad aggiornare l’elenco delle prestazioni, non pare indifferente al problema del contenimento dei costi.
 
Vale però la pena di segnalare che in realtà alcuni tariffari regionali, uno fra tutti quello di Regione Lombardia, sono da sempre monitorati e progressivamente modificati in relazione alla evoluzione della diagnostica e delle tecnologie. Valga per tutti l’esempio della voce del tariffario regionale lombardo relativa all’analisi genetica germinale di BRCA che, già dal 2015, ha saputo conciliare l’appropriatezza prescrittiva con una tariffazione equa. Questa anche grazie all’elevato livello di collaborazione tra gli uffici regionali, gli specialisti del territorio ed i loro rappresentanti.
 
Aspetto invece carente nella proposta Governativa, se è vero che le modalità di costruzione delle tariffe dei test genetici sono vecchie di almeno 6-7 anni e assai distanti dalla attuale realtà diagnostica, costituendo di fatto un'anomalia che potrebbe riflettersi nella odierna pratica clinico-diagnostica.
 
Oggi le tecniche di Next Generation Sequencing (NGS) sono prevalenti nella maggior parte delle analisi genetiche e l’utilizzo di pannelli che consentono l’analisi contemporanea di decine/centinaia di geni costituisce ormai la normale routine di laboratorio. Da qui bisogna iniziare perché, al di là della fase analitica, spesso assai delicata, è l’interpretazione del risultato a rappresentare il vero problema.
 
Se per l’analisi di geni ben conosciuti (es. BRCA), si debbono affrontare spesso notevoli difficoltà interpretative (i risultati dei Controlli esterni di qualità nazionali ed internazionali lo possono testimoniare), le cose si complicano ulteriormente per l’analisi delle varianti di geni meno noti. In questi casi spesso si impongono confronti tra specialisti, revisione della letteratura, scambi di informazioni con altri Centri. In altre parole, oggi non è tanto l’esecuzione del test genetico, quanto la sua interpretazione a condizionare la diagnosi ed il conseguente percorso clinico. Se un tempo si stimava che il 70% del costo di un esame di laboratorio dovesse venire attribuito al costo del personale, oggi questa proporzione dovrebbe essere riveduta e corretta.
 
Ma c’è dell’altro. Se è vero che nelle intenzioni governative c’è anche la necessità di contenere i costi della diagnostica, allora è meglio dire subito che questa speranza, con la proposta di revisione del tariffario, nasce già morta.
 
Nel concreto, oggi in Regione Lombardia esiste un’unica voce per la tariffazione dell’analisi NGS su pannelli di geni, indipendentemente dal loro numero. La modifica governativa, che vorrebbe ridurre all’incirca del 30% il costo della tariffa attuale, prevede invece l’analisi sino ad un massimo di 47 geni. Se da un lato si fatica a comprendere il perché del numero 47, giova ricordare che oggi l’impiego di pannelli che analizzano centinaia di geni è pratica corrente e che, solo per fare un esempio, l’analisi NGS per definire i difetti di ricombinazione omologa (HRD) analizza, con prodotti commerciali, anche 160 geni per definire la migliore strategia terapeutica in numerose tipologie di cancro.
 
E facilissimo fare due calcoli: se fino ad ora l’attuale tariffazione dell’analisi NGS prevede un costo per il sistema sanitario lombardo di circa 2000 euro, l’applicazione delle nuove proposte porterebbe ad un rimborso per esame ben superiore a 4000 euro, raddoppiando di fatto il costo della attuale prestazione. Se poi aggiungiamo che la prescrizione dei test genetici viene di fatto liberalizzata, si raggiunge la certezza di un incremento esponenziale dei costi della diagnostica. Il tutto al netto dell’appropriatezza prescrittiva e con il rischio reale di scelte terapeutiche fuori controllo.
 
Forse è opportuno che le proposte di modifica al nuovo tariffario, suggerite al Ministero ed alle Regioni da parte della SIGU (Società di Genetica Umana) ai primi di febbraio di quest’anno senza apparente riscontro, vengano prese in seria considerazione.

Pietro Cavalli
Medico Genetista

04 marzo 2022
© Riproduzione riservata

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