Gentile Direttore,
in merito alla decisione dell’AIFA di inserire gli analgesici oppiacei per la Terapia del Dolore nella lista di trasparenza, l’AISD (Associazione Italiana per lo studio del Dolore), insieme a SIMG, (Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie), Federdolore-SICD (Società Italiana Clinici del Dolore), SICP (Società Italiana di Cure Palliative), Fondazione ISAL, Fondazione Paolo Procacci, Fondazione Onda e Cittadinanzattiva, esprimono una profonda preoccupazione, vista la peculiarità della classe farmacologica in questione.
Tale decisione appare, peraltro, in controtendenza rispetto all’atteggiamento estremamente attento di AIFA circa la prescrizione di questi farmaci e le cautele suggerite dalle linee guida internazionali in merito alla gestione del dolore, in particolare quello cronico, con farmaci oppiacei, per il quale è fondamentale un approccio personalizzato, che comunque si è realizzato, a tutt'oggi, anche in presenza dell'utilizzo dei bioequivalenti.
Ciò che preoccupa non è, pertanto, il bioequivalente in quanto tale, al quale si riconosce anche una valenza ai fini del contenimento della spesa farmaceutica, ma la sostituibilità automatica tra originatore e bioequivalente e tra bioequivalente e bioequivalente, così come prevista dalla lista di trasparenza e che potrebbe risultare critica per i pazienti in trattamento con oppiacei.
Il presupposto fondamentale per la diagnosi e il trattamento del dolore, è un approccio personalizzato e incentrato sulla persona, al fine di stabilire un'alleanza terapeutica tra paziente e medico, ma anche una aderenza terapeutica che garantisca un uso appropriato e sicuro dei farmaci oppiacei, in linea con gli obiettivi del trattamento concordati con il paziente (riduzione dell'intensità del dolore e recupero della funzionalità).
Più specificatamente, i criteri di bioequivalenza, basati su parametri farmacocinetici consentono una possibile variabilità della biodisponibilità dei farmaci generici, che può oscillare da +80% a +125% rispetto all’originatore. Nel caso degli oppiacei, nel passaggio da originatore a bioequivalente o da bioequivalente già in uso ad altro bioequivalente, tale variabilità potrebbe verosimilmente causare un insufficiente sollievo dal dolore, da un lato, con la possibile insorgenza di crisi d’astinenza, o un aumento del rischio di effetti collaterali anche gravi dall'altro.
Pertanto, cambiamenti di marca di farmaco oppiaceo, con il passaggio a un oppiaceo bioequivalente potrebbero risultare critici, soprattutto in individui con dolore cronico che utilizzano la terapia oppiacea a lungo termine.
Strategie per limitare i pericoli sopra esposti potrebbero essere quelle, da un lato di garantire la continuità nell’uso del farmaco originatore in quei pazienti cronici che con tale farmaco abbiano iniziato la loro terapia, e dall’altro fornire ai farmacisti le informazioni adeguate affinché il passaggio da un bioequivalente all’altro rispetti proprio i criteri di bioequivalenza.
Pertanto, sarebbe auspicabile un momento di condivisione e di confronto tra AIFA, Società Scientifiche coinvolte e Associazioni dei pazienti per cercare insieme la migliore strategia nell’uso appropriato e sicuro degli oppiacei generici e non.
Maria Caterina Pace