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Allentamento norme incompatibilità? Uno specchio per le allodole

di Calogero Spada

10 MAR -

Gentile Direttore,
potrebbe costituire l’ennesimo specchio per le allodole la recente introduzione dell’emendamento del decreto mille proroghe che, (apparentemente) consentendo la disapplicazione delle norme sull’incompatibilità, agevola le professioni sanitarie non mediche alla possibilità di usufruire di ben 8 (misere) ore da espletarsi in regime libero professionale anche presso strutture diverse da quella di appartenenza.

Tale norma, già da alcuni (giornalismo) commentata sia come «un primo passo in avanti, una prima risposta concreta alle nostre reiterate richieste al Governo.», sia come «modifiche alla norma, scritta malissimo ai limiti dell’illeggibile, già approvata un anno fa con l’art. 3-quater della legge 165/2021»; e da altri (ordini) accolta con soddisfazione, perché vista come «un intervento che contribuisce ad affrontare in modo strutturale la carenza di personale sanitario», in realtà è l’ennesimo – ma sempre troppo timido – tentativo di adeguamento ad una situazione di oggettiva necessità nonché ad una evoluzione di caratura Europea e mondiale, ove la liberalizzazione di esercizi professionali ancora legati a lacciuoli di cui la sanità Italiana non ha affatto bisogno, che farebbero decollare i servizi sanitari e rimpinguare le da sempre emorragiche casse del fisco, è da tempo una consolidata realtà fuori dai confini del Bel Paese.


Qui da noi invece si assiste a ciò che sarebbe tecnicamente definibile “resistenza al cambiamento”, stigmatizzato dalla più recente Sentenza della Corte costituzionale n. 54/2015 (Amato, Cartabia et al.) che di fatto riduce alcuni esercizi professionali al pari di “non professioni”, perpetrando l’annoso quesito sul differenziale operato in tema di dipendenti della pubblica amministrazione sulla classe medica.

Infine un procedimento normativo di effettiva liberalizzazione delle professioni non costituirebbe affatto un ostacolo (così come pontificato da alcuni) bensì una vera agevolazione al superamento dei forti limiti di accesso alle prestazioni del SSN – le famose “diseguaglianze” – in coerenza al dettato Costituzionale dell’art. 32.

Ma veniamo ai due forti aspetti di incoerenza tecnica dell’emendamento:

Il primo è intrinseco alla novella stessa, perché non disapplicando anche il regime autorizzatorio previsto al punto 2 del medesimo art. 3-quater, rende il provvedimento “monco” della necessaria caratteristica effettivamente liberalizzante; ciò consente ad ogni azienda di dare un parere negativo (il più delle volte nemmeno puntualmente giustificato, né motivato) la cui disapplicazione di fatto ripristina ogni regime sanzionatorio per i lavoratori pubblici che (nuovamente) contravvengano al vincolo di esclusività.

Il secondo è per l’annosa attività posta in essere dai sindacati con la contrattazione decentrata, da sempre caratterizzata da una teatralità cui i più forse nemmeno si rendono conto, ma che sta perpetuando un costante peggioramento (e giammai miglioramento) delle condizioni dei diritti dei lavoratori, che si sono visti non soltanto sottrarre opportunità – giusto caso – amministrative (plus-orario, recupero orario, etc.) ma anche annientare norme di legge sacrosante, quale ad es. il combinato disposto dal d.lgs. 66/2003 e dall’art. 36 Cost. che prevede che le ferie previste dalla legge, pari a 4 settimane l’anno per tutti i dipendenti, devono essere fruite entro l’anno di maturazione nella misura minima di 2 settimane, possibilmente continuative. Le ulteriori 2 settimane devono essere fruite entro i 18 mesi successivi all’anno di maturazione; in particolare quest'ultima disposizione è spesso “sacrificata” alla corresponsione delle risorse aggiuntive regionali, vincolate a programmazioni di mera fantasia che prevedono lo “smaltimento” di tutte le ferie entro l’anno solare … inoltre spesso e volentieri in violazione del medesimo pool normativo, le ferie vengono estorte per compensare singolari neo-aspetti di indebitamento orario, sorti proprio con l’irrigidimento estremo (ossia la estinzione) di ogni forma di flessibilità oraria.

Pure questi stessi sindacati stanno da una parte plaudendo al decreto mille proroghe (omettendo le sue criticità) e dall’altra continuano a inneggiare formalmente con forza slogan «lavorare meno, lavorare meglio, aumentare le retribuzioni», che in realtà, laddove conseguiti quali risultati, altro non sarebbero che i correttivi ai mali da loro medesimi causati con anni di perversa, clientelare contrattazione collettiva e decentrata.

Le corrette rivendicazioni da presentare in ogni possibile modo (ddl governativo, o di iniziativa popolare) al governo Meloni – come già in un altro precedente intervento si suggeriva – sono quelle ormai più volte sintetizzate:
- (vera) libera professione;

- (vera) risoluzione del vincolo di esclusività;

- diritto al giusto compenso relativamente alla posizione accademica conseguita;

- concrete possibilità di carriera sia in ambito accademico che dirigenziale.

Ogni altro esercizio diverso da questo, risulterà la ennesima perdita di tempo, utile a tutti tranne che ai veri interessati … 700000 professionisti della sanità.

Dott. Calogero Spada
TSRM – Dottore Magistrale



10 marzo 2023
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