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Ognuno di noi è Barbara Capovani

di Ornella Mancin

26 APR -

Gentile Direttore,
ognuno di noi è Barbara Capovani, un medico che tutte le mattine esce di casa per raggiungere il posto di lavoro: ospedale, studio medico, distretto o quant’altro e lo fa con la consapevolezza che è necessario esserci perché ci sono i pazienti che ci aspettano, persone con problemi di salute grandi o piccoli che hanno bisogno di ricevere una diagnosi, di avere una cura o magari di chiederci solo qualche consiglio.

Ci andiamo sempre anche quando non stiamo benissimo, anche quando siamo stanchi, anche adesso che il cuore piange… perché è imperativo per noi esserci, perché questo è il nostro mandato, la nostra “missione”.

Barbara Capovani è ognuno di noi che anni fa ha deciso che non c’era lavoro più bello al mondo che fare il medico. Ha dovuto lottare per farlo magari superando un duro test di ingresso, ha dovuto faticare lunghi anni sui libri, ha dovuto spesso rinunciare a feste, vacanze perché c’era da preparare Anatomia, Patologia Medica, le Cliniche….. E poi gli anni della specializzazione vissuti con entusiasmo e con un impegno nuovo, duro. Ma la tenacia è ciò che contraddistingue chi intraprende questa professione e finalmente inizi la professione quella vera, quella per cui ti sei speso così tanto.

Una professione che ti assorbe completamente, che ti sottrae spesso ai tuoi affetti ma che non cambieresti con nessun altro lavoro, perché l’hai fortemente voluta, perché senti che è la tua “missione”.

E così impari ad essere un’“equilibrista” che bilancia lavoro e famiglia anche se la bilancia pesa sempre di più dalla parte del lavoro. Magari riesci pure, perché lo vuoi fortemente, a fare dei figli. E allora sì che sei felice …ma quanta fatica. Fortuna magari che ci sono i nonni che un po' ti aiutano o magari un partner che non fa il tuo stesso lavoro e ha un po' di tempo in più per i bambini.

Ma quanta gioia quando rientri a casa dopo una lunga giornata di lavoro abbracciare i tuoi figli, sederti a tavola con tutta la famiglia magari pensare che potresti prendere qualche giorno di ferie per stare di più con loro, per andare qualche giorno in vacanza.

E’ la vita di ognuno di noi quella di Barbara Capovani, una vita che nessuno si aspetta finisca come è finita . Si perché nessuno si aspetta di essere ucciso all’uscita dell’ospedale o dell’ambulatorio dove hai prestato servizio, nessuno pensa che le persone a cui tu dedichi il tuo tempo, le tue conoscenze, la tua cura possano diventare i tuoi assassini.

Barbara è stata uccisa un venerdì sera al termine di una giornata di lavoro e forse stava pensando al rientro a casa, magari era felice perché avrebbe avuto qualche giorno per stare con i suoi figli o magari era pensierosa perché qualcuno dei suoi pazienti non stava bene …

Barbara è stata uccisa e non è potuta tornare alla sua famiglia e non tornerà più a curare i suoi pazienti.

Quando abbiamo intrapreso la lunga strada che ci ha portati ad essere medici, nessuno di noi avrebbe mai pensato che rischiavamo di morire per mano di qualche nostro paziente, nessuno ha mai pensato che avremmo potuto essere aggrediti fisicamente o anche solo verbalmente.

Neanche Barbara lo avrebbe mai immaginato anche se ha intrapreso la strada della psichiatria dove certo il rischio è più alto.

Perché tanta violenza contro chi cura?

Barbara è ognuno di noi e ognuno di noi oggi muore un po' con lei: muore un po' la nostra passione per il nostro lavoro, muore un po' il nostro entusiasmo, muore un po' la nostra fiducia, muore un po' la voglia di essere medici.

Il nostro lavoro sarà pure una missione come ci hanno sempre fatto credere e in virtù della quale sacrifichiamo gran parte della nostra vita, ma di certo non è una chiamata al martirio.

Non possono le istituzioni ignorare quello che sta succedendo né non interrogarsi sulle cause che stanno portando all’esasperazione le persone, quelle stesse persone che noi curiamo mettendoci la faccia oltre che il cuore.

Ornella Mancin

Medico di famiglia



26 aprile 2023
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