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La classifica Crea delle performance regionali in sanità è valida?

di Claudio Maria Maffei

23 GIU -

Gentile Direttore,
alcuni giorni fa è stata pubblicata qui su Quotidiano Sanità una sintesi della analisi delle performance regionali in sanità elaborata annualmente dal CREA. L’edizione era quella del 2023, la undicesima, e come nelle precedenti occasioni l’egregio lavoro del CREA (Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità dell’Università Tor Vergata di Roma) ha utilizzato una complessa modalità di elaborazione e analisi che è partita da un repertorio di indicatori molto ampio per arrivare attraverso il contributo di un robusto panel di esperti, espressione di punti di vista diversi (Istituzioni, Management Aziendale, Professioni sanitarie, Utenti e Industria medicale) a selezionarne 18 distribuiti tra le 6 diverse dimensioni della appropriatezza, economico-finanziaria, equità, esiti, innovazione e sociale. Si è arrivati così a un indice di performance regionale sia “generale” che specifico per ogni tipologia di stakeholder.

Purtroppo il risultato che ne viene fuori rischia di essere fuorviante e comunque difficile da interpretare. Si tenga presente che la analisi del CREA ha una valenza politica molto alta, perché Giunte e Assessorati solo a una cosa sono interessati: la posizione in classifica.

Ne è prova l’immediato entusiastico annuncio fatto dall’Assessore alla Sanità delle Marche non appena è venuto fuori dall’Edizione 2023 l’inspiegabile (ai miei attenti e allenati occhi) risultato positivo delle Marche che prendono lo stesso “voto” di Emilia-Romagna e Lombardia collocandosi al sesto posto con un indice di 0,47.

Nella precedente edizione le Marche erano risultate al dodicesimo posto con un indice attorno a 0,38 (non sono riuscito a trovare il dato preciso nella edizione 2022). Non stupisce quindi la dichiarazione dell’Assessore alla Salute della Regione Marche Filippo Saltamartini “Sanità, la Regione Marche scala posizioni: è tra le migliori in Italia”.

Questo Assessore avrebbe dovuto spiegare nello stesso giorno il dato del sottoutilizzo del fondo assegnato alla Regione Marche per il recupero delle prestazioni perse durante la pandemia, dato ben documentato in un intervento di ieri su Quotidiano Sanità che colloca la Regione Marche agli ultimi posti in Italia, ma la comparsa di quei “confortanti” dati elaborati dal CREA gli ha fornito un bello quanto inaspettato assist.

In un sistema di indicatori dal risvolto politico così importante, come quello dei sistemi di analisi delle performance regionali in sanità, la sua “validità” in termini di capacità di riconoscere la differente qualità dei servizi sanitari regionali è decisiva. Il problema è come testare questa validità.

Forse varrebbe la pena di affrontare la questione in tempo utile per la prossima edizione. Prendiamo il caso della presa in carico della cronicità, che dovrebbe essere area fondamentale di analisi e confronto trattandosi di area che non solo fa la differenza in termini di salute, ma è anche straordinario indicatore di capacità di innovazione organizzativa.

Purtroppo nessuna delle due aree è specificamente esplorata dal sistema di indicatori del CREA. L’indicatore generico in questo ambito utilizzato dal CREA è solo il tasso di ospedalizzazione evitabile per malattie croniche.

E così la Regione Emilia-Romagna che ha attivato in anticipo le Case della Comunità, che sta sperimentando l’infermiere di famiglia e di comunità e che ha da decenni un programma funzionante di presa in carico delle demenze si trova con la stessa valutazione della Regione Marche che su tutti questi temi che fanno la differenza è indietro di decenni. Ho parlato della Emilia-Romagna solo perche è realtà che conosco bene.

Sottolineo l’importanza politica di queste valutazioni. Ad esempio, nel caso delle Marche a fine 2020 si è insediata una nuova Giunta di centrodestra che ha un gran bisogno di accreditarsi in termini di buon governo essendo la prima Regione conquistata da fratelli d’Italia. E sta governando malissimo come scrivo anche troppo spesso qui su Quotidiano Sanità.

Ma altri segnali di criticità vengono da una lettura attenta del pur interessantissimo lavoro del CREA. Non è chiaro ad esempio il periodo di riferimento della analisi che utilizzano per il calcolo degli indicatori anni diversi che non sono specificati con chiarezza nella parte metodologica. Faticosamente (e non dovrebbe essere faticoso) ho ricostruito, ma mi potrei sbagliare, che alcuni dati sono del 2022 come quelli della dimensione esiti, altri del 2021 come quelli economico-finanziari e altri addirittura del 2018 e del 2019 come quelli della dimensione economico-sociale.

Altro dato che colpisce è il cambiamento brusco della posizione in classifica di molte Regioni che perdono o guadagnano nel giro di un anno molte posizioni, quando le politiche sanitarie regionali sono ormai “statiche” da anni. Mentre le Marche guadagnano tra l’Edizione 2023 e quella 2022 ben sei posizioni come il Piemonte, altre ne perdono in gran quantità come la Sardegna e l’Umbria che ne perdono sette ciascuna.

Il lavoro qualificato e faticoso del CREA risulterà tanto più utile in futuro quanto più crescerà il confronto sulla autonomia differenziata che da queste elaborazioni trarrà importanti indicazioni. Ed è per questo che mi permetto di suggerire una correzione di tiro che aumenti la validità del sistema e aiuti a interpretare meglio le indicazioni che ne derivano. Sennò rischierà di essere utile alla cattiva politica che non aspetta altro che essere supportata da istituzioni autorevoli.

Claudio Maria Maffei



23 giugno 2023
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