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Autonomia differenziata: un martedì nero per Ssn, Salute e Repubblica Italiana 

di Gianluigi Trianni

25 GEN - Gentile Direttore,
è stato un martedì nero per il Ssn, la Salute e la Repubblica Italiana quello del 23 gennaio 2024 in Senato, con l’approvazione del DDL sull’Autonomia regionale differenziata. Non sarà l’ultimo, “rebus sic stantibus”.

Molte voci si sono espresse su queste colonne contro autonomia regionale differenziata in sanità.
L’opinione pubblica è contraria per oltre il 60%

Regionalizzazione già esistente
Ad indicare il fatto che la sanità in Italia è già differenziata per regione, e che tale differenziazione è un problema che non “merita” di essere accentuato, vengono riportati dati consolidati e distinti assistenziali e gestionali:

A) Disuguaglianze di salute e efficacia ed efficienza erogativa per Regione
- Il tasso standardizzato di mortalità evitabile per 100.000 abitanti (2018: Trentino A.A. 14,8 - Campania 20,8)
- Le performance sanitarie delle regioni comprensive di indicatori combinati (2022: Calabria 30% - Veneto 59%)
- La attuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza obbligatori (2019: Sardegna 56,3% - Emilia-Romagna 93,4)

B) Differenze di finanziamento, modello organizzativo, contrattualisti del SSN per Regione
- La spesa standardizzata pro-capite pubblica e privata (2020 Val d’Aosta ai € 1.942 e € 406 – Campania € 2.715 e € 987 - differenza di € 773 e € 581)
- I modelli organizzativi dei Servizi sanitari (Lombardia Asst e Ats ad Azienda Zero in Veneto e Puglia, ecc.)
l personale e le “gabbie salariali”. (Monte salari diversi per incrementi percentuali su spesa storica - Piani di Rientro)

Regionalizzazione approvata in Senato (DDL 615 Calderoli)
In realtà, anche in Sanità l’autonomia regionale differenziata è una calamità anche per le regioni del Nord e del Centro.
Ed è una calamità sociale ed economica, in primo luogo per tutti coloro che non sono nelle fasce alte di reddito e soffrirebbero polizze assicurative o accessi “out of pocket”, in incremento anno dopo anno Oxfam.

Il Governo e la Maggioranza del Parlamento, infatti stanno imponendo la “via regionale decentrata ed autonoma” allo lo strangolamento finanziario del SSN in funzione della progressiva privatizzazione e finanziarizzazione anche della Sanità in Italia.

Ne sono conferma il “combinato disposto” tra di Legge Bilancio 2024, il decreto milleproroghe 2024, il DDL n. 615-A Calderoli, modificato Commissione Affari Costituzionali e in Aula in Senato.

La legge di Bilancio 2024, infatti, ha stanziato per il FSN circa 131 Mld di euro inferiore di 10 a fronte dei 141 Mld stimabili senza incrementare sul 2022 se non per l’inflazione cumulativa 9%. Con gli stessi criteri la spesa privata diretta sarebbe di 43,5 Mld, ben 3,5 superiore a quella del 2022.

In qualsiasi caso è evidente che il FSN sarà nel 2024 ancor più insufficiente a finanziare il SSN, e non sarà certo la ulteriore sua frammentazione in 21 SSR a risolvere questo problema.

Il ruolo oggettivo che verranno a svolgere tutte le regioni, sia ordinarie che autonome ex art.116 comma 3 Cost. sarà di “agenti regionali” dello smantellamento del SSN e della Privatizzazione della Sanità.

Lo chiariscono in relazione ai LEA/LEP:
• l’art. Art. 9 che esclude “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”
• l’art.4 comma li vincola nei “limiti delle risorse rese disponibili nella legge di bilancio”.
Inutile e di facciata:
• l’emendamento di FdI all’art. 4 inserisce il vincolo dell’incremento delle risorse “sull'intero territorio nazionale”.
• l’art. 6 che stabilisce la “devoluzione” di competenze regionali ai Comuni ex art.118 Cost.

Devoluzione o no, saranno Regioni e Comuni a dovere tagliare i servizi pubblici e a privatizzarli.
Cosa rimane in mano, infatti, agli amministratori pubblici regionali e comunali?
O la disperazione di non poter affrontare amministrare con fondi pubblici o la tentazione o l’ambizione di essere “gestori” della privatizzazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria, in via di rapidissima finanziarizzazione, con il rischio “mafie” incombente?
Tentazioni peraltro favorite dalla politica di controriforma della legalità (depenalizzazione di vari reati contro la P.A. ecc.).

Col DDL 615 Calderoli negli artt. 2,3,4, e 5, anche per la sanità pubblica, si sostituisce la funzione legislativa del Parlamento con una funzione dispositiva del Presidente del Consiglio, preteso bilanciamento tra Premierato (forte) e Autonomia Regionale Differenziata.
Il “decreto Milleproroghe 2024” non bloccherà la devoluzione in sanità essendo in vigore per i LEA sia il DPCM del 2017, che aggiorna i LEA, ed è in vigore, sia essendo il DM 23.06.2023 sulle tariffe, in vigore dal 24.01.01.

Rimane peraltro da considerare che la “tutela della salute”, si persegue anche adottando la prevenzione primaria come criterio guida vincolante in tutte le politiche, quindi anche in tutte le altre devolubili.

Alcune considerazioni:
• con l’autonomia regionale differenziata l’attacco alla Salute è ben più esteso che l’attacco diretto e specifico al SSN, quindi occorre opporsi, ad ogni forma di Autonomia differenziata;
• ai sensi dell’art. 11 del DDL 615 Calderoli anche per la Sanità si ripartirà dalle pre-intese del 2018 e 2019 di Veneto, Lombardia e Emilia-Romagna che da allora non sono state modificate;
• da quando il DDL 615 Calderoli diventerà legge le regioni potrebbero ottenere l’autonomia nelle otto materie non vincolate ai LEP e le altre o si adegueranno o scenderanno in conflitti politico amministrativi.

Poiché l’attuazione dell’autonomia differenziata e del premierato non si fermerà, anzi potrà accelerare, occorrerà affiancare alle lotte sociali e sindacali una campagna referendaria.

Gianluigi Trianni
Medico di Sanità Pubblica in pensione
Medicina Democratica
Comitati NoAD

Il testo integrale del contributo può essere scaricato al seguente link

25 gennaio 2024
© Riproduzione riservata

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