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Non facciamo diventare il medico un ‘server’

di Maria Luisa Agneni

11 MAR -

Gentile direttore,
la situazione della nostra professione è sempre più oggettivamente pesante. Parafrasando un noto film di successo il nostro ormai “Non è un paese per medici”. Il rischio come dice il prof Cavicchi, nell’articolo che ha aperto questa discussione (QS 1° marzo 2024) è di fare la “fine del sorcio”, perché prima di tutto noi medici non siamo capaci di governare le nostre innegabili complessità. Ma i medici, ci ricorda il nostro professore da anni, ancora oggi sono formati alle “complicazioni” del corpo non alle “complessità” della persona che vive in questa nostra società. Della differenza malattia/malato se ne parla tanto ma nei fatti il malato ancora è rimasto fuori dai nostri servizi. Tutte le leggi che ci definiscono come professione come la legge 24 sono ancora tutte pensate sulle logiche delle malattie.

Sempre il prof Cavicchi nel suo pamphlet (Medici vs Cittadini -un conflitto da risolvere) ci fa notare a proposito della legge 24 (la legge Gelli -Bianco sulla responsabilità professionale), e che la commissione D’Ippolito dovrebbe ripensare, che essa è stata fatta da medici per i medici nella logica delle “complicazioni” ma non in quella della “complessità” e che probabilmente proprio per questo non ha funzionato.

A me per prima piacerebbe essere depenalizzata così potrei finalmente infischiarmene delle beghe costose con i tribunali. Anche a me piacerebbe risparmiare in spese legali e assicurative, e dormire meglio la notte, ma se per essere depenalizzata non facessi più il medico, o perdessi la fiducia dei cittadini e dovessi lavorare come se fossi un “server” eteroguidato dalle assicurazioni, come professionista avrei fallito e perso.

Io ho letto il libro del prof Cavicchi per cui credo di poter dire che il suo tentativo, che mi sento di condividere in pieno, è quello di risolvere i nostri problemi rilanciando ma non affossando la nostra professione. Il difficile è rispettare i diritti dei cittadini e gli interessi dei medici. Nessuno finora ha trovato il magico equilibrio. Ma quali sono gli interessi della professione?

Il conflitto sociale tra noi e i cittadini come ci ha spiegato tante volte il prof Cavicchi è una inedita “relazione di opposizione” tipica del nostro tempo che aspetta solo di cambiare forma e quindi di essere ri-formata. Ma tra noi nessuno sa come fare e nelle “relazioni di opposizione”, come purtroppo dimostrano le guerre in corso, ci si spara addosso. Oggi i cittadini ci sparano addosso e noi stiamo rischiando di rispondere a nostra volta sparando loro. Una guerra civile. Il problema che nessuno si pone è smettere di sparare. Prevenire i conflitti. Trovare il modo con i cittadini di fare la pace. Ecco perché Cavicchi già in copertina del suo libro dice che c’è un “conflitto da risolvere”

Nell’articolo del prof Cavicchi (QS 1 marzo 2024), è spiegato con grande chiarezza la differenza che c’è tra rendere “compatibili” degli interessi diversi e rendere “compossibili” gli interessi con i diritti e quali rischi si corrono se si rompe quella particolare relazione di complementarietà che si chiama “contratto sociale” tra noi e i nostri malati. Qualcuno crede che la soluzione ai nostri problemi con la scappatoia della responsabilità extra contrattuale sia rompere il contratto sociale. Per me è un azzardo pericoloso. A noi medici non conviene rompere con i nostri malati.

Quando Cavicchi, diversamente dalla Fnomceo, propone la depenalizzazione non dell’atto medico ma della complessità medica cioè una strategia ben diversa da quella seguita sino ad ora e su questa base propone la ridefinizione giuridica del medico, vuole, nella complessità sociale data, risolvere i nostri problemi ma nello stesso tempo rilanciare anzi rilegittimare la nostra professione. Infatti, a differenza della legge 24 e della FNOMCeO propone una figura nuova di medico (l’autore) perché quella tradizionale ormai è oggettivamente superata rilanciando in questo modo la professione.

Il nostro punto debole sta nel fatto che tutti, compreso il governo, vogliono risolvere i problemi gravi dei medici, ma nessuno vuole cambiare niente e nessuno vuole rilanciare nulla. E’ una professione che si sta chiudendo a riccio. E questo non va bene

L’unica idea che i nostri hanno proposto è far indossare sopra il camice il “giubbotto anti proiettile” (la metafora non è mia ma di Cavicchi). Come se questo bastasse a difenderci dalle mine sulle quali comunque camminiamo a nostro rischio e pericolo ogni giorno.

Nella legge 24 si parla di sicurezza delle cure (art 1) ma non si parla né di “questione medica” né di “conflitto sociale” e tanto meno di “rinoceronti bianchi”. Nemmeno di compossibilità. Se la commissione D’Ippolito davvero volesse migliorare la legge 24 (e tutti ne sentono l’assoluta necessità) dovrebbe per prima cosa cambiarne le premesse dalle quali questa legge è partita e dedurre nuove proposte e nuove soluzioni

Ma fino ad ora nessuno a parte il prof Cavicchi con le sue 100 tesi dimenticate nei cassetti della FNOMCeO ha chiesto di ripensare le premesse sbagliate della legge 24 e probabilmente la stessa cosa farà anche la commissione D’Ippolito, e non perché non voglia ma solo perché non sa come fare.

E’ evidente che mi abbia rammaricato che un personaggio come il professor Cavicchi con le sue uniche competenze in tema di sanità e di medicina (è l’unico che si preoccupa di questa interconnessione) rispetto agli errori strategici di chi ci rappresenta, si sia dissociato.

D’altra parte, non si può pretendere che la Commissione D’Ippolito affronti la “questione medica” cambiando le premesse della legge 24 se la FNOMCeO che ci dovrebbe rappresentare nega che tale questione esista dopo averla accolta, divulgata e sostenuta non perché sia vero ma forse solo per opportunità di equilibri interni. L’articolo a questo proposito del prof Macrì è illuminante (Qs 5 marzo 2024)

E’ chiaro che se la “questione medica” non esiste il medico resta invariante: senza questione medica non c’è ragione per il medico di cambiare. Ma è altrettanto chiaro che se il medico resta invariante, cioè si limita solo ad indossare sopra il camice il giubbetto antiproiettile e se il conflitto sociale tra noi e i cittadini è davvero una “relazione di opposizione”, noi non risolveremo mai questo conflitto. E siccome non lo risolveremo mai come professione andremo sempre più giù fino a diventare come teme Cavicchi “server”.

Chiedo al dottor D’Ippolito che guida la Commissione di rispondere a questa domanda: perché nonostante la legge 24 il contenzioso legale sta continuando a crescere? Secondo il prof Cavicchi è perché ridurre un conflitto sociale quindi una grande complessità alla lite giudiziaria è sbagliato. Ma se questa contraddizione non sarà rimossa a che serve aggiornare la legge 24?

Noi medici siamo stanchi di andare in tribunale a causa delle denunce spesso infondate dei nostri pazienti, siamo stanchi di pagare gli avvocati, siamo stanchi di finire sui giornali per colpe che non abbiamo commesso e di non dormire la notte per le preoccupazioni che ci tormentano, siamo stanchi di quei cittadini e di quegli avvocati senza scrupoli che speculano ignobilmente sui nostri presunti errori. Siamo stanchi di vivere come una professione permanentemente “sotto botta” quasi braccata. Siamo stanchi di scontrarci quotidianamente con i cittadini perché la politica ha deciso di fatto di abbandonare la sanità pubblica e di sostituirla con la sanità privata. Siamo stanchi delle lunghe liste di attesa alle quali i cittadini sono obbligati e che i cittadini pensano che siano causate da noi. Siamo stanchi di lavorare in condizioni spesso proibitive cioè di lavorare male. Quindi siamo stanchi delle aziende che ci vogliono amministrare considerandoci semplicemente dei costi da ridurre. Siamo stanchi del blocco del turn over. Siamo stanchi della sfiducia della gente che ci vede come i colpevoli di tutto. Per questo molti di noi si dichiarano pentiti di aver scelto questo lavoro. Siamo stanchi che il nostro sogno professionale stia diventando sempre più impossibile. Siamo stanchi di non avere un futuro.

Non ce la facciamo più. Abbiamo bisogno di una autentica svolta e la chiediamo alla politica , ai sindacati, alle Università , alla FNOMCeO e alla Commissione D’Ippolito nella speranza che chi non dovesse sentirsi all’altezza del compito abbia la correttezza di farsi da parte. Siamo stanchi di essere rappresentati da chi non è capace o non ha il coraggio di affrontare e risolvere i problemi della nostra professione magari con proposte anticostituzionali. La depenalizzazione dell’atto medico che ha chiesto la Fnomceo non passerà mai perché viola alcuni fondamentali principi costituzionali. Allora mi chiedo perché chiederla?

Ha ragione il prof Cavicchi, il mondo è cambiato da molto tempo e abbiamo bisogno di una puntuale e urgente ridefinizione giuridica della professione. Sì, abbiamo bisogno di una svolta. I giubbotti antiproiettile non bastano. Come professione corriamo il rischio di saltare in aria lo stesso.

L’unico che abbia sensate idee per un cambiamento è il prof Cavicchi che da anni ci suggerisce di non fare la guerra ai rinoceronti/cittadini ma, come ha proposto saggiamente anche l’ordine dei medici di Trento, di rinsaldare con loro un nuovo patto fiduciario certamente ridefinendo le nuove regole del gioco.

Alla FNOMCeO come medico dico lealmente di essere più vicini a chi dovrebbe rappresentare.

I medici sono stanchi e delusi: abbiamo bisogno di Ordini provinciali autenticamente interessati alla nostra professione e al nostro futuro, di concreti convegni della Federazione che finalmente decidano qualcosa di importante per noi per indurre i colleghi a tornare a votare con coinvolgimento senza le consuete sollecitazioni sindacali. I risultati politici della FNOMCeO nei fatti (giudicando i fatti cioè i nostri problemi irrisolti) sono imbarazzanti. Siamo in caduta libera. Molti di noi non vedono l’ora di andare in pensione ma non perché non vogliono più lavorare ma perché non ce la fanno più ad andare avanti. Ormai siamo ben oltre il ragionevole. Se i medici scappano chi li rappresenta ad ogni livello si dovrebbe chiedere il perché. Se scappano vuol dire che ormai hanno perso la speranza. La verità è che la professione è in pericolo e nessuno sembra rendersene conto.

Mentre il prof Cavicchi con il suo pamphlet “scritto al volo” ci dice che una mandria di rinoceronti bianchi “lunghi 4 metri e che pesano tre tonnellate e mezzo” ci sta venendo addosso, la FNOMCeO chiede alla commissione D’Ippolito il “downsizing” cioè come ci spiega Cavicchi nel suo articolo di apertura propone come nei film di fantascienza di rimpicciolire con il laser della legalità, i nostri problemi quindi i rinoceronti. Senza rendersi conto che rimpicciolendo i malati e i loro diritti rimpiccioliremo inevitabilmente anche la nostra professione.

Maria Luisa Agneni

Pneumologa-Specialista Ambulatoriale ASL Roma1



11 marzo 2024
© Riproduzione riservata

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