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Covid, il sistema lombardo ha davvero funzionato peggio di quello Veneto?  

di Carlo Zocchetti

12 MAR - Gentile Direttore,
a proposito della infezione da Sars-CoV-2, ed in particolare a seguito del confronto tra i risultati riferiti alla Lombardia ed al Veneto nelle prime fasi della pandemia, si è sostenuta la tesi che le differenze riscontrate a favore della seconda siano (almeno in parte) da attribuire alla organizzazione del SSR, più orientata al territorio in Veneto mentre più ospedalocentrica e con elevata presenza del privato in Lombardia. Periodicamente l’argomento ritorna di moda, ed anche QS gli ha recentemente riservato spazio.

Questo breve scritto (vedi analisi integrale) vuole portare un contributo sul tema per esplorare l’ipotesi che il diverso esito nell’affronto della pandemia sia da attribuire (almeno in parte) alla organizzazione più o meno centrata sul territorio (e con diversa presenza del privato) dei servizi sanitari regionali.

Il contributo utilizza alcuni dei dati resi disponibili dagli epidemiologi italiani (dati ufficiali della Protezione Civile) attraverso la piattaforma MADE (https://epiprev.it/apps/made.php): il numero giornaliero di soggetti positivi al virus ed il numero giornaliero di deceduti per Covid, riferiti a quattro regioni (sufficientemente grandi) con SSR ritenuti caratterizzati da diversa organizzazione (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana), per il biennio 2020-2021. Rispetto a precedenti analisi e valutazioni, che si sono limitate a considerare la pandemia nella sola prima ondata (ed in particolare nella prima parte di questo periodo), il presente contributo esplora una finestra temporale molto più ampia (poco meno di due anni).

Si rimanda al documento completo (allegato) la descrizione più estesa degli aspetti metodologici. Per brevità, qui è sufficiente indicare che per tenere conto della diversa dimensione delle popolazioni regionali le grandezze utilizzate sono espresse come tassi giornalieri x 10.000 (la popolazione è quella residente in ciascuna regione al 1 gennaio di ogni anno, dati ISTAT) e che per smussare la variabilità giornaliera sono state usate medie mobili su sette giorni; inoltre si suppone che le quattro regioni presentino una organizzazione diversa dei rispettivi SSR per quanto riguarda l’orientamento alla sanità territoriale e la presenza del privato, organizzazione che non è stata modificata nel periodo esaminato. Oltre al tasso di positività e di decesso è stato calcolato il loro rapporto (RR), tenendo conto di un tempo di ritardo (lag) per la mortalità (RR è il rapporto tra il tasso di decesso al giorno t ed il tasso di positività al giorno t-lag).

Il tasso giornaliero di mortalità per Covid (figure in allegato), al di là del diverso valore massimo raggiunto nelle diverse ondate, presenta in termini di valore numerico un diverso ordinamento delle quattro regioni nei differenti periodi: le regioni con i tassi più elevati (o più bassi) in alcune ondate cambiano posizione in altre.

Poiché la mortalità per Covid è direttamente correlata alla positività al virus (maggiore positività porta a maggiore mortalità) e la distribuzione temporale delle positività nelle quattro regioni (per quanto non dissimile) non è del tutto identica, è stato considerato il rapporto (RR) tra il tasso di mortalità ed il tasso di positività giornaliera, con l’accortezza di applicare un lag (ritardo) alla mortalità (7 ovvero 14 giorni).

Per tale indicatore, nel primo periodo (variabilità a parte) Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana presentano un andamento analogo mentre il Veneto mostra un RR decisamente più basso. Col passare del tempo il Veneto presenta i valori di RR più elevati, seguito dalla Toscana, mentre Lombardia ed Emilia-Romagna presentano i valori di RR più bassi. Questa variazione di andamento nel tempo si presenta sia prima della introduzione dei vaccini che successivamente, e risulta sia con lag 7 che con lag 14 giorni.

A fronte di questi risultati, ed esercitando comunque prudenza nell’esaminare e valutare le informazioni qui proposte per via della complessità del fenomeno pandemico sotto osservazione, dei molti fattori che ne possono influenzare il suo andamento temporale, nonché della qualità e variabilità dei dati di partenza su cui è stata costruita l’analisi, se una indicazione emerge dai risultati proposti con riferimento alla ipotesi in valutazione la si può riassumere in questo modo: l’esito della pandemia, misurato sia dalla sola mortalità giornaliera che da quest’ultima messa in rapporto con la positività al virus (RR), mostra nel corso del tempo (dagli inizi e fino al termine del 2021) una variabilità che fa classificare le regioni in diversa posizione ordinale (valore del tasso di mortalità, valore del RR) a fronte di una organizzazione che, in termini generali e come orientamento al territorio e presenza del privato, è rimasta invece la stessa.

Analoga conclusione era già stata espressa alla fine di maggio 2020 da Cislaghi (vedi bibliografia nell’allegato) con la frase: “Ciò dovrebbe consigliare maggior prudenza in chi vuole affermare che il sistema veneto abbia funzionato meglio di quello lombardo. Può anche essere vero, ma i dati di frequenza e di sviluppo dei contagi non potrebbero certo essere utilizzati per sostenere questa ipotesi”.

Quanto esposto non entra nel merito di quale sia la migliore organizzazione del SSR per affrontare un evento come la pandemia da Sars-CoV-2: semplicemente si sono mostrate informazioni che non supportano l’ipotesi che il diverso esito che la pandemia ha avuto in 4 grosse regioni italiane a supposta diversa organizzazione territoriale ed a diversa presenza del privato sia da attribuire a tale diversa organizzazione del SSR.

Carlo Zocchetti
Ricerche e Studi in Sanità e Salute sas (Gallarate, VA)

12 marzo 2024
© Riproduzione riservata

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