Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Sabato 27 APRILE 2024
Lettere al direttore
segui quotidianosanita.it

Sanità e profitto. Perché ha torto Gino Strada

di Alberto Breschi

21 MAG - Gentile direttore,
il rapporto tra sanità e profitto, come impostato da Gino Strada e ripreso dal dott. Canitano che su Quotidiano Sanità ne ha preso le difese, soffre di più di una contraddizione. L’ assunto da cui entrambi sono partiti è che, poiché il privato deve fare, giustamente, profitti, per compensare i capitali investiti, è costretto ad aggiungere tale quota alla cifra che serve a coprire i costi, supposto che siano uguali tra pubblico e privato.
 
 Nell’esempio fatto e posto alla base di queste teorie, venate da dosi eccessive di ideologia (quella “sana”, di una volta, che confinava  il privato a fare cose di cui il pubblico poteva anche non occuparsi, e solo quelle), le ipotetiche strutture pubblica e privata, sono uguali, hanno gli stessi costi e forniscono ambedue una sanità di eccellenza.
 
Solo che una, quella privata, è fuori dalla rete (chissà perché?), è avulsa e produce solo quello che le  serve per fare utili, lasciando le prestazioni in perdita al pubblico, obbligato a renderle, con aggravio dei suoi costi. 
 
L’altro assunto è che nell’attuale sistema sanitario entrambe, oltre ad avere gli stessi costi, hanno anche le stesse tariffe.
 
Terzo pilastro del ragionamento è che il pubblico punta al pareggio di bilancio e  non come dovrebbe all’economia di gestione, perché per puntare alla seconda dovrebbero essere messi in conto tra i ricavi virtuali,  a compensare il deficit, poste equivalenti ai benefici sociali, distributivi (equità) e perché no, anche morali.
 
Verifichiamoli uno ad uno tali pilastri.
 
Riguardo al terzo (economia di gestione e non pareggio) non si capisce perché tra le ricadute positive sulla società non possa essere annoverato anche il ritorno sull’investimento che, opportunamente   reinvestito,   produce non solo ricchezza, ma sviluppo e quindi lavoro: è un valore sociale? Direi di si.
 
Oppure, ribaltando il discorso, se l’attività come si sostiene è per assioma “ottima” perché prestata ad un buon livello di qualità da entrambi, perché quella del privato non dovrebbe avere ricadute sociali e se le ha perché non possono essere il corrispettivo del valore aggiunto che per lo Stato è semplicemente il coronamento della sua missione e per il privato la possibilità di esistere e fare impresa, svilupparsi, investire e dare occupazione?
 
L’altro presupposto, il primo, quello del plusvalore sui costi che  il pubblico  non ha è altrettanto sbagliato perché poggia su fondamenta scivolose.
 
Il pubblico ha, e sempre avrà, maggior costi perché è soggetto ad altrettanti condizionamenti, dalla politica  alla struttura, dalla società alle istituzioni.
 
Potrà avere buoni risultati, e li ha, ma con costi enormemente maggiori a parità di efficacia perché ogni giorno si scontra con il principio di realtà: ha più dipendenti, paga di più i fattori di produzione, spreca di più perché controlla se stesso.
In certe realtà fa rete con le altre strutture così come il privato, se questi è governato con mano ferma e programmi condivisi, rispettosi delle diversità ma con quanto basta di competizione e di confronto. In altre no e prolifera in modo distaccato
 
Terzo  punto critico: le tariffe.
Sono uguali solo sulla carta, ma applicate solo al privato con conseguenze “economiche” vere  sui ricavi (nell’altro campo solo statistiche o incentivanti), a riprova che la struttura dei costi dell’uno e dell’altro settore non è diversa solo per l’utile, ma per le peculiarità della loro articolazione: l’una, il privato, orientata all’efficacia del servizio massimizzando l’efficienza, l’altra, il pubblico, a dare copertura generale al sistema che è pubblico all’80%, con ovvie dispersioni e diseconomie gestionali ( quando non sono preda, entrambi, del malaffare) e troppo spesso, in modo autoreferenziale, a far vivere le sue componenti sindacali e corporative quasi che la mission non fosse il servizio ma la permanenza di alcuni fattori..
 
Riprendendo quanto sostenuto in questi giorni da varie voci (il CEIS – Tor Vergata,  Pelissero – AIOP, Deloitte,  Economist) che  in modi diversi accennano a idee in grado di coniugare l’intervento statale, universalistico,  di matrice europea,  con l’apporto della migliore imprenditoria privata, guidata e regolata con l’unico fine di garantire al meglio, con le  risorse date e a tutti, la migliore cura possibile, senza pregiudizi ideologici, aggiungo che per fare questo occorrono sì risorse certe ed adeguate, ma anche controlli terzi, separazione nel pubblico tra controlli e produzione, bilanci ospedalieri trasparenti e misurazione  corretta dell’efficacia delle cure e del loro tasso di “universalità”.
 
I pilastri di Napoleone (istruzione, giustizia, polizia, esercito, carceri e sanità) erano validi quando le società non erano aperte e complesse come ora, e non esistevano le comunicazioni e l’informatica, la globalità e lo scambio continuo tra esperienze sociali e realtà diverse.
 
Oggi le comunicazioni (televisione, web, telefonia, giornali ) sono importanti quanto la sanità perché toccano la sfera di libertà e di democrazia, però nessuno pensa che funzionerebbero meglio se gestite dal pubblico.
           
L’importante è che i gestori  siano ben regolati, che le regole siano le stesse tra pubblico e privato, tutte le strutture e le organizzazioni  facciano rete e permettano all’utente di scegliere .
Ne avrebbero tutti da guadagnare da questa competizione regolata e virtuosa, ma soprattutto il pubblico perché potrebbe (può) paragonare la propria attività orientandola all’esterno (il servizio al paziente) e facendo e sapendo sfruttare al meglio ogni risorsa data al SSN.
 
Se la Sanità funzionasse così non sarebbe un passo avanti?
 
Avv. Alberto Breschi
giurista sanitario

21 maggio 2013
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Lettere al direttore

lettere al direttore
ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy