Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Venerdì 26 APRILE 2024
Lettere al direttore
segui quotidianosanita.it

Una giornata in ospedale. Tra egoismi e scarsa (o nulla) coesione tra medici e infermieri

di Daniela Francese

18 NOV - Gentile direttore,
ogni tanto è istruttivo spogliarsi dei propri panni per calarsi in quelli di un altro, in questo caso il cosiddetto "cittadino comune" che di sanità sa poco o nulla, ma ne usufruisce nel bene e nel male. L'occasione è venuta per un controllo di chirurgia dermatologica presso l'Istituto Dermopatico dell'Immacolata di Roma dove, come è prassi in molte strutture, ci si deve recare molto presto al mattino per prendere il numero che dà l'accesso alle prestazioni e, fino allo scorso 1 novembre, anche al medico da cui si era in cura secondo cadenze che lui stesso dava per monitorare il decorso del trattamento. Per facilitare quest'operazione ed evitare "buchi nell'acqua", che per chi vive a Roma rappresentano una seccatura, ma per chi viene da fuori regione, visto che la struttura raccoglie una forte domanda da tutto il Centro-Sud, significano spese di viaggio, giorni di assenza dal lavoro e, dunque, costi, il medico indicava i giorni della settimana in cui effettuava visite in ambulatorio raccomandandosi di verificare il piano mensile dei turni per quei controlli che si protraevano nel tempo.

Dal 2 novembre non è più così. Ci si alza sempre all'alba, si prende sempre il numero, si fa sempre la fila alle casse, che sempre aprono in difficoltà per i resti, per cui si lascia in stand by la ricevuta, a meno di non avere un bancomat, ma gli anziani ne sono quasi sempre sprovvisti, dunque si esce, si va al bar a prendere controvoglia quel secondo cappuccino e si torna in cassa con il contante esatto a coprire il costo della visita. La prassi è invariata, ma il risultato è diverso, perché non solo non si viene visitati dal medico che ci aveva in cura, ma non si sa neppure se è in ospedale per salutarlo, ringraziarlo del percorso fatto insieme, nel semplice rispetto di quell'umanizzazione della medicina tanto proclamata nei convegni.
 
In sala d'attesa ognuno raccoglie le lamentele dell'altro, ma come è nel costume italiano tutto finisce lì. Non ci si reca in direzione sanitaria, o anche semplicemente all'Urp, come sarebbe giusto e come invita a fare un'infermiera, stanca di fare da parafulmine per una disposizione che non condivide e perché stanca dell'ipocrisia di tanti camici bianchi. "Perché vede – spiega - lei non deve credere alle dichiarazioni di facciata. La maggior parte dei medici ha accettato con entusiasmo le nuove regole in vigore dal 2 novembre perché così riempiono i loro studi privati. Io li sento i pazienti che vengono in ambulatorio al mattino, non appena gli viene detto che non possono più essere seguiti da chi li aveva operati o li aveva in cura, anche le persone più modeste chiedono subito dove potersi recare per una visita dal loro medico di fiducia. Quasi sempre la risposta è lo studio privato, neanche l'intramoenia, che sempre più si svuota di abili professionisti".
 
Un medico ascolta la conversazione e interviene: "Ma lo sa che devo accontentarmi del 65% dello stipendio perché gli 800 milioni di ammanco li paghiamo noi? La Congregazione non ha restituito un centesimo. E per di più ho l'obbligo di effettuare 25 visite ad ogni turno in ambulatorio. Sono massacranti per noi e sono dannose per i pazienti che possono non godere della necessaria attenzione, soprattutto per l'ascolto e il conforto in quei casi dove la visibilità della malattia crea profondo disagio". Poi, rivolgendosi all'infermiera, prosegue: "La collega denuncia il vantaggio per la nostra attività privata come ingiusto, ma allora è giusto che ad un paziente a cui nel corso della visita in convenzione si riscontri la necessità di eseguire un piccolo intervento chirurgico l'ospedale chieda il pagamento per intero? Sono circa 300 euro, non è poco. Ed è giusto che, sia che si porti la cosiddetta impegnativa e, dunque, si usufruisca delle prestazioni dietro pagamento del ticket, sia che se ne sia sprovvisti il costo è pressoché invariato? Un euro e trentaquattro centesimi è la differenza tra una prestazione pagata esibendo l'impegnativa e una senza".  A prima vista può sembrare un'agevolazione, perché si evita di perdere altro tempo per recarsi dal medico di base  per la prescrizione, ma in realtà, ammonisce il medico, "produce un effetto deleterio sulla tutela del diritto alla salute perché di fatto si sminuisce il valore del servizio sanitario nazionale che, laddove non è più competitivo con le prestazioni private, subisce un progressivo depauperamento dei Lea, sottraendo pezzi di servizio pubblico a favore del privato. Ma nessuno dice niente. Non siamo noi i profittatori ma chi dovrebbe controllare e non lo fa a scapito del servizio sanitario nazionale e dei pazienti".
 
È evidente quanto il clima sia tutt'altro che sereno. "Non siamo stati uniti neppure durante i mesi di lotta per salvare il posto di lavoro", sussurra l'infermiera abbassando uno sguardo che tradisce solitudine, delusione e una rassegnazione molto mal digerita. Un sentimento che condividono molti dei pazienti che nel percorso verso l'uscita si incontrano nei corridoi: corpi senza timone, vite che la malattia fa sfuggire al controllo, occhi stanchi di chi ha viaggiato tutta la notte per essere lì, tra i primi, a prendere quel numero che doveva garantirgli la visita con il suo medico.
 
Provo un sentimento misto a rabbia e compassione, sfiducia e determinazione come di chi cammina tra i resti di una città un tempo florida di cui restano solo poche testimonianze del glorioso passato, impolverate e nascoste da cumuli di macerie. Sono prossima all'uscita, il baluardo tra il dentro e il fuori, il malato e il sano, il mondo pulsante e la vita che rallenta perché il corpo provato recuperi forze, quando alla mente affiora una storiella, usata in economia per spiegare la prevalenza di comportamenti individualistici su quelli collettivistici. È conosciuta come "il dilemma del prigioniero" e recita così: "Due prigionieri devono essere interrogati dalla polizia e per loro a seconda delle risposte date si prefigurano tre scenari possibili. Se entrambi confessano la loro colpevolezza dovranno scontare ciascuno cinque anni di reclusione. Se invece a confessare è un solo prigioniero, esso sarà scarcerato mentre l'altro sconterà dieci anni di carcere. Se, infine, entrambi non confesseranno, la pena per ciascuno sarà di un anno di reclusione. È evidente che conveniente per entrambi sarebbe la terza possibilità, ma implica un comportamento cooperativo di cui raramente si dispone, come ha posto in evidenza l'infermiera, affermando che neanche nei momenti più bui c'è stata coesione tra il personale, perché ciascuno pensava che l'altro tendesse a curare solo i propri interessi. Nel lungo periodo questo atteggiamento rafforza la posizione dei più privilegiati rispetto agli altri. Che siano i colleghi o i pazienti.
 
Lo spiega con estrema chiarezza Emanuele Ferragina, docente di Politiche Sociali a Oxford, nel suo libro Chi troppo chi niente: "L'arroccamento dovuto alla mancanza di fiducia negli altri e la convinzione che difendere i propri interessi di categoria sia la migliore strategia hanno effetti negativi perniciosi". Come si fa a farlo capire a chi del mestiere fa una corporazione, del sindacato un trampolino per la carriera, della politica una possibilità opportunistica anziché di servizio e del volontariato una professione?
 
Daniela Francese
Giornalista e scrittrice

18 novembre 2013
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Lettere al direttore

lettere al direttore
ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy