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Se gli infermieri “dissentono”. Quel coraggio “eroico” di scegliere obiettivi a lungo termine

di Marcella Gostinelli

12 MAG - Gentile Direttore,
le scrivo per offrire volentieri una restituzione al dono che ci hanno fatto Chiara D’Angelo, Andrea Bottega, Ivan Cavicchi e QS edizioni , curando, scrivendo e pubblicando il libro “Il riformatore e l’Infermiere”. Prima di ogni altra cosa li ringrazio perché è l’esempio pratico di una collaborazione volenterosa, produttiva, generosa e coinvolgente fra professionisti diversi che hanno messo a disposizione l’uno dell’altro i loro saperi e le loro volontà per tentare di raccogliere contenuti differenti da quelli conosciuti sull’ identità dell’infermiere rendendola dinamica , come dovrebbe essere. Il libro è interessante, a mio avviso, perché rappresenta un “champion intellettuale”, un riferimento e un’ancora per tutti quegli infermieri che, per una serie di motivi, non vivono l’attualità delle problematiche che li riguardano, per quelli che fino ad oggi si sono sentiti soli perché non condividevano il pensiero della maggioranza e non osavano dirlo, perché dissentire non era ancora cultura, e per quelli che invece lo hanno detto e sono diventati scomodi perché percepiti come “quelli contro“. Il libro permette dunque di pensare in altro modo, in più modi e di non sentirsi né soli né ribelli né scomodi per questo. Questo è un libro per tutti.

Sui contenuti di questo libro mi sono espressa liberamente molte volte, anche su questo giornale, li condivido quasi tutti e quelli che non condivido non serve che li affronti ora; non sono mai stata turbata dallo sguardo critico di chi non era infermiere, anzi quello sguardo mi ha aiutata tante volte a rendermi conto di chi avevo creduto di essere e di chi fossi realmente facendo l’infermiera ieri e oggi e di chi avrei potuto essere domani. Mi piacerebbe che questo libro venisse adottato da ogni Collegio infermieristico d’Italia e che fosse utilizzato in momenti formativi accreditati per gli infermieri che ancora non immaginano cosa potrebbero essere se vi fosse una coscienza categoriale , e se vi fosse una strategia a loro dedicata, se fossimo “Uno”. Invito i Presidenti dei Collegi infermieristici d’Italia a dimostrare di essere forti, di saper cambiare strada, anche solo per poco, creando spazi di discussione aperti, trasparenti e per questo capaci di creare identità e unità di un collettivo; potremmo partire da questo pensiero riformatore e magari in quelle occasioni criticarlo, arricchirlo, conoscerne anche altri che al momento sono rimasti taciti, o sono sfuggiti a chi ha curato il libro, e da li conseguentemente far nascere una produzione di pensiero infermieristico intellettuale, decisamente critico perché reale.

Cambiare strada non significa per sempre, si può cambiare strada anche per curiosità, per vedere cosa c’è oltre il solito e poi ritornare sulla prima strada perché convinti di aver preso quella giusta e sentirsi ed essere perciò più consapevoli e più forti e quindi più autorevoli di prima, come professionisti. , Mi piacerebbe che la presidente Mangiacavalli “conversasse” con questo libro e ci dicesse che ne pensa ; avrebbe un grande significato per noi infermieri se lo facesse, perché renderebbe più forte tutta la comunità infermieristica, pronta ad accogliere universi plurali, ed anche più libera perché meno sulla difensiva ; una infermieristica che dimostrerebbe di non temere l’umano confronto proprio perché scienza umanistica. Interessante,inoltre, diventerebbe leggere che la Presidente nazionale dei Collegi infermieristici si confronta con le motivazioni che hanno portato una collega infermiera a prendere per “guida” un intellettuale sociologo invece che un intellettuale infermiere. Chiara,nel libro, ci racconta con molta umiltà come e perché ha avuto la necessità di essere accompagnata in questo suo percorso conoscitivo professionale, condivisibile o meno ma la sua risposta l’ha trovata, e la Presidente dovrebbe chiedersi , o meglio io me lo chiederei, perché quella collega non abbia avuto la necessità di trovarsi la guida che le serviva fra i tanti infermieri che costituiscono la comunità infermieristica.

Prima di ora mai abbiamo avuto tanto pensiero intorno e su di noi infermieri, ed ora abbiamo le tante idee che compongono quel pensiero raccolte in un libro, parliamone e scriviamone un altro nostro; un libro che parli della coscienza categoriale infermieristica scritto dagli infermieri per tutti gli infermieri, per gli intellettuali altri e per la società civile.

Penso sinceramente che se i tanti infermieri che lavorano nella quotidianità e che nessuno considera, fossero invitati nella propria azienda dai loro dirigenti infermieristici, oggi cosi lontani e poco amici degli infermieri, a discutere di quanto si dice di loro e della loro opera o dei loro problemi in questo libro ,si sentirebbero meno prigionieri del presente e tornerebbero a sperare in una vita lavorativa migliore e la percezione delle disuguaglianze nelle opportunità di carriera diminuirebbero, o vi sarebbe meno sete di “carriera” e più sogni e più desideri.

Desidero dire due cose anche su un sindacato che cura poco il proprio interesse e molto gli interessi di una categoria professionale ancora poco categorizzata ; un sindacato che, contro corrente, coraggiosamente si lancia verso ciò che frutta lentamente, il cambiamento, una nuova storia.
Invito tutti, anche quelli fino ad oggi affezionati al pensiero unico, ad andare verso la direzione presa da Nursind, una direzione che porta alla consapevolezza di essere, che porta ad avere un “carattere”. Orazio scriveva che il carattere di un uomo dipende dai suoi legami con il mondo e in questo senso la parola “carattere” ha un significato più ampio rispetto alla più moderna “personalità che descrive invece desideri e sentimenti che possono anche restare sempre all’interno dell’individuo, senza che altri ne vengano a conoscenza. Il carattere indica soprattutto i tratti permanenti della nostra esperienza emotiva, e si esprime attraverso la fedeltà a ciò in cui crediamo e l’impegno reciproco o nel tentativo di raggiungere obiettivi a lungo termine, costi quel che costi: pochi assensi, abbastanza sconfitte,molti conflitti e perdite di carriera.

Il valore dimostrato da Nursind ,e che gli riconosco tutto, in questi anni è questo: avere la necessità di perseguire obiettivi a lungo termine in una economia che ruota intorno al breve periodo.Questo tratto del “carattere” di questo sindacato merita di essere riconosciuto con coraggio e flessibilità intellettuale e conservato all’interno della nostra comunità impaziente, e che è costretta a concentrarsi sul momento e ad essere troppo “infermieristica” e troppo poco di tutto l’altro che occorrerebbe essere. Questa è una grande sfida che il nuovo capitalismo flessibile pone al carattere di un sindacato e della comunità professionale che accompagna.

Chiara ci dice che per curare questo libro Le è occorso impegno faticoso, e noi possiamo comprenderlo, e coraggio, ma leggendo il libro mi sono chiesta di quale coraggio Chiara parlasse . Il coraggio di chi dichiarandosi apertamente viene connotato per ciò che pensa, il coraggio che richiede il dichiararsi appartenente ad un pensiero diverso dall’abituale o il coraggio di intraprendere una strada impervia, difficile da percorrere, poco riconoscente e forse penalizzante in termini di carriera comunemente intesa, pur sapendo che ne esiste una più facile e priva di rischi? Dal mio punto di vista, penso di poter comprendere meglio il secondo tipo di coraggio. Il primo, credo,appartenga ad ogni uomo serio e consapevole. Scegliere invece, anche qui, un obiettivo a lungo termine, richiede un coraggio eroico, oggi. Ma spero, grazie anche a lei, domani, forse, no.

Marcella Gostinelli
Infermiera 

12 maggio 2015
© Riproduzione riservata

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