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di Ermanno De Fazi (Smi Lazio)

27 DIC - Gentile Direttore,
se pensiamo alla Sanità pubblica come pilastro fondamentale di un nuovo sistema di Welfare, in cui il “diritto alla salute” si coniuga alla “gestione della salute”, la definizione di obiettivi, modelli organizzativi e strumenti operativi necessari per attuarli sono capacità e competenze che riconosciamo in primo luogo al Servizio Sanitario Regionale, nel rispetto dei dettami costituzionali e dei Livelli Essenziali di Assistenza.
 
Il 21 dicembre scorso, le organizzazioni sindacali hanno stipulato con la regione Lazio un importante Accordo, che oltre ad offrire alla Medicina Generale nuove opportunità di coinvolgimento nell’innovazione del sistema sanitario regionale, rappresenta il primo importante passo verso una nuova dimensione culturale caratterizzata da una vera e propria “medicina di iniziativa”.

Nel sottoscrivere tale Accordo ho ritenuto che i principi e gli obiettivi in esso contenuti rispecchiassero, fedelmente, la maggior parte delle istanze che la delegazione aveva esposto e affermato nei vari incontri.

In particolare, lo SMI Lazio, aveva indicato come propria strategia irrinunciabile che la partecipazione alle forme associative, le Unità di Cure Primarie (UCP), fosse estesa a tutti i medici di Assistenza primaria, ritenendolo un prerequisito fondamentale per “mettere la rete sanitaria e sociosanitaria del territorio nelle condizioni di operare aumentando la sua capacità di intercettare, prendere in carico e dare risposta ai bisogni assistenziali dei cittadini”, come lo stesso Accordo recita in premessa.

L’esperienza associativa delle UCP, iniziata con DCA 376/2014, può essere ora portata a completamento su tutto il territorio ed i medici inizialmente esclusi avranno la possibilità di un effettivo inserimento, con modalità descritte nell’Accordo, a partire dal 1° luglio 2018.
La nuova sanità nel Lazio non è solo un titolo emblematico sotto il quale obiettivi, percorsi e strumenti assistenziali riscoprono un comune orizzonte socio-sanitario ed i colleghi intravedono un ambizioso progetto culturale per tutta l’area tematica della Medicina Generale, bensì è una forma di dialogo tra ciò che deve essere conservato come patrimonio comune di esperienze professionali e ciò che deve considerarsi strumento d’innovazione e sviluppo orientato ad appropriatezza e qualità dell’offerta assistenziale.

In questa ottica, lo SMI ritiene che il completamento della rete organizzativa delle UCP e l’estensione ai giorni di sabato, domenica, prefestivi e festivi degli Ambulatori di Cure Primarie (ACP), garantiti dall’Accordo, costituiscano il consolidamento di una realtà che ha implementato in modo essenziale la continuità dell’assistenza nel territorio.

Se è vero, quindi, che la Cooperazione applicativa e la gestione del Fascicolo Sanitario Elettronico sono strumenti di integrazione tra professionisti che condividono lo stesso processo organizzativo, è altrettanto vero che la prevenzione, la presa in carico del paziente, i percorsi diagnostici per le patologie croniche ed il governo delle liste di attesa sono gli elementi funzionali che affidano alla “medicina d’iniziativa” il compito di realizzare i futuri scenari innovativi della Sanità regionale nel Lazio.

Durante la Conferenza Stampa odierna, che si è svolta presso la regione Lazio, ho chiesto un preciso impegno agli organi istituzionali. Non possiamo ammettere che un siffatto progetto culturale, come si pone la medicina d’iniziativa, sia una visione limitata alla sola categoria dei medici di Assistenza Primaria senza coinvolgere le professionalità dei colleghi di Continuità Assistenziale, della Medicina dei Servizi e della Medicina Penitenziaria. L’aver fissato già la data del 22 gennaio per il Tavolo tecnico sulla Continuità Assistenziale, è un chiaro segno di apertura e disponibilità della parte pubblica per offrire le medesime opportunità organizzative e tecnico-professionali a tutti i medici che a qualsiasi titolo operano nel settore della Medicina territoriale. Lo SMI Lazio, nel rispetto delle indicazioni che ci verranno fornite dal futuro Accordo Collettivo Nazionale e senza precorrerne i tempi, ha assunto così il preciso compito di fornire elementi negoziali e contrattuali finalizzati ad un allineamento organizzativo e funzionale dei compiti afferenti alla Medicina Generale e alla progressione professionale di tutti i colleghi che concorrono a svolgerli.

L’Accordo, che non possiamo comunque ritenere esaustivo (soprattutto sul tema della formazione) e che pone evidenti limiti di sostenibilità economica, è un work in progress che il Sindacato dei Medici Italiani interpreta come una chiara linea di indirizzo verso un nuovo paradigma culturale in campo socio-sanitario.

Ermanno De Fazi
Vice Segretario SMI Lazio


27 dicembre 2017
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